È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!

Caffé Letterario

Malwida von Meysenbug

  • Messaggi
  • OFFLINE
    mujer
    00 19/05/2008 10:57


    Il mio quarantotto

    A distanza di circa un secolo dalla prima (e unica) edizione italiana integrale, si presentano le pagine sulla rivoluzione tedesca del 1848 dalle Memorie di una idealista, l’autobiografia di Malwida von Meysenbug, una delle intellettuali più celebri del secondo Ottocento. Dopo aver partecipato alla rivoluzione del 1848, mantenne il suo impegno politico - in particolare a favore della donna: per diritti civili e politici, indipendenza economica e accesso all’educazione - e questo le costò l’esilio. Frequentò i circoli di esuli politici di tutta Europa, diventando interlocutrice dei maggiori intellettuali: frequentò Blanc, Kossuth e Garibaldi; collaborò con Mazzini e con Herzen. Conobbe Wagner e Baudelaire, fu amica di Nietzsche e Romain Rolland. Costantemente oggetto di studi in tutta Europa, quest’affascinante figura comincia a essere riscoperta anche in Italia.

    Malwida von Meysenbug, nata a Kassel nel 1816, visse gli ultimi anni della sua vita a Roma, dove morì nel 1903: fu sepolta nel cimitero del Testaccio. Monika Baár, laureata a Budapest, ha completato gli studi a Londra e Oxford; studiosa del 1848 nell’Europa centrale, insegna all’Università dell’Essex.
  • OFFLINE
    mujer
    00 19/05/2008 10:57
    Lo sto leggendo
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 19/05/2008 11:02
    [SM=g8431]
  • OFFLINE
    mujer
    00 21/05/2008 09:38
    Mi stupisce la lettura di questa donna che, quasi un secolo fa, viveva l'ideale così come mi provo a viverlo io.
    Un pensiero che si agisce, in un ambito sociale così distante dal mio, mostra pari vulnerabilità e dolore.

    "Mi buttai a capofitto nello studio, preferendo in particolare le letture che avevano attinenza con gli avvenimenti contemporanei".

    Ci sono donne che si pongono in una zona franca, tra il centro decisionista e la periferia indifferente.
    E' una fascia circolare che permette, a certe donne, di vigilare apportando cambiamenti.

    "Presi a studiare i vari sistemi sociali, quel giovane (che preferisco chiamare "il democratico") mi passò dei libri. Una delle questioni su cui ci soffermammo di più fu l'abolizione del diritto di successione, argomento che mi colpì molto poiché mi sembrava contenere l'intero codice di una nuova morale. Abolire la proprietà individuale, il frutto del lavoro, mi pareva ingiusto, se non impossibile. Mi sembrava invece ragionevole il fatto che la proprietà cessasse con la morte del possessore. In primo luogo sarebbe stato limitato lo strapotere del capitale e i genitori sarebbero stati costretti a impartire ai figli un'educazione tale da indurli a darsi da fare per diventare indipendenti".

    La rottura del tramando, se espressa da una donna, dimostra la capacità di rompere quella morale "alma mater" che il pensiero occidentale ha imposto nei secoli, morale che ha il solo scopo di tutelare il tramando dei poteri.

    Malwida von Meysenbug, di famiglia benestante, testimoniò la forza di un pensiero libertario che concepiva la passione unita all'intelligenza, dote che gli uomini temevano.

    Il suo promesso Theodor, preferendole una donna sposata, le scrisse:
    "Abbiamo vissuto in modo troppo esclusivo ed era quindi ovvio che saremmo arrivati a una rottura. Se foste stata più civettuola, avreste sfruttato diversamente la vostra posizione e ne sareste uscita vincente. Va da sé che così dicendo sto tessendo le vostre lodi".

    Malwida riflette:
    "Per la prima volta mi rendevo conto del potere di un comportamento lezioso, persino sugli uomini di una certa levatura. Da sempre avevo aborrito con tutta me stessa questo vizio femminile, credendo che onestà e sincerità fossero la più nobile realizzazione di un sentimento. Dopo aver letto quella lettera, stupita e amareggiata mi dissi che se in amore avessi saputo fare i miei calcoli, se fossi stata in grado di camuffare la passione dietro le spoglie dell'intelligenza, che ha sempre un forte ascendente sugli uomini brillanti, probabilmente le cose sarebbero andate in modo diverso. In seguito ebbi modo di osservare in più occasioni la debolezza di uomini importanti di fronte a donne civettuole e capricciose. All'uomo piacciono le continue conquiste a cui è costretto da una donna del genere; al contrario, una donna semplice e sincera nella sua devozione non chiede altro che costruire serenamente l'edificio della vita all'ombra del suo amore".

    Mi piacciono queste parole, passione e azione, e una vita a testimoniarle.
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 21/05/2008 09:44
    appena posso, leggo. Adesso non riesco davvero
  • OFFLINE
    mujer
    00 26/05/2008 09:48
    Sabato sono venuti Giulia e Andrea a casa per due chiacchiere e un mate.
    Sono belli Giulia e Andrea, discutono e crescono insieme apparentemente contrapposti ma forti nel loro obiettivo comune.
    Discutevano sulle questioni importanti, quelle che alla loro età possono portare lontano o, com'è nel loro caso, finire in un acceso dibattito in cui lo spirito libertario di Andrea si fonde al concetto collettivo di Giulia, tra abbracci e morsi d'amore.
    Avrei voluto sentire ancora le loro ingiurie affettuose (giustizialista a Giulia è rimasto impresso) se non avessi letto, proprio quella mattina, un brano di Malwida che - ahimé - ha smorzato i loro animi impetuosi.
    Presa dalla voglia di leggere loro questo che per me è il pensiero più alto del concetto di libertà ho preso il libro e, aperto a pagina 146, ho esordito dicendo:

    SOLUZIONI

    "Ripresero le consuete attività. Sebbene le preoccupazioni non mi dessero tregua, mi dedicavo con impegno ai miei doveri, interessandomi in particolar modo alle conferenze e alle conversazioni con il mio carissimo professore, il naturalista. Mi permettevano di comprendere sempre meglio quali cambiamenti avrebbero investito la società una volta che fossero state definite le condizioni positive che hanno determinato la vita dei popoli e permesso lo sviluppo di Stati, relazioni sociali, concezioni religiose, commercio, industria, scienze e arti; e soprattutto una volta che la fisiologia, che spiega le condizioni dell'esistenza dell'organismo umano, avesse fornito i fondamenti inconfutabili di una nuova psicologia razionale. In tutte queste relazioni riconoscevo sempre più nitidamente la catena delle cause e degli effetti, che determina l'intera esistenza e risolve infine l'eterna antinomia tra spirito e natura, tra libero arbitrio e agire determinato dalla necessità interiore o esteriore. Al tempo stesso capivo che, pur negando in questo modo il libero arbitrio assoluto, non si escludeva la responsabilità morale dell'uomo, perchè se ogni azione è la conseguenza di una causa antecedente, essa è a sua volta causa di una catena di effetti e unisce gli individui nella grande rete dell'esistenza i cui fili non si spezzano mai. Una volta stabilito il principio secondo cui ogni azione è determinata necessariamente dalle ragioni predominanti, abbiamo il duplice dovere di rifuggire quelle ragioni che possono portarci a compiere il male e rafforzare in noi quelle che determinano il bene, sia per noi stessi che per coloro che educhiamo. Infatti, se non esiste il libero arbitrio, d'altro canto non c'è neppure la necessità di un'ubbidienza diretta alle cause determinanti, dal momento che questa ubbidienza avviene perlopiù in modo molto graduale. L'individuo consapevole è dunque responsabile delle cause che determinano le sue azioni o quelle di coloro che egli deve guidare. Questa responsabilità è ciò che chiamiamo libertà oppure, in altre parole, la capacità dell'uomo di far prevalere nella propria esistenza le ragioni che lo spingono al bene. In questo senso anche la società ha la responsabilità di far valere al suo interno le ragioni che inducono a compiere il bene. Pertanto, una giustizia illuminata dovrebbe chiedersi innanzitutto in che misura la società è colpevole di un reato commesso, ovvero in che misura non ha saputo dare al colpevole stimoli a compiere il bene incoraggiando in questo modo il crimine. Solo a questo punto dovrebbe giudicare, assolvere o punire."

    Quest'ultima parte è stata al centro del nostro discorso. L'effetto "delitto" visto con gli occhi di Malwida, in un periodo storico in cui l'informazione non era il canale di "intontimento" che rappresenta oggi e in cui lo spirito libertario era rappresentato dalla lotta di liberazione dai poteri monarchici dell'epoca.

    Questa lettura ha aperto anche un altro fronte quando Andrea ha tirato in ballo l'importanza del cambiamento linguistico e del peso che rivestono le parole nei canali informativi.
    "assassino" "ladro" "terrorista" diventano la causa del male e non il suo effetto.

    In seguito il mate ha avuto la meglio, si sa che i gauchos quando tirano su dalla bombilla lasciano correre i pensieri e si buttano nella vita del campo.

    Devo invitare Andrea e Giulia a mangiare il cous cous ché il mangiare nomade apre nuove strade.

    [Modificato da mujer 26/05/2008 09:52]
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 26/05/2008 11:07
    Ah, la Malwida, incomincia a tirar fuori l'antifona che suona piu' o meno cosi': " se un individuo compie un reato, allora per necessita' di cose, domandiamoci: di chi e' la colpa? la colpa naturalmente e' da ricercarsi in primissimo luogo , in tutti i posti ( anche gli angolini piu' reconditi, tipi scantinati) possibili immaginabili, tranne , forse, dov'e' realmante.
    Dunque , morale: se uno fa del male necessariamente la colpa non e' sua, ma della societa' e voila', eccoci al solito ritornello.
    Ma cosa ancora piu' curiosa in queste teste quadre e' l'arte del capovolgimento, quando non si rasenta, nei casi peggiori, la confusione mentale piu' totale:
    un omicidio, ad esempio, fa del suo responsabile un assassino. Dunque la causa e' l'assassino e l'effetto il crimine compiuto.
    Dire che la causa e' l'omicidio in se' e l'effetto il diventar assassino, significa piu' o meno, mettere il carro davanti ai buoi. L'azione precede nella sua intenzionalita' l'esecutore, il verbo precede il soggetto, il dolce precede l'antipasto.

    Qui si dimentica, cara Signora Malwida, che una volta ammessi i fortissimi condizionamenti sociali, educativi, culturali di ogni epoca su ogni individuo, alla fine pero' il soggetto e' il MASSIMO , responsabile della propria azione perche' l'uomo e' cio' che fa, e in piu', il suo essere uomo e' nella sua intenzionalita'. Il libero arbitrio ( questa disputa noiosa che si prende a seconda dei casi) e'
    l'intenzione stessa: la mia intenzione, la tua intenzione, la sua intenzione , cara Signora Malwida.
    Il suo ultimo passaggio e' qualcosa di fortemente ambiguo, confuso, e poco illuminato: talmente poco illuminato che si e' fatto buio pesto nei tempi moderni. Infatti e' andata a finire che passato il suo principio liberal progressista, ci si e' ritrovati che i colpevoli di qualcosa si sono trasformati, guarda caso, tutte le santissime volte in vittime , in martiri, in incompresi da quella cattivona di " societa'"....Ma va', va'!! fammi il piacere Signora Malwida.
    [Modificato da sergio.T 26/05/2008 11:09]
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 26/05/2008 11:27
    Arlecchini
    Giulia e Andrea e il loro dibattere.
    La mia amica internettiana Giulia che non ho ancora avuto il piacere di conoscere, non deve rimanere impressionata dalla parola " giustizialista". Non esiste questo spauracchio, e' solo un fantasma creato ad arte, quando non si hanno piu' argomenti per contrabbattere fatti evidenti.
    Che vuol dire giustizialista? Significa soltanto , una volta accettato un insieme di normative sociali, fare si' che queste siano rispettate da tutti, perche' se no non avrebbero motivo di esistere.
    Letteralmente non significa attenersi ad esse in modo rigoroso: bisogna valutare le situazioni, le attenuanti, i motivi, le cause, le coincidenze, insomma mille cose, ma laddove risulta chiara la responsabilita' di un individuo, la', bisogna che questo individuo risponda delle sue azioni. Deve risponderne per gli ALTRI individui, per il loro sispetto, per la morale della convivenza: in un paese serio dovrebbe essere cosi', in un paese di Arlecchini, non so.
    Tanto e' vero, e lo dimostra la grazia chiesta da Rifondazione Comunista proprio ieri, che nel caso degli Arlecchini, si finisce di capovolgere il piu' naturale corso delle cose: chi commette un reato ha il diritto sacrosanto di ESIGERE dagli altri la comprensione, chi lo subisce o ne e' solo spettatore, ha l'OBBLIGO di non potere esprimere nemmeno un proprio commento, il proprio sdegno, perche' - udite udite!!! - ci si trasforma immediatamente in " giustizialisti pestilenziali"

    Ma cazzo! ma a questo siamo arrivati?!
    [Modificato da sergio.T 26/05/2008 11:28]
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 26/05/2008 11:55
    Questa lettura ha aperto anche un altro fronte quando Andrea ha tirato in ballo l'importanza del cambiamento linguistico e del peso che rivestono le parole nei canali informativi.
    "assassino" "ladro" "terrorista" diventano la causa del male e non il suo effetto.

    Assassino, ladro, terrorista, li si puo pronunciare in ogni lingua, ma il loro significato e' universale.
    Il linguaggio e' un codice fonetico per riconoscere le cose nel mondo: il linguaggio e' un segno neutrale, e' etichetta per riconoscere una comunicazione che permetta la conoscenza e la trasmissione di questa.

    L'informazione dei canali informativi non puo' traviare il significato di una parola nella sua piu' profonda esssenza.
    Per associazione quando noi ascoltiamo la parola assassino, andiamo all'idea di un omicidio, cosi' quando noi sentiamo la parola tavolo, ci raffiguriamo l'idea di un tavolo.
    Poi questo tavolo puo' essere rotondo, quadrato, giallo o blu, ma il tavolo in essenza e' richiamato subito dalla parola corrispondente.
    L'informazione, dunque, puo' al limite storpiare la valenza emotiva di una parola come omicidio: puo' dire efferato omicidio, crudele omicidio, ripugnante omicidio, puo' dunque rafforzare l'idea che noi abbiamo , ma non puo' mai sostituirne il significato unico.
    Questo dimostra , quindi, che la valenza del linguaggio non puo' mai nemmeno capovolgere la relazione di causa e di effetto e la connessione tra il soggetto, il verbo, e il predicato rimane immutata.
    Un assassino e' colui che compie un omicidio: nel commetterlo diventa omicida, proprio perche' si trasforma in quella parola che da sempre codifica quell'azione. Ma la parola rimane puramente descrittiva , come descrittive rimangono tutte quelle interpretazioni che se ne possono dare: se noi osserviamo ( vediamo) un pacchetto di Camel da due angolazioni diverse, tale pacchetto risultera' diverso per colore, grandezza, e nei casi piu' estremi, anche per proporzione rispetto all'insieme.
    Ma se ci allontaniamo da esso ( cosi' come ci si allontana da una informazione di un canale informativo data in un modo o nell'altro) vedremo che l'insieme rimane in se' e per se' quello che e', a prescindere dalla causa e dall'effetto: il pacchetto di Camel non e' un pacchetto di Malboro e un assassino non e' un santo. Le parole sono piu' univoche di quello che si pensa. ( a meno che si voglia parlare di un linguaggio d'Arlecchini liberal progressisti)
    [Modificato da sergio.T 26/05/2008 11:57]
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 26/05/2008 14:12
    Ancora per Giulia e Andrea
    Se passa lo strambo principio di questa Malwida dalla testa quadra, mi si dovrebbe spiegare per quale motivo questo stesso principio non valga per alcune situazioni storiche. o non valga in ogni caso.
    Per fare un esempio , di cui conoscete benissimo la storia ( visto che siete vicino a certe Associazioni) allora Videla e company negli anni bui della dittatura argentina ( anni 70) hanno il sacro santo diritto che si accerti, in modo illuminato per una giustizia illuminata, ( parole della Malwida testa quadra)se la societa' argentina, la cultura argentina dell'epoca, non abbia commesso il crimine di non avere saputo dare ai colpevoli di oggi, i giusti stimoli ( politico e sociali) a compiere il bene umanitario o nazionale, incoraggiando in questo modo il crimine di una dittatura in antitesi a certi valori della societa'.
    Per una giustizia illuminata ( ah ah ah ah!) bisogna chiedersi questo per quei 4 Generali da strapazzo.
    Mi sembra invece che questo metro di misura non vada bene in ogni caso: mi sembra, all'inverso, che in alcune situazioni si diventi d'incanto umanitari, in altre invece, questo principio passa in secondo piano, anzi scompaia.
    Ah! ma questa e' la giustizia "illuminata", altrimenti detta, giustizia a come tira il vento.
    [Modificato da sergio.T 26/05/2008 14:13]
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 26/05/2008 14:24
    Anche i nazisti , in fondo, sono da perdonare, o da capire. Non e' che la cultura Europea a cavallo dell'800 / 900 abbia la resposabilita' di non avere sensibilizzato gli animi europei? Non e' che la societa' tedesca non abbia stimolato , al principio, questi individui verso canali costruttivi demortivanvoli a commettere quello che poi hanno commesso? non e' che addirittura li abbiano incoraggiati?

    Se questo principo passa ( delega delle responsabilita' individuali all'insieme, alla societa') allora tutto puo' essere giustificato.

    E poi: perche' ancora adesso si chiede ( giustamente) una dura condanna per loro, per i criminali politici e dittatoriali, a distanza di 40 anni? perche' ci si accanisce dicendo: " devono pagare i loro crimini" ?
    E perche' poi per un atto criminale di oggi, quotidiano, singolo, nel caso si chieda la stessa cosa, invece, ci si sente rispondere: " ma come? ma che razza di giustizialista sei? "

    Che ne pensera' la signora Malwida? lei quella della giustizia illuninata!!!
  • OFFLINE
    mujer
    00 26/05/2008 14:24
    Non mi toccare la Malwida

    e arlecchina lo dici a sòreta

    (quanto amo quest'uomo!) [SM=g7377]
    [Modificato da mujer 26/05/2008 14:25]
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 26/05/2008 14:30
    L'illuminata
    La Malwida puo' rimanere a casa sua: laggiu' negli archivi e negli scaffali di qualsiasi libreria. Se ne rimanga la', illuminata, facendo luce sui suoi proseliti e sfortunati lettori.
    Li illumini con la sua luce, li irradi di perle di saggezza liberal progressista: spieghi loro il vangelo sociale, il vangelo umanitario, , ma se ne stia la' nel suo cantuccio.

    Mi auguro vivamente che tu e la tua amica Giulia ( che mi e' simpatica) non v'inquinate troppo con idee strambe, piu' adatte a teste quadre, che a teste ragionevoli.
    Ricordatevi: la troppa luce, acceca.
  • OFFLINE
    mujer
    00 26/05/2008 14:36
    Eppure sono convinta che la Malwida ti piacerebbe, fu l'amica confidente del tuo caro Nietzsche.
    Friedrich permetteva a lei di curiosare il suo Umano, troppo umano quando lo scrisse nella sua casa di Sorrento.
    Non pensi che se il tuo amico le concedeva tale privilegio è segno che la Malwida è donna speciale?

    Ora c'è da decidere chi leggerà per primo questo libricino che Giulia mi ha preso proprio nella libreria libertaria in cui Andrea impegna il suo tempo libero tra proiezioni e dibattiti. Tirate a sorte perchè non vedo l'ora di avervi tutti a cena per parlare della Malwida e del nostro concetto di libertà!
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 26/05/2008 14:40
    Ovvio. Probabilmente qualcosa di lei mi piacera'. Mi sto limitando all'idea assurda di quelle righe della giustizia illuminata ( il solito ritornello)

    Leggeva Umano troppo Umano? sicuramente non lo capiva e Nietzsche avra' avuto il pudore di concederle la lettura ( avra' pensato: intanto non capisce un cazzo! [SM=g8273] )


    La discussione con i tuoi amici? volentieri.
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 04/06/2008 14:14
    Leggero', leggero'. [SM=g8431]
  • OFFLINE
    mujer
    00 17/06/2008 17:32
    Malwida mi torna in mente spesso, mi sento affine a lei.
    Molti la descrivono come "idealista" ma io penso che le si faccia un torto.
    Nonostante i suoi ideali fu costretta a “trasformare la sua ribellione in rinuncia” pur non lasciando la sua indipendenza che, a quei tempi, era avversa ad una società che voleva la donna sposata o in convento.
    Molte madri le furono ostili perchè punto di riferimento per molte giovani dell'epoca.
    Mi viene in mente un'amica che mi chiama "mentora" e che mi ostino a punzecchiare dicendole che nulla ha da copiare ma molto da decidere.
    Difficile, però, seguire la Malwida di questi tempi.

    (Stasera vado a cena da sola, ti farò la cronaca)
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 18/06/2008 10:53
    come ti ho gia' detto: cena da soli? idea brillantissima. Ci si rilassa.
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 23/06/2008 10:36
    amica materna di Nietzsche. In questi giorni ho letto alcune lettere del grande filosofo tedesco indirizzate a lei. Lei grande idealista alle prese con un filosofo del tutto particolare, del tutto "pericoloso", del tutto lontano da un certo pensiero. Andarono d'accordo, ma litigarono per il caso Wagner. La conversione al cristianesimo di quest'ultimo determino' nel filosofo un ripensamento sul musicista tedesco e su coloro che gli erano amici. Ma la stima recirpoca non venne mai meno.
    Lo ospito' piu' volte in italia e Nietzsche si disse sempre felice dei suoi inviti che accetto' sempre molto volentieri.

    E sempre le scrisse quando poteva.
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 20/04/2012 15:21
    Ritrovata molto spesso e volentieri in un Epistolario di recente lettura.
    Grande ed interessante donna ma ancora un po' troppo ingenua: le mancava un pizzico di sano cinismo psicologico che qualcuno d'altro nell'Epistolario, invece , aveva da vendere.

1