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Spiriti Critici

Ultimo Aggiornamento: 10/10/2012 09:49
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11/08/2007 12:41
 
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(anime scomode)
La pubblicità è femmina, così sembrerebbe.
Ne sto studiando da tempo le ripercussioni nel mondo giovanile, la sua incisività nei cambiamenti culturali e la sua capacità di far assimilare persone di diverse culture.
La pubblicità è femmina, pensiamo, se consideriamo la sua diretta funzionalità, quella di proporre un prodotto e farlo acquistare.
Sono le donne a muovere il mercato - sembrerebbe? - e a decretare gli indici di domanda e offerta; l'ultima decisione per l'acquisto di un'autovettura, ad esempio, sembra spettare proprio a lei.
Eppure, nell'ultima indagine svolta dal gruppo di ricerca del quale faccio parte abbiamo scoperto che la maggior parte degli spot pubblicitari per minori si rivolge al genere maschile.
Dai giochi, agli alimenti, agli accessori il maschio è al centro delle campagne pubblicitarie di maggior rilievo.

Un occhio particolare, allora, ho iniziato a buttarlo nel mondo adulto: cosa avviene negli intervalli tv e nei cartelloni a bordo strada?

In un articolo uscito su Liberazione della scorsa domenica, scritto da Stefano Ciccone che si autodefinisce "maschile plurale", c'è scritto:
"Quello che la pubblicità sessista rilancia è un desiderio maschile schiacciato nella dimensione del consumo, che ha bisogno di negare la relazione per potersi esprimere, in modo che la corporeità delle donne neghi loro autonomia, soggettività. Alla base il bisogno di pensare che non esista un'interlocutrice la cui libertà sia condizione per il gioco, la curiosità, il conflitto."

In poche parole, la necessità culturale di limitare la donna al suo essere corpo e all' essere posseduta.

Il Financial Time si chiedeva, la scorsa settimana, perchè in Italia le donne non si oppongono a tale espressione; in quel di Londra sembrerebbe che un paio di tette esposte per presentare un rum faccia incazzare non poco le anglosassoni.
Persino nella non più bigotta Spagna, questa foto di D&G è stata ritirata senza possibilità di replica grazie ad un esposto alla magistratura da parte dell'istituto della donna.

E le donne italiche cosa dicono?
E' precisamente il torpore femminile la causa della maggior riuscita delle campagne pubblicitarie italiane.
I dati dicono che il rivolgere il messaggio al pubblico maschile induce la donna a "seguire" i suoi gusti e ad appropriarsi di quanto un maschio desidererebbe.
Mi risulta, infatti, che il concetto estetico ed espressivo, per una donna, sia molto condizionato dal feedback maschile, dal "ritorno d'immagine" che questa riceve.
Ecco, quindi, il silenzio di genere, la mancata contrapposizione della parte oggetto della sottomissione.

Il ragionamento potrebbe portarci a considerare le donne consensuali del metodo ma io non credo sia così.
Diventa un'analisi culturale, a questo punto, e il tutto condito da quel senso del tramando che le donne italiane incarnano alla perfezione. In cuor loro desiderano essere possedute?
Ci rifletto.

E cosa dicono gli uomini?
Se devo dir la verità, ritengo che non siano in grado di comprendere queste cadute di stile.


[continua...]
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