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Camera con vista

Ultimo Aggiornamento: 10/07/2012 16:28
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17/09/2009 01:06
 
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È come il mattino di un film, la finestra spalancata, e lontano il rumore di un telegiornale.
Silenzio nei ricordi, silenzio al tramonto, silenzio nelle tue giunture.

Che fatica balorda.
Otto ore guardando quello stralcio di muro.


Volevo chiederti se adesso che sei agli antipodi del paese c’è luce, ma al solito non ti ho chiamato e sono uscita a numerare le stelle, le poche intraviste attraverso la pioggia di settembre.

Uomo mio, uomo composto di ore, mio uomo di vene profonde, mio uomo ricolmo d’amore.

La notte, a questo punto, si presenta tersa, serena. Inganno la fame col pensiero che poi mangerò, continuo a promettermi di incrociare le braccia perché mi dipinga sana e snella. E’ il fardello che la vita occidentale ti fa covare in seno: la fatica, la tensione, il perfettibile.

Non male, ma devi cambiare.
Discorso?


A vent’anni mi dicevo che si ama poco, presi dal tran tran delle esperienze. Ci fermiamo a guardare molto dopo quando abbiamo inciampato. Non è una bella idea quella di concederci affetti frettolosi, poi viene l'autunno e il binomio carne-sacro lascia poche prospettive, poco scampo.

E’ morto un altro uomo?
No, è la pioggia.


Tutto il giorno aspettando che la notte arrivasse. Alla sera ipotizzavo: se fossimo stati liberi - senza questo andirivieni - avremmo potuto vedere il segno della fine, né cavallette, né sangue sulle porte, neanche la quiete dopo il sovraffollamento che qui non ci toccava.

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Sono poco descrittiva. Forse. E’ una scarnezza di comodo, un poetare poco adatto al mio gergo meticcio. Peccato, questo sì, non conoscere i nomi, non poter nominare le cose.

Hai perso troppo tempo.
Ti confondi, non è proprio passato di qua.
Sei sorda, non hai sentito i rintocchi.


Sono le ore lunghe queste – ne ho un tot alla settimana – in cui finalmente sta zitto il chiacchiericcio esistenziale. Dove non si trovano i miei più alti ideali, dove la ricchezza prende forma, è quel che è, pane, gateau, melanzane (lontane le idee, le grida, l’amore). In queste ore si allunga il sonno, la veglia, la pigrizia, i desideri come i sogni vanno, intermittenti, senza tracce di dolore.

Non si era detto di ritrovarci in un punto?
Non sei scaltra.
E tu lo chiami affetto?
No, al massimo fuoco (fuochetto?) di paglia.


Avevo una poesia per definire il poco in cui consiste l’esistenza; l’ho riassunta in scarpe strette, acqua calda, una crema per gli occhi e le mani, piedi nudi, emozioni. Alla fine si è ridotta – unica valida soluzione – in una grammatica astratta, parecchio imbecille, poco divulgata. Per il resto troppo spirito, ideale elevato e in uno scontento l’ho buttata.

Stai correndo, neanche il tempo di ...
Tu sai, tu sai.
Calma, calma.
Pazienza.


C’era una volta un re con una gatta, una princesa, un drago e una bella spossata e non dormiente; il risultato di una semantica violenta e divertita con cui ribaltare le fiabe per farle aderenti al presente.
Le ballate, al contrario, sono il presente travestito da fabula.
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