Cresce la protesta sugli studi di settore. Ma ora è la stessa maggioranza a farsi interprete del malcontento delle piccole imprese contro la politica fiscale. Alla Camera e al Senato sono rimbalzati una serie di ordini del giorno e risoluzioni. Una morsa stretta sul Governo affinchè i nuovi indicatori di normalità vengano considerati «sperimentali» per verificarne l'impatto e, allo stesso tempo, si riprenda un dialogo con le categorie. Tutta l'Unione, ieri, ha dato battaglia alla commissione Finanze del Senato per una correzione di rotta sugli studi di settore mentre la prossima settimana Helga Thaler (Svp) che ieri ha stoppato seccamente le insinuazioni sul voto di scambio incontrerà il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa Schioppa. Incontro che a questo punto potrebbe essere esteso a tutta la maggioranza visto che, a sorpresa, anche Rifondazione si è messa al fianco della protesta dei piccoli imprenditori.
«Le aliquote generalizzate con cui l'agenzia delle Entrate determina la tassazione delle imprese autonome devono essere riconsiderate», diceva il vicepresidente della commissione Finanze, Salvatore Bonadonna (Prc), annunciando il via libera a un ordine del giorno che impegna il Governo a rendere meno rigidi gli studi di settore e che ha avuto il sì dell'Esecutivo rappresentato dal sottosegretario all'Economia, Alfiero Grandi. «Innanzitutto, il rinvio al 9 luglio: si sono verificate condizioni di prima applicazione con delle difficoltà. Di fronte a questo bisogna venire incontro ai contribuenti e dare tempo in più per versare. Per quanto riguarda gli impegni dell'ordine del giorno li considero accoglibili ma senza rimodificare il senso fondamentale delle normative che hanno portato risultati sulle entrate». Ieri anche la Camera ha seguito la scia della protesta. E alla Finanze di Montecitorio è stata proposta una risoluzione sulla sperimentazione dei nuovi indicatori. «È opportuno che il Governo prenda atto di questa risoluzione e rispetti gli accordi raggiunti con le associazioni di categoria nel dicembre dello scorso anno», ha detto il presidente della commissione, Paolo del Mese (Udeur). Nel frattempo si è trasformata in ordine del giorno anche la lettera sottoscritta da molti parlamentari dell'Ulivo e delle Autonomie in cui si chiede a Romano Prodi «di rivedere gli strumenti messi a punto dall'amministrazione finanziaria» sugli studi di settore e la retroattività delle norme della Visco-Bersani che stanno «esasperando» le imprese del Nord. Un'iniziativa della senatrice veneta Simonetta Rubinato sottoscritta da molti esponenti del centro-sinistra: da Giorgio Benevenuto a Tiziano Treu, da Marco Follini ad Antonio Polito. Ma la lettera non è stata ben digerita dall'Economia: «Sarebbe stato più carino chiedere un incontro al Governo per fare il punto ed evitare polemiche sui giornali», ha replicato Grandi. Ma i parlamentari non mollano la presa, anche quelli dello stesso partito di Grandi come il diessino modenese Giuliano Barbolini, capogruppo dell'Ulivo alla Finanze del Senato: «Dobbiamo tornare alla concertazione, allo spirito di collaborazione con i contribuenti. Non possiamo insistere con un comportamento dirigista, burocratico, impositivo».
E se la protesta sale in Parlamento anche i leader della maggioranza cominciano a rompere le righe. Il primo è stato Francesco Rutelli:«Penso che si debba dare ascolto ad alcune preoccupazioni che si stanno diffondendo su un inasprimento degli studi di settore che riguardano gli artigiani e l'attività autonoma. Se ne stanno occupando i nostri parlamentari. Credo sia un'esigenza molto concreta su cui il Governo debba lavorare e a cui dare ascolto». Ma il vicepremier pensa soprattutto al partito democratico e alla questione-Nord: «Questa battaglia è ciò che significa un'agenda per il Nord. Così come il federalismo fiscale». Ieri si è sentita forte anche la voce delle imprese, con il suo leader Luca Cordero di Montezemolo. «Si acuisce un malcontento e la sensazione di un Paese costretto al fai da te di fronte ai tempi di risposta incompatibili della burocrazia e con una pressione fiscale che diventa insopportabile non tanto nella quantità, ma perchè in cambio non riceviamo servizi di livello adeguato». Con queste parole il presidente di Confindustria ha esordito all'assemblea degli industriali di Bergamo passando subito dopo al tasto dolente degli studi di settore. «Bisogna correggere gli indicatori che si traducono in una pressione fiscale slegata dall'attività reale delle imprese. Vengono colpite soprattutto le piccole imprese ha detto Montezemolo e su questo Confindustria sarà inflessibile. C'è un primo risultato con l'impegno del Governo a rinviare la data dei versamenti ma non è ancora abbastanza».