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Piero Chiara

Ultimo Aggiornamento: 09/02/2011 09:27
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05/02/2008 12:08
 
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Piero Chiara nacque nel 1913 a Luino, un antico borgo medievale sul lago Maggiore in prossimità del confine con la Svizzera. Il padre era originario della Sicilia, mentre la madre proveniva da Comnago, paese sulla sponda piemontese del Lago Maggiore.

Studia in diversi collegi religiosi abbandonando gli studi classici e completando la propria formazione culturale da autodidatta dopo aver trascorso un breve periodo in Francia.

La vita di provincia gli piace, il suo lavoro nella pubblica amministrazione gli consente di trascorrere le giornate al bar tra un caffè ed un biliardo. Non è mai stato un estremista o un pericoloso ribelle, ma i tempi ormai sono maturi anche per un tranquillo impiegato ozioso di provincia: è il 1944, Piero ha trenta anni ed il Tribunale Speciale Fascista emette un mandato di cattura. Opta quindi per una comoda fuga nella vicina Svizzera.

Si è trattato di un vero colpo di fortuna, avrà a dire in seguito: lui che non è stato mai un intransigente antifascista rientra in Italia nel 1946 e si trova dalla parte giusta che fa la storia e la cultura. Altri suoi amici d'infanzia non saranno così fortunati, al suo ritorno loro non ci saranno.

Inizia un periodo di fervida inventiva e continua creatività: mirabili sono i suoi racconti, degni del miglior Giovannino Guareschi o del più celebrato e stravagante Italo Calvino. Il suo successo culmina nel 1976 con il capolavoro La stanza del vescovo che diventerà immediatamente un film di grande successo, interpretato da Ugo Tognazzi e Ornella Muti per la regia di Dino Risi.

Morirà dieci anni dopo, a Varese.
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05/02/2008 12:09
 
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Finalmente e' uscito il suo Meridiano. [SM=g8431]
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06/02/2008 09:40
 
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E' proprio il momento di leggere un Chiara, appena finito il mattonazzo da 900 pagine!! (che è carico ma mi prende, ma 900 pag. sono decisamente troppe per me abituata a saltellare da un volume all'altro)
Chiara, chiaro anelo alla leggerezza.
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06/02/2008 11:02
 
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stasera forse sono a milano e dunque se vedo una libreria me lo compro. Sicuro.
Per me vedere l'uscita in Meridiano di Chiara e' stata una puacevolissima sorpresa.
E' un libro che non puo' assolutamente mancarmi.
Cristo d'un Dio! ( allo Zola) ma quanto costa!!!
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06/02/2008 12:13
 
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Un Piero Chiara da amare
Storie di Chiara, storie di lago, storie di paesi.
Storie di persone comuni, di montanari, di trattorie e baretti; storie di giornate nebbiose o primaverili, di prati e montagne; storie tristi e storie comiche.
Lontane dal mondo e dal suo caos moderno; un tuffo nel passato, in quello che eravamo, in quello che credevamo, in quello che era semplice vita.
Lontane dai miti, dai simboli, dagli staus, dal tran tran frenetico, da false relazioni, da finte mode, da apparenze di denaro, da ambizioni, da velleita' artificiali; lontanissime da quella variegata ed infinita moltitudine di manichini, di caricature,di attoruncoli quali sono diventati gli uomini d'oggi in citta'.
Vicinissime, invece, a quel giusto tempo, a quel giusto spazio, a quel giusto ritmo, diventati poi, un " c'era una volta".
Ah, che maledizione! avevamo tanto e abbiamo perso tutto.
Lo abbiamo venduto.
Ci rimangono queste storie autentiche, ci rimane il leggerle con passione, ci rimane questo Chiara, autore e scrittore da amare, se ancora ne siamo capaci.
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11/02/2008 09:28
 
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Buzzati, maestro del racconto, teneva sulla sua scrivania al Corriere della Sera, un racconto di Piero Chiara da fare leggere a chi lo doveva attendere un poco di tempo.
Diceva: Un racconto ideale? un racconto di Piero Chiara.
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11/02/2008 11:20
 
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E' il racconto orale l'esatta misura della narrazione: Chiara ricorda di come davanti al focolare ci si raccoglieva ad ascoltare un racconto.
La misura giusta sta nella pazienza dell'ascoltatore e nel fiato dell'oratore.
Il racconto come arte misuratamente perfetta.
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12/02/2008 09:04
 
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Con la faccia per terra e altre storie: questa raccolta pubblicata negli anni 50 e' una dedica al " ricordo" e al padre.
Sono questi i due temi principali.
Su tutti Fino a mezzanotte e il bellissimo Era d'inverno.

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12/02/2008 09:15
 
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Era d'inverno
Era d'inverno e' qualcosa di stupendo.
Soltanto, come dice la presentazione dei Meridiani, un grande scrittore poteva scrivere un racconto simile.
Un racconto di due tre pagine, ma perfetto, completo, assoluto, dolce, amaro, felice, triste: una splendida fotografia di racconto come diceva Cortazar ( cif. Prefazione).
Era d'inverno vale mille romanzi, su questo non si discute.

Ed e' in queste occasioni che ci chiede : da dove nasce quest'arte perfetta in poche parole ?; quali sono le corde giuste da pizzicare?
Nel caso di Chiara e' semplicissimo rispondere: Era d'inverno e' il ricordo di una serata con il padre davanti al focolare, in una saletta con una finestra dalla quale si ossserva il mondo nella massime e minime cose.
E' una serata tranquilla nella quale si sta volentieri a casa e' una serata certa, assoluta, alla quale non manca niente.
Si chiacchera, si guarda il battello arrivare, si vede un postino, un messaggero passar per strada; si sente il freddo inverno in quel vento che spazza le rive; si vive un spaccato di " vita", insomma.
E tutto passa e tutto viene trasformato in ricordo che si rivive nel momento della memoria.
Ma quella certezza di vita ( come Chiara dice) in quale piega del tempo si nasconde ora? perche' quello che fu, quello che Era d'inverno, ora dov'e'? forse celato in un tempo che ci accompagna a fianco di noi ? un tempo che ancora siamo e sempre saremo?
Era d'inverno e' uno dei piu' belli racconti che si potevano scrivere e che si possono leggere.
Un racconto del cuore.
[Modificato da sergio.T 12/02/2008 09:17]
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12/02/2008 09:49
 
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Fino a mezzanotte
E' un racconto di un racconto del padre, sempre del padre.
Anni 1875, anni di superstizione, anni nei quali ci si aspettava anche la fine del mondo allo scoccare del 31 dicembre.
E allora nei paesi siciliani ci s'inventava feste orgiastiche, goliardiche, esorcistiche: l'attesa della morte era un'attesa dolce, festaiola, perche' come recita il proverbio, il male comune e' mezzo gaudio.
Si aspettava la fine con gli amici, i parenti: una fine di cui non si sapeva nulla, non si percepiva niente se non l'immaginazione del non essere piu'.
" Come sara' Fezzi'?" ci si chiedeva l'amico. Come sara' questa morte?
E nelle parole di Chiara e di suo padre, questa morte era vissuta come evento, come attimo sgravato di un peso responsabile: era la morte di tutti e quindi la morte di nessuno.
Ma la fine del mondo non arrivava, il mondo continuava, come continuava l'eterno circolo di nascita e morte individuale.
E' l'individuo ad essere chiamato a questi attimi: la nascita non e' una questione sociale e tanto meno lo e' la morte.
La morte e' individualista, e' un momento di responsabilita' dell'io
e non del noi.
Ma a distanza di tempo, anni lontani da quelli giovani e nei quali si veleggia nella vecchiaia, una tarda vecchiaia di 90 anni, quell'attimo si avvicina e non e' piu' una superstizione.
Si ha meno paura, si e' piu' sereni, si sa di essere vissuti abbastanza, ma in fondo, come un sussurro, ancora si sente una voce, una domanda : " come sara' Fezzi'? "
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12/02/2008 14:41
 
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Ti sento Giuditta! ( L'uovo al cianuro e altre storie)
Ti sento Giuditta! il piu' famoso racconto di Chiara, quello prediletto da Buzzati ( scusate se e' poco) e' un racconto intimo, particolare.
Un racconto che narra di quelle sensazioni vivissime, ma surreali; un racconto del mondo, ma al di la' di esso con quelle esperienze quelle che si credono o non si sentiranno.
Quel vento, presente in molte pagine di Chiara ( la nebbia, l'umidita', il freddo, il vento stesso, sono tutti protagonisti di colore e calore ), porta odori e con gli odori i ricordi.
Sono i ricordi, infatti, che raccontano: sono piccoli spunti, piccole associazioni, e' quel riaffiorire nella memoria di minimi episodi particolari, dettagli, piccole cose.
E' tutto un vorticare di sensazioni corporali e affettive: il ricordo in Chiara e' davvero presenza.
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12/02/2008 14:46
 
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L'innominabile.
Incomincia a fare capolino quel divertimento, quel comico, che contraddistinguera' alcuni racconti del grande scrittore di Luino.
Quel ridere di personaggi rustici, un po' popolani, un po' di tutti i giorni: quei personaggi che si incontrano nella vita e diventano - quasi per magia - simboli ed eroi dell'epopea della vita quotidiana.
Diventano dei riferimenti perche' in essi troviamo qualcosa di noi: piu' sono " caricature" e piu' gli si vuole bene.

Tra i modernissimi italiani, di primo istinto, ricordo solo un nome: quel Graziano Biglia di Ammaniti.
Gli altri si perdono nell'insulsaggine contemporanea.

[Modificato da sergio.T 12/02/2008 14:52]
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14/02/2008 09:35
 
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Sono i ladri, un tema ricorrente in Chiara.
Ma ladri particolari, quasi simpatici.
Sono quei truffatori, borsaioli, personaggi poco chiari, dotati dell'arte di arrangiarsi nella vita, come il sig. Bernasconi.
Il tema ladresco e' folclore.

Oppure quei grandi rappresentanti dei sistemi: quel povero Turati, gerarca fascista investito da un'anguria.
Dileggio di un regime, disprezzo di un'ingiustizia sociale.
In Chiara il dissenso da qualcosa non prende mai toni striduli o troppo acuti: e' soft, elegante, calmo, come un lago di prima mattina.
Ma molto presente.


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14/02/2008 09:45
 
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Oppure quel giusto prendere le misure, quell'allontanare persone sgradite.
I personaggi di Chiara sono vecchi "bonaccioni", persone giu' alla buona, alla mano, ma hanno il pizzico gisto e ben misurato di un orgoglio vivo.
Come quell'internato in un campo che fa ricorso alla commissione Federale per la propria scarcerazione.
Dileggiato dai responsabili del campo, divenne amico dei maiali ( li portava da mangiare) e di una scrofa in particolare.
Raggiunto dall' ordine di liberazione del Comando fascista, si svegliera'' alla mattina seguente nel campo per sbrigare le ultime cose, prima di lasciarlo definitivamente.
I responsabili cambieranno atteggiamento e dal disprezzo passeranno all'ossequio. E lui che fara'? non salutera' nessuno, non degnera' loro di nessun sguardo, di nessun riguardo; piuttosto, correra' veloce al porcile per salutare in pompa magna i suoi maiali e la sua scrofa.
E' questa una sorta di " cattiveria" alla Chiara: quella giusta vendetta di un'eleganza raffinata.
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14/02/2008 09:49
 
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per un buon lettore sarebbe un disagio, una grave colpa, se non reato, non leggere i racconti di Chiara.
Racconti dolci, tranquilli, casarecci: racconti rustici buoni per ogni occasione.
Alla sera sul divano, su un treno mentre si viaggia, su una nave mentre si naviga.
Racconti buoni per ogni occasione, per ogni desiderio di " buona compagnia".
Questo Meridiano non e' nemmeno un libro di una collana, ma un compagno.
In poche parole: bisogna essere profondamente asociali, se non si legge un Chiara.
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14/02/2008 09:59
 
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Chiara: un grande perche' non inventa niente.
L'umanita' di Chiara, pero', non e' un'umanita' tontolona, non e' un'umanita' all'insegna della benevolenza.
Se Chiara dipinge un'umanita' d'angolo - su quelle rive e su quelle montagne - lontane dal clamore, dalle dinamiche sociali, dalla competitivita' del sistema, da tutta una serie di prerogative di gruppo astratto ( ogni grande dimensione prende i connotati dell'astrattismo), nonostante, questo , Chiara dona, regala, ai suoi personaggi solitari, silenziosi, quieti ( come e' quieto un lago d'inverno!) quella giusta " miscela" di umanita' individualista.
I piccoli capricci, le piccole vendette, le minime bassezze; tradimenti, furti, litigate, invidie, gelosie, rancorucci, risentimenti fanno capolino.
Chiara non dipinge, ne' tanto meno e' cosi' sciocco dal pretenderlo, un uomo estraneo alla prorpia umanita', alla propria natura.
Seppur uomini di piccoli " angoli", di piccole visuali del mondo, questo micro universo conserva tutte le contraddizioni degli uomini, belli e meno belli, buoni e meno buoni.
In Chira non troviamo favole, ne' fiabe: troviamo vere storie, verissime storie.
In quel miracolo della scrittura ( come Lui disse) appare quello che " PRIMA" si e' vissuto.
Solo gli scrittori davvero grandi hanno l'umilta' di non inventare niente.
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14/02/2008 10:14
 
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E' bello Piero Chiara perchè non fa altro che raccontare - e non è da tutti, pochissimi sono in grado di farlo come lui - una storia di quotidiana semplicità rendendola epica.
Ho letto Il balordo e la figura del Bordìga raccoglieva quei valori e quelle storie di "intrecci" popolari a cui tu fai riferimento; è riuscito a convergere in un personaggio tutte le vite, tutti i trascorsi di una storia provinciale.
Con tale semplicità, poi, che capisci che Chiara, come Buzzati, avevano l'occhio narrativo, la capacità di raccontare quello che la voce non riesce a dire.
Li leggerò i racconti, me li stai facendo amare.
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Email Scheda Utente
14/02/2008 10:53
 
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La bellezza del vivere
Uno alla volta li leggerai, sono tanti i racconti di questo volume.
Chiara e' un realista, ma e' un realista moderato, quieto, come lo sono i suoi ambienti.
Esce di casa, si fa per dire, con circospezione e le sue passeggiate narrative nella " realta'" sono calde , hanno un gusto casareccio.
Non si allontana mai nell'astratto , rimane vicino, non allunga mai il passo.
I racconti di Chiara hanno il colore di " casa" ed e' questo che me li fa amare particolarmente.
I piccoli fatti, le piccole cose, le giornaliere quotidianita', il barista, il fruttivendolo, il notaio, il contadino, il ladro, il bar, il lago, una barca, le chiaccherate con gli amici, le donne di paese, la nebbia, il sole, il caldo, il vento, la fontana, la motoretta, una miriade di piccole cose mai assolute - in una parola- la bellezza di vivere , come intitolo' un suo racconto che parla " solamente" di pomeriggi passati al biliardo mentre il vento spazza le strade e di nottate a chiaccherare tra amici.
E' proprio questa la bellezza del vivere e la bellezza della sua narrativa.
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Email Scheda Utente
14/02/2008 11:20
 
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Ho assistito alla vita qualche volta da seduto, qualche volta in piedi, partecipando al banchetto o rimanendo a bocca asciutta, ma sempre con grande piacere".
Piero Chiara
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Email Scheda Utente
15/02/2008 11:42
 
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Il ponte di Queensboro
Un racconto molto bello.
Una storia surreale per sostenere una realta' ben fondata.
Una realta' che vede l'individuo, sempre ed in ogni caso, vittima di una societa' indifferente sia alla dignita' umana, sia alla vita individuale.
Una storia fantastica in cui si racconta la storia di un operaio di New York che rimane intrappolato, durante la costruzione, nel pilone di uno dei ponti della citta' americana.
Che fare? disfare il ponte significa milioni di dollari buttati via per la collettivita' ( questa e' la scusa ufficiale); lasciarlo morire e' impensabile, dunque che fare?
Ecco l'idea: un accordo tra la societa' privata e costruttrice e l'operaio stesso, che altri non era che un barbone, per far si che viva vita natural durante dentro al ponte a spese della societa'.
Scandalo!
Le associazioni umanitarie insorgono: chi sostiene la leggitimita' del contratto ( liberta' individuale), chi sostiene l'inattendibilita' assoluta.
Un individuo e' essenzialmente liberta' di spazio e dunque essendo essenziale a suo stesso essere, non puo' disporre della scelta di se medesimo.
In poche parole uno non e' piu' libero perche' troppo libero.

La storia si conclude in un modo inatteso: il barbone cambia idea, si fa liberare, e subito la societa' che aveva seguito il suo caso ( compreso le associazioni umanitarie ) lo dimenticano completamente e lui, povero operaio, ritornera' alla deriva della miseria e della poverta', ma libero!

Da riflettere.
[Modificato da sergio.T 15/02/2008 11:43]
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