Una delle fonti più importanti che riguarda i Borgia è il trattato dell'umanista fiorentino Nicolò Machiavelli "Il Principe", scritto nel 1513, cioè dieci anni dopo aver accompagnato, in qualità di ambasciatore del governo di Firenze, Cesare Borgia nel 1502 e 1503 nella sua marcia di conquista attraverso la Romagna.
Questo trattato espone una teoria dello Stato che permetterà a Machiavelli, una volta applicata in pratica, di "liberare l'Italia dagli barbari". Egli riconosce in Cesare Borgia un eroe che "sembrava mandato da Dio per liberare l'Italia, ma che il destino, al culmine della sua carriera, rifiutò per lasciare l'Italia ancora come morta".
Machiavelli aspirava ad una unificazione che doveva sostituire i piccoli Stati in rivalità tra loro e, di conseguenza, rafforzare il potere del paese intero. Verso questo obiettivo Cesare Borgia aveva compiuto i primi passi decisivi. Nel corso di tre marce di conquista importanti e di grande successo per lo stato pontificio, egli riuscì ad annettere parti importanti della Romagna, portando in tal modo almeno una parte dell'Italia nelle mani di un solo potente. Per queste ragioni Cesare Borgia per lo scrittore fiorentino rappresenta l'immagine ideale di un principe esemplare e di un eroe affascinante.
"Non esito mai di menzionare Cesare Borgia e i meriti delle sue azioni… Riassumendo tutte le azioni del Duca, non potrei rimproverarlo; piuttosto egli mi apparve un esempio… Il Duca Valentino è un uomo, di cui azioni imiterei dappertutto, se io fossi un principe…".
Nonostante Machiavelli conoscesse personalmente Cesare Borgia, non si può considerare che il suo trattato sia una biografia del figlio del papa. Egli viene invece identificato con l'immagine di un principe che deve imporre col potere e senza troppi scrupoli i suoi fini politici, se vuole realizzare i suoi alti ideali di politica tra gli uomini che Machiavelli comunque considerava corrotti.
Machiavelli motiva la ragione della caduta di Cesare in seguito alla morte del padre, affermando che egli, in quanto figlio di un papa, non ebbe alcuna possibilità di garantire il suo potere allo stesso modo degli altri principi, i quali invece ereditavano i frutti della politica dei padri attraverso la successione nobiliare.
Il pensiero di Machiavelli non ha mai perso il suo fascino; il concetto di "stile machiavellico" è diventato un termine comune, autonomo e affrancato da Machiavelli stesso e dal suo trattato.
La fama del grande e crudele Generale Cesare Borgia sarà per sempre legato al concetto machiavellico tramandato attraverso la letteratura. Ci si può chiedere se Cesare Borgia avrebbe mai raggiunto una fama così elevata, se non fosse stato per il trattato di Machiavelli.
Comunque è in questo modo che egli divenne "esempio" del machiavellismo e paradigma dell'uomo politico che si pone l'obiettivo dell'unificazione nazionale e la cui crudeltà viene legittimata dalla necessità di fondare uno Stato unitario, fine ultimo di ogni sua azione da far valere su tutto.
Cesare Borgia incorpora uno degli eroi preferiti della letteratura drammaturgica in Europa per tutto il periodo del movimento nazionale della seconda metà del XIX secolo.
In Francia Paul Verlaine inserisce nelle sue poesie Poèmes Saturnies (1866) una poesia dedicata ad un ritratto di Cesare Borgia, proveniente dalla collezione di quadri di Paul Giovio, di cui esiste ancora oggi una copia nel museo nazionale di Palazzo Venezia a Roma. Di fronte ad uno "scuro sfondo, dove si vede svanire un vestibolo prezioso, dove sognano i bianchi busti in marmo di Orazio e Tibullus … nell'oro sazio della penombra" si vede il "Duca Cäsar", con capelli neri, occhi neri e velluto nero, e "il pallore nobile della faccia", di un naso "fino e dritto", una "bocca piccola e rossa" ed uno sguardo che "si perde senza meta… La fronte alta, pura, piena di progetti terribili medita sotto il berretto, dal quale esce una piuma di fiammanti rubini".
Verlaine "dipinge" così un ritratto di Cesare Borgia, tipico del diciannovesimo secolo: Cesare è bello, nobile, potente e terribile.
Incontriamo lo stesso Cesare Borgia nel romanzo inglese "Cäsar Borgia", pubblicato nel 1846 da Emma Robinson. L'idea dell'unificazione nazionale diventa il filo conduttore del romanzo storico. Cesare si distingue da tutti gli altri capi politici del suo secolo per un "senso acuto, con perfidia e crudeli energie".
Nonostante egli rappresenti "l'orrore d'Italia", si considera che questo orrore sia benefico, perché è un sacrificio che bisogna pagare per realizzare lo scopo principale.
Anche Machiavelli, che appare in questo romanzo, proclama il ruolo avuto da Cesare Borgia in modo molto chiaro: "Tu, oppressore dei tiranni … unifica le splendide province italiane, a costo di provocare un mare di sangue".
Cesare Borgia diventa un eroe politico anche nell'Italia del XIX secolo. Nel 1881 esce a Torino il dramma in versi di Pietro Cossa "I Borgia". Il politico liberale Cossa considera Cesare come il "trionfatore" che, in quanto "servitore satanico di Dio", ha il dovere di unificare l'Italia. "Che sia dato a me", dice Cesare Borgia, di scuotere l'Italia e di svegliarla dal suo sogno antico … vi è una benedizione felice nel mio nome Cäsar!".
Nella letteratura tedesca troviamo il pensiero di un legame tra la figura di Cesare Borgia e la nostalgia di uno Stato nazionale, prima nell'opera dello storico della cultura Jakob Burckhardt. Nel suo libro "Die Kultur der Renaissance in Italien" (La cultura del Rinascimento in Italia), egli assimila la figura del figlio del papa ai cosiddetti "uomini violenti". Cesare Borgia, sostiene Burckhardt, avrebbe portato a compimento un'azione importante, che già allora avrebbe potuto condurre all'unificazione dell'Italia tanto invocata da Machiavelli.
"Se vi è qualcuno che potrà garantire alla comunità la grandezza, il potere e la gloria, a costui si perdonano gli atti criminosi: tutto dipende dal successo".
Il principe Gobineau pubblicò le sue quattro scene storiche intitolate "La Renaissance" (Il Rinascimento) nel 1866 in Francia. Anche qui Cesare Borgia appare come il tiranno crudele ma legittimato, destinato a diventare "l'uomo supremo di tutta Italia", per mettere finalmente in atto la tanto desiderata unificazione nazionale. "Non è un mostro", si dice di lui, ma "un amante del potere, per il quale non esistono scrupoli quando si tratta di lottare a morte per la conquista dell'aureola della vittoria… egli sa ciò che vuole, e vuole ciò che deve volere. I suoi piani devono potere andare in porto".
Esistono molti testi teatrali triviali che parlano dell'eroe politico Cesare Borgia che porta il suo popolo verso l'unificazione nazionale e che si riferiscono al pensiero di Buckhardt, utilizzando le sue fonti e imitando sempre, più o meno in modo preciso, le scene storiche di Bobineau.
In tutti questi testi Cesare Borgia appare come un personaggio ambivalente, che si situa tra il bene e il male. Crudeltà e grandezza costituiscono un legame che, riferendosi alla questione di fondo, cioè allo scopo politico, vengono giustificate. In questo modo Cesare Borgia corrisponde all'immagine ideale del Machiavelli, ma non appare mai come un eroe unico e positivo.
Considerando l'origine dei vari autori in questione, si scopre nella maggior parte di loro un impegno politico ed un atteggiamento anticlericale e anticattolico, che, se pur in modo non esclusivo, influenzò la scelta del Borgia come eroe.
Si può ritenere che la nostalgia di una grandezza nazionale ha portato all'idealizzazione di Cesare Borgia e i prodotti letterari che lo hanno riguardato sono stati guidati dalla politica.
Nei nostri tempi è diminuito l'interesse per i successi militari di Cesare, ma è rimasto il fascino di questo eroe che unisce crudeltà e grandezza.