Riprendiamo un po' il discorso sul fondamentalismo...
Ti chiesi di definirlo meglio per capire se lo intendi generalizzato o lo differenzi tra lotta e pensiero.
Perchè una cosa è il fondamentalismo ideologico e altra è quello d'azione.
Io li ho sempre divisi in quanto, sotto l'aspetto storiografico, è semplice giungere alla conclusione che ogni ideologia sia confluita, in seguito, nel fondamento del proprio pensiero, in quella pratica che tu chiami fondamentalismo.
Ma quando ti riferisci all'azione - la rivoluzione, l'atto immediato di capovolgere un regime - fai l'errore di anticipare il modus operandi di un potere che, se in seguito ristabilisce lo status quo, nel momento stesso in cui si "ribella", non è fondamentalista ma rivoluzionario.
E' importante dividere i piani, secondo me, in quanto pochissime (forse si contano sulle dita di una mano) sono le lotte che non possono considerarsi fondamentaliste.
E' per questo che, quando ne parlammo qui da me, io ti dissi che la Rivoluzione Francese non rispondeva allo spirito borghese ma a quello popolare, in quanto la spinta al cambiamento non veniva dalle classi agiate ma dalla plebe affamata.
Il modus operandi (la scelta di governo) fu stabilito, poi, dai conservatori che, come ben dici, scelsero la forma rappresentativa tipica del potere monarchico (gerarchia verticale e rappresentanza blindata).
Ma l'azione primordiale è nata dal basso, antigerarchica e liberale.
Ai giorni nostri c'è uno scontro in atto, tra democrazia rappresentativa e democrazia partecipata.
Sta accadendo ancora, la spinta dal basso suggerisce un cambiamento che rischia di divenire "fondamento" secondo gli stessi strumenti del sistema in vigore.
Non si tratta, quindi, del pensiero o dell'ideologia riproposta ma dei diversi modi di agire la politica (con la p maiuscola).