Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!
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Anche i ricchi piangono...

Ultimo Aggiornamento: 09/07/2007 09:42
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04/07/2007 17:52
 
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Ho trovato questa lettera in una vecchia rivista degli anni '50, "Adesso", e mi è sembrata molto interessante.

La leggiamo e la commentiamo poi, io due o tre cosette ho da dirle...

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Milano 1 gennaio 1950

Lasciate la parola anche ai ricchi, non per accusare o difen­dersi, ma per sfogarsi.

Sono un uomo che chiamano fortunato. Ho un'impresa che, rias­sestatasi dai colpi della guerra, cammina e mi fa guadagnare bene.

Il lavoro ogni giorno si allarga e sono preso nella morsa degli affari. Gli altri non vedono che la mia falsa prosperità; dico falsa non perché manchi a me e alla mia famiglia il necessario, anzi, lo confesso, c'è anche il superfluo, ma ogni giorno, tanto più essa pro­spera, tanto più la sento falsa. Sto diventando sempre più schiavo del denaro e degli affari.

Il mio mondo è un mondo di ossessionati dalla paura del domani. Oggi gli affari vanno bene, ma domani riuscirò a garantire l'impegno?

Sono come un cane da caccia: mai un respiro, mai una disten­sione: sono un condannato.

La vita economica moderna è un ingranaggio spietato. Non so se qualcuno dei pesci più grossi di me abbia ormai fatto il callo al me­stiere; ma io mi sento in balia di una lotta sorda e disumana.

Fuori, la concorrenza onesta e disonesta, sempre assillante. I miei operai non mi vogliono male, ma neppure bene: mi sopportano. Per loro rappresento la paga della fine mese; per il resto, un estraneo e un intruso.

In casa ci vogliamo bene; ma il denaro ci impedisce di volerci ancora più bene, di avere una casa magari meno splendente, senza tappeti e lampadari, senza comodità ricercate; ma più intimità, più armonia. Tra noi c'è un equivoco continuo: mi compassionano perché dicono che lavoro troppo, ma i denari non sono mai abbastanza quando entrano in casa, perché le esigenze crescono sempre.

Continuo a lasciarmi invischiare, perché non capisco più dove arriva l'affetto e la previdenza e dove arriva il mercato.

Sono stanco di dovermi comperare una vita che pare così facile ed è così nauseante e stupida. Sì, perchè siamo condannati a star bene, a sembrar felici; siamo condannati a vestire bene e ogni tanto a fare le marionette di lusso alla Scala. Bisogna tenersi su per ingan­nare e ingannarci, vittime stupide dalla coalizione, della ipocrisia dei vicini e dei lontani.

Sono arrivato sino ad odiare, odiare rabbiosamente la mia auto­mobile, le mie cristallerie, le mie poltrone, i miei lucidi e ingom­branti appartamenti: odiare quello che troppi invidiano!

Caro Don Mazzolari, le dica queste cose ai suoi poveri: dica loro che ci perdonino, ma anche che ci compatiscano perché siamo degli infelici più di loro.

Forse essi non ci capiranno; e questo ci fa stare ancora peggio, perché, oltre che condannati, ci sentiamo perfino maledetti.

Venga presto la rivoluzione cristiana, prima per noi che per gli altri, a restituirci la nostra umanità, la nostra famiglia, la pace, la gioia vera.

Scusi lo sfogo. Con stima.

Un industriale milanese.
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05/07/2007 09:00
 
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e IO SOTTOSCRIVO 57 anni dopo.
Ce ne infischiamo dei soldi.
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06/07/2007 10:25
 
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Io, invece, trovo questa lettera di un'ipocrisia spiccata.
Come dire "so che se ho sete devo bere acqua ma mi costringono a bere champagne..."
E quell'acqua è disponibile, gratuita e limpida, alla fonte sotto casa.

A questo punto, se i ricchi vogliono piangere, che piangano pure.
Ma a me sembrano lacrime di coccodrillo...
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06/07/2007 11:15
 
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Non direi julia, non sottolinerei l'intenzione di questa lettera.
Che sia ricca d'ipocrisia o di onesta' intellettuale, se ci pensiamo bene, poco importa: alcuni spunti rimangono interessanti.
Per quanto mi riguarda, fosse solo per l'aspetto venale della situazione, ti diro' che incomincio seriamente a trovare i soldi noiosi: si, sono noiosi. Noiosa la cura che ne devi avere; noiosi i vincoli che ti stringono; noiose le preoccupazioni a riguardo; noioso il tempo che ti costano i soldi.
Non guardare cosa ti danno, ma guarda quello che ti si chiede in cambio: in questa prospettiva i soldi sono la piu' estrema infelicita' moderna.
Il sistema finto e artificioso nel quale viviamo , si regge tutto quanto, totalmente, sul concetto equazione soldi/benessere: e' questo il barbatrucco che si e' instaurato e consolidato nel tempo.
Il trucco di farci credere che la parola benessere sia soltanto di valenza materiale ( acquisto oggetti di consumo)e' il trucco piu' velenoso che mai si potesse inventare; venefico sia nel suo significato piu' grossolano, ma soprattutto letale in quei significati piu' fini, piu' reconditi.
La ricchezza incommensurabile era e rimarra' sempre il " tempo" e il suo scorrere interiore: una volta derubati di questo, gli uomini, seppur ricchissimi, rimarranno quello che sono tutt'ora ( nel sistema occidentale): una banda di straccioni da Corte dei Miracoli.
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06/07/2007 11:44
 
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Bene, si presume che, come te, anche la persona che ha scritto quella lettera abbia preso consapevolezza del reale valore della "ricchezza".
Che il sistema con cui è costretto a mantenere il benessere lo riduce ad esserne vittima, a diventare oggetto e non soggetto del suo agio.
Ed è per questo che ritengo questo discorso ipocrita.

Dalla consapevolezza alla scelta di libertà il passo è breve.

La lamentela vale una notte, il giorno dopo ci si sveglia con le idee chiare, no?
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06/07/2007 11:51
 
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Domani mi sveglio e decido di andare sulla luna. Il passo tra decisione e scelta, a seguirti, e' davvero facile.
Invece non e' proprio cosi'.
Le scelte sono condizionate da mille fattori emotivi: educazione, tradizione, impedimenti oggettivi, e soprattutto " abitudini".
Il peggior amico o nemico dell'uomo e' l'abitudine, infatti: la vita stessa e' abituarsi ad esistere e non sempre ( si potrebbe fare un milione di esempi) la rottura di un'abitudine e' facile da attuare.
Un esempio? io mi chiamo Sergio e da domani decido di chiamarmi Roberto.
Scommetti che la parola Sergio avra' sul mio interiore una potenza sempre superiore a Roberto?
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06/07/2007 12:01
 
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L'esempio del nome, così come l'esempio della luna non regge, Se'.
Torno all'ipocrisia perchè è un punto fondamentale, secondo me.
In nome di quell'abitudine, appunto, si dovrebbe accettare una condizione che, se è difficile da lasciare, diventa allora l'unica via possibile.
E invece si denuncia, a parole, che la condizione non è quella voluta, la si osteggia retoricamente, la sia verbalizza ma non la si agisce.
Non c'entra nulla l'abitudine, secondo me, ma la paura di fare un passo importante, fondante, un passo necessario se crediamo veramente alle parole del ricco piagnucolone.
Scommetti che, dopo 57 anni, è ancora lì a lamentarsi?
E se non si lamenta più è perchè ha tirato le cuoia e riposa in una ricca cappella con maniglie dorate...
Bella fine!
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06/07/2007 12:14
 
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Ti abitui ai soldi e al benessere.
Intendevo questo.

Comunque buon pranzo, ora. ( altra abitudine) [SM=g8431]
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06/07/2007 12:22
 
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Buon pranzo anche a te (con riflessione: il pranzo non è abitudine ma bisogno. L'abitudine è farlo a casa o al ristorante, pranzo frugale o pranzo pantagruelico, pranzo povero o pranzo ricco, etc etc...la scelta, Se', la scelta!!)

gnam
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06/07/2007 15:34
 
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L'industriale milanese conclude la lettera scrivendo:
"Venga presto la rivoluzione cristiana, prima per noi che per gli altri, a restituirci la nostra umanità, la nostra famiglia, la pace, la gioia vera".


E' questo diffuso senso di "rivoluzione" che deve venire all'infuori di noi che ci fa diventare ipocriti.
Come se ci aspettassimo che cambino le condizioni esterne per poter subire il cambiamento.
Ma, in fondo, sappiamo molto bene che chi deve veramente rompere e rivoluzionare siamo noi, non può essere altrimenti.

Il vero significato di quell'ultima frase è: io sono qui, aiutatemi oh voi poveri e fate la rivoluzione cristiana!
Prima per noi - i ricchi? - che per gli altri...veramente patetico.
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06/07/2007 16:14
 
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Io, invece, l'ultima frase la leggo all'opposto: in quelle parole si dichiara che i " poveri" hanno gia' tutte le ricchezze perse dai ricchi e proprio per questo ci si appella a loro.
Quelle parole sono una resa , un arrendersi, un riconoscimento di una sconfitta: un " nemico" che si arrende non va' mai dileggiato.


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09/07/2007 08:47
 
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Il fatto è che io non vedo nessun nemico, così come penso che non c'entri nulla l'essere ricco o povero in questo discorso.
Alla base delle lettera dell'industriale lagnoso c'è una retorica sociale, sempre più diffusa, che ci relega al ruolo di vittime.
La nostra vita è il risultato delle scelte che facciamo, nè più nè meno; se l'industriale dopo quello sfogo ha mollato tutto e se n'è andato a lavorare in campagna o se ha mantenuto la baracca, la porche e la casa al mare è dovuto soltanto a ciò che ha scelto di essere.
Il punto cruciale è averne preso consapevolezza, aver compreso la farsa, e dall'esserne consapevole il passo è breve: scelgo ciò che voglio vivermi.
La richiesta di aiuto (alla religione poi!) non è il canto valoroso di un nemico ma il pianto patetico di un mediocre.
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09/07/2007 09:28
 
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UHMM UHMM!

Un po' semplice Julia.
La scelta di essere cio' che si e', non scorre su binari cosi' facili e in discesa.
La scelta di Sartre o il progetto di Heidegger ( temi inerenti al tema essere cio' che si e', o all'ecce homo niciano) dimostrano la concretezza della difficolta' dell'io esistenziale.
Non e' solo una questione di volonta'.
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Email Scheda Utente
09/07/2007 09:42
 
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Non di volontà ma di consapevolezza parlo.

"L'unico modo di dare determinatezza al mondo è quello di dargli la consapevolezza" disse Miguel de Unamuno.
E' questo il punto cruciale, dicevo prima, è in questo passaggio che si deve credere alla "rivoluzione" e non attenderla come manna dal cielo.


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