Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!

Caffé Letterario

Tucidide

  • Messaggi
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 04/01/2010 09:04
    Nato ad Atene, da nobile famiglia (suo padre era Oloro, del demo attico di Alimunte, imparentato con Cimone, figlio di Milziade) intorno al 460 a.C. e fervente sostenitore nella Grecia antica dello statista Pericle, Tucidide svolse un importante ruolo come stratega della flotta di Atene nella guerra contro Sparta sul mare Egeo settentrionale. Accusato di tradimento per aver fallito la spedizione di soccorso alla battaglia di Anfipoli, gli toccò (o scelse volontariamente) l'esilio in Tracia dove trascorse gran parte della vita. Non è però chiaro se, invece, Tucidide avesse deciso di rimanere ad Atene, restando escluso dalla vita politica

    Nei lunghi anni di esilio (o di permanenza in incognito ad Atene) Tucidide riordinò i suoi scritti raccogliendoli nella sua articolata e sofferta opera: un insieme di otto libri che compongono Guerra del peloponneso, profondo e analitico resoconto cronologico del conflitto che oppose fra il 431 a.C. e il 404 a.C. Sparta ed Atene, tese entrambe ad un controllo sulla Grecia.

    I tomi numerati da uno a otto che compongono il racconto di Tucidide - redatti in maniera non sequenziale - sono giunti ai nostri giorni, come quelli di Erodoto, con il nome, non originario, di Storie o, semplicemente, Guerra del Peloponneso; comprendono tre fasi precise del conflitto: lo scontro tra i due colossi Atene e Sparta dal 431 a.C. al 421 a.C. (anno della pace stipulata dall'uomo politico e generale ateniese Nicia); la sventurata spedizione ateniese in Sicilia iniziata nel 415 a.C. e conclusa nel 413 a.C. con la distruzione della flotta nel porto di Siracusa da parte delle truppe del comandante spartano Gilippo; ed infine la prosecuzione del conflitto fino al 411 a.C.

    Nelle intenzioni di Tucidide la narrazione sarebbe dovuta proseguire fino 404 a.C., cioè fino alla fine della guerra del Peloponneso.

    La concezione storiografica
    Secondo Tucidide lo storico ha il compito di fornire a chi partecipa e guida la vita politica della comunità gli strumenti per interpretare il presente e prevedere gli sviluppi futuri dei rapporti tra le poleis. Tale previsione è resa possibile, egli ritiene, dal fatto che esiste, nella storia umana, una costante fondamentale, che è la natura (φύσις, "physis"): data l'esistenza di questa costante, è possibile delineare l'esistenza di leggi che regolano deterministicamente il comportamento degli uomini aggregati socialmente prendendo spunto dalla concezione ippocratica della medicina.

    La principale caratteristica della natura umana è il desiderio inesauribile di accrescimento, che non può essere né limitato né contrastato se non da una forza uguale e contraria. L'accrescimento (αὔξησις, "áuxesis"), ossia la tendenza ad aumentare la propria potenza, è il tratto caratteristico e indissolubile della società umana organizzata politicamente: di conseguenza, quando, all'interno di un territorio circoscritto geograficamente, si vengono formando due centri di potere - nel caso greco le due poleis di Sparta e Atene - è certo che queste due entità tenderanno ad accrescere la propria forza, ad espandersi, a sottomettere le poleis più deboli, finché le reciproche sfere di influenza entreranno inevitabilmente in conflitto. Non sono possibili altri esiti se non la guerra di annientamento: trattati di pace, accordi di convivenza, alleanze potranno avere luogo, ma solo per tempi e modi limitati, perché il desiderio di accrescimento non può che comportare il desiderio di annientare il rivale.

    L'analisi di Tucidide fornisce questa spiegazione alla guerra del Peloponneso e questo è lo strumento di indagine che Tucidide fornisce agli storici e ai cittadini della polis: in ogni tempo e in ogni luogo, la politica si esplicherà attraverso rapporti di forza e la guerra sarà il naturale esito del confronto tra due centri di potere collocati all'interno di uno stesso territorio. Riconoscendo la centralità della guerra nella storia umana, Tucidide riconosce anche l'importanza delle basi materiali grazie alle quali gli uomini si fanno la guerra, vale a dire il denaro. Senza denaro non si fa la guerra. Tucidide lo afferma esplicitamente all'inizio della sua opera nei discorsi pronunciati da Archidamo a Sparta e da Pericle ad Atene, i quali considerano le riserve finanziarie l'elemento essenziale per sostenere una guerra di grandi dimensioni. Senza di esse non è possibile armare un esercito, pagare i soldati, costruire una flotta, sostenere un assedio. In Tucidide la storia è diretta dagli uomini e dalle risorse materiali, non dagli dei o da considerazioni di ordine diverso.

    Opere e discorsi (Ἔργα καὶ λόγοι)
    Tucidide indicò con chiarezza i suoi criteri metodologici (Hist. I, 20, 23), in due principi generali, fili conduttori di tutta l'opera.

    Una concezione ciclica della storia, dalla quale deriva la necessità di conoscere il passato per poter comprendere il presente e, nei limiti dell'umano, prevedere il futuro; la storia quindi è κτῆμα ἐς αἰεί (Ktêma es aei, possesso perenne), ha cioè dei principi universali che sono validi per ogni epoca.
    L'intento di comporre un'opera storiografica assolutamente libera da esigenze estetiche delle akroaseis, ma basata sul vaglio critico delle fonti, lontana dunque da quella di Erodoto incentrata ancora sul mito e sul trascendente; la storiografia tucididea infatti circoscrive il suo campo d'azione ad eventi recenti, ricorrendo all' αὐτοψία (autopsía "attestazione personale"), processo che implica l'inserimento di eventi vissuti in prima persona dall'autore: caratteristico in questi frangenti è l'uso del verbo greco οἶδα (óida "so per aver visto)".
    In piena fedeltà a questi principi, lo storico si propone di indagare in primo luogo i fatti, τὰ πραχθέντα (ta prachthenta), descrivendo con questo termine due categorie:

    Τὰ ἔργα le azioni vere e proprie innescanti l'evento.
    οἱ λόγοι i discorsi dei protagonisti che ne costituiscono la premessa o la conseguenza, attraverso cui Tucidide analizza psicologicamente l'autore, cercando di scoprire le cause che lo muovevano.
    Le azioni, dunque, sono, all'occhio dello storico, frutto di decisioni umane, preparate, difese o giustificate attraverso λόγoι. Le azioni sono causate da tre motivi della physis umana:

    Tὸ δέος la paura, l'istinto di autoconservazione dell'uomo che lo spinge a compiere azioni terribili pur di salvare la propria vita.
    Ἡ τιμή il desiderio di onore e prestigio.
    Ἡ ὠφελία l'utilità.
    In nome del primo l'uomo è portato a difendersi, per i restanti ad attaccare, con un unico risultato; la guerra. Tucidide si distacca così dal resto della logografia greca, gettando le basi per la storiografia moderna.
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 04/01/2010 09:05
    Il pensiero politico di Tucidide ]
    Dato il criterio di imparzialità che lo scrittore si pone, potrebbe risultare difficile ricostruire il suo pensiero politico. Il pensiero politico può, tuttavia, essere compreso da un brano in particolare, le demegorie di Pericle. Tucidide infatti esprime, anche se discretamente, un apprezzamento dell'opera dello statista ateniese: apprezzava infatti di quest'ultimo le scelte politiche e l'organizzazione dello stato, facendo cosi trasparire il proprio pensiero, moderato e conservatore allo stesso tempo. Una sorta di conciliazione tra democrazia ed autorità dello stato. Tucidide (II 65) elogia Pericle sostenendo che la sua scelta di non cercare lo scontro campale con gli Spartani e limitarsi a saccheggiare le coste nemiche sfruttando la propria superiorità navale costituiva una saggia decisione che alla lunga avrebbe sfiancato il nemico ed assicurato la vittoria finale di Atene. Secondo lo storico, tuttavia, gli Ateniesi non seguirono scrupolosamente le indicazioni di Pericle e dopo la sua morte si lanciarono in imprese troppo ambiziose, prima fra tutte la spedizione in Sicilia, la quale si concluse in un disastro e privò Atene delle sue migliori risorse umane e materiali accelerandone la sconfitta militare. Si tratta di una secca condanna della politica seguita dai democratici radicali dopo la morte di Pericle. Tra i personaggi più invisi a Tucidide vi erano i demagoghi Cleone ed Iperbolo, fortemente stigmatizzati nell'opera dello storico. Tucidide si rivela essere un democratico moderato quando definisce la costituzione dei Cinquemila del 411 a.C. come la migliore forma di governo mai avuta da Atene. Si trattava di una giusta commisurazione di democrazia ed oligarchia (metria xynkrasis), che tuttavia ebbe vita breve, poiché nel 410 a.C. fu restaurata la democrazia radicale invisa allo storico.

    Per Tucidide, inoltre, l'uomo politico deve conoscere le istanze razionali ed emotive che coesistono nell'essere umano, e deve saperle conciliare anche con l'elemento della "casualità".
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 04/01/2010 09:07
    Da leggere, rileggere, straleggere. Storia, natura, politica, e uomo come accrescimento di potenza. L'unico storico davvero onesto.
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 19/01/2010 09:02
    arrivera' a Lovere?
  • OFFLINE
    mujer
    00 19/01/2010 10:31
    arriverà, arriverà...
  • OFFLINE
    mujer
    00 19/01/2010 10:32
    e non dici niente dei due volumi di...come si chiama?
    marcellino pane e vino! [SM=g7088]
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 27/01/2010 10:44
    Sempre piu' dura trovare i due volumi meridiani di Tucidide.
    E il primo di Tito Livio-
  • OFFLINE
    mujer
    00 27/01/2010 19:30
    non ricordavo la stanza di Ammiano.
    Speriamo che il Tucidide mancante esca fuori. E anche il primo volume di Tito Livio.
    (pensavo che se non fossero disponibili non sarebbero ordinabili; potrebbero arrivare da un momento all'altro)
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 12/02/2010 11:14
    prossima lettura antica.
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 15/02/2010 09:24
    L'uomo dall'uomo non differisce tanto, ma sempre e' superiore colui che e' educato nella piu' rigorosa disciplina.

    Tucidide
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 15/02/2010 09:38
    Ateniesi contro Spartani, in questo consiste la grande guerra del Peloponneso che devasto' la Grecia.
    Prima differenza con i Romani: i Greci mai concepirono l'unita' nazionale o imperiale. Rimasero sempre nel confine di una concezione politica di citta' stato a volte alleate tra loro a seconda dei casi.
    La Lega, e' la loro massima aspirazione politica.
    I Romani, invece, fin da subito pensarono all'unita'.
    Seconda differenza: i Romani erano una civilta' infinitamente piu' dura di quella Greca.
    Non sorprende che qualche secolo dopo furono sottomessi ai Romani.
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 15/02/2010 09:42
    i discorsi politici di Tucidide sono una lettura appassionata. Nelle prime pagine il grande storico greco sottolinea la difficolta' di riportare le esatte parole di quei discorsi tenuti anni e anni prima.
    E magari nemmeno in sua presenza.
    Allora confida sulla sua dialettica e sulla sua retorica: il risultato e' magnifico.
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 15/02/2010 09:48
    Il cerchio Romano
    Gli ambasciatori spartani e ateniesi si dilungano in infiniti discorsi. Tutto al contrario di quelli Romani.
    La loro e' un'opera di convincimento, di assecondamento, di politica parlamentare in senso letterale.
    I discorsi ateniesi e spartani sono un inno alla dialettica: sono ricchi di sfumature , di possibilita', di tentativi oratori.
    Niente a che vedere con quelli Romani.
    Li' non c'era spazio per le parole: o cosi' o cosi'. Scegliete voi.
    I Romani erano rituali, avevano una concezione sacra della missiva.
    Si esigeva una risposta immediata.
    Il mito nasce da questa determinazione, come quella volta che l'Ambasciatore Romano una volta poste le condizioni al parlamentare nemico, prese un bastoncino, si avvicino' all'altro e segno' sulla sabbia un cerchio intorno a lui.
    Cosi' disse: " prima di uscire da questo cerchio ci devi dare una risposta a noi Romani"

    Ecco la differenza: i Romani esigevano.
    [Modificato da sergio.T 15/02/2010 09:48]
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 15/02/2010 09:59
    la storia greca ateniese e spartana e' una storia di guerra e potere economico: il ritornello e' sempre questo dall'antichita'.
    La parvenza democratica dell'atene di Pericle non e' sufficente a nascondere questo aspetto.

    Pericle: un temporeggiatore, un politico, un fine psicologo.
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 15/02/2010 10:09
    Non e' libero un popolo che non sa mantenere la propria liberta'
    Quando i Romani voltarono il capo alla Grecia la ritrovarono nelle stesse condizioni della guerra del Peloponneso. Una Grecia dilaniata in piccoli starelli come l'Italia Rinascimentale.
    In fondo, delle casate.
    Le etnie diverse tra loro per razza e religione mantenevano , una sull'altra, la propria indipendenza e orbitavano tra Atene e Sparta.
    La prima volta che i Romani intervennero militarmente in Grecia ristabilirono la pace tra le diverse etnie.
    Il loro messaggio fu: " non vogliamo turbolenze politiche e militari nel bacino del mediterraneo. Ci auguriamo che l'equilibrio trovato si possa mantenere. La Grecia deve rimanere libera ed indipendente come cuscinetto con il medio oriente. Non vorremmo che ci fossero acque agitate"
    E se ne andarono.
    Pochi anni dopo, con Filippo di Macedonia turtta l'area Greca si riscaldo' di nuovo.
    Come disse Mommsen, pero', la pazienza Romana era limitata: oltre a certi limiti non si poteva andare.
    Il senato non perse tempo: si rintervenne in Grecia con l'intervento dell'esercito ma con una piccola differenza: finite le operazioni militari l'esercito non sarebbe stato richiamato a Roma.
    La liberta' Greca che durava dai tempi di Atene e Sparta , dai tempi di Pericle, aveva le ore contate. Roma stava chiudendo ogni altra possibilita'.
    Gli ambasciatori cosi' riportarono: " non e' libero un popolo che non sa mantenere la propria liberta'. Vi avevamo lasciati in una Grecia libera e voi vi siete rivoltati. Voi non sopportate di essere liberi"

    Roma aveva deciso: la Grecia fu sottomessa.
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 15/02/2010 10:17
    Pericle disse: " la nostra democrazia, in fondo, e' una tirranide."
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 15/02/2010 10:25
    La cultura Greca delle alleanze opportunistiche si trasla anche nella storia europea.
    Quando i Romani erano impegnati a fondo con Cartagine e i Galli, in Grecia, varie etnie si mossero per portare aiuti ai Punici.
    La Macedonia soprattuto, i Corinzi,gli Etoli , le varie Leghe.
    Naturalmente i Romani non avevano tempo da perdere perche' gia' troppo impegnati.
    Ma se la legarono al dito.
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 15/02/2010 10:27
    la cultura greaca e' superiore a quella romana sul piano filosofico.
    Esitenzialmnete, pero', e' inferiore.
    La filosofia e' l'arte del vivere e i greci la confusero con l'arte del parlare-
    Teoria contro pratica.
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 15/02/2010 10:32
    Pericle
    Figlio di Santippo, comandante della flotta ateniese nella battaglia di Micale, e di Agariste, nipote di Clistene.

    Pericle nel 472 a.C. si occupò di finanziare l'allestimento della tragedia I Persiani di Eschilo.

    Nel 463 a.C. accusò pubblicamente Cimone di essersi fatto corrompere dal re Alessandro I di Macedonia.

    Attività politica
    Nel conflitto instauratosi ad Atene tra il partito aristocratico-conservatore, guidato da Cimone, fautore di una politica filo-spartana, e quello democratico, capeggiato da Efialte, Pericle si schierò con quest'ultimo.

    Quando nel 462 a.C. l'invio di truppe in soccorso degli spartani assediati alla rocca di Itome si rivelò un disastro, Cimone fu esautorato ed Efialte e Pericle ne approfittarono per esautorare l'areopago a favore della bulè e della ecclesia.

    Nel 461 a.C., in seguito dell'ostracismo di Cimone e della morte di Efialte, Pericle divenne la figura principale della scena politica ateniese.

    Politica interna
    Pericle fece approvare una legge che istituì la mistoforia, cioè il pagamento di un'indennità giornaliera a coloro che ricoprivano cariche pubbliche. Tutti i cittadini dell'Attica ebbero la possibilità di presentarsi candidati e di svolgere, una volta eletti, l'incarico loro affidato. Pericle attuò una politica sociale che prevedeva l'istruzione degli orfani, il pagamento di pensioni ai mutilati di guerra e agli invalidi, l'ingresso gratuito a teatro per i poveri, una paga regolare ai soldati e marinai e una razione di viveri. Tali modificazioni sono state ripetutamente dibattute e contestate poiché, di fatto, la remunerazione trasformava i cittadini in funzionari facendo perdere alla partecipazione il suo carattere di privilegio personale; tuttavia tale opera giovò alla polis poiché, con i soldi della Lega, Atene finanziava la sua amministrazione.

    Nel 451 a.C. propose la legge per cui potevano diventare cittadini ateniesi solamente coloro i quali avessero entrambi i genitori con la cittadinanza.

    Molte furono le opere pubbliche che Pericle promosse grazie anche ai tributi della lega delio-attica, come l'ingrandimento del Pireo, fortificando la strada che lo collegava alla città, e l'abbellimento dell'Acropoli di Atene con l'edificazione del Partenone, dei Propilei, dell'Eretteo e del tempio di Atena Nike.

    Politica estera
    Dopo la pace di Callia (449 a.C.) che sanciva la tregua della guerra con la Persia, l'esercito ateneise nel 447 a.C.-446 a.C. sedò la rivolta in Eubea e l'insurrezione di Megara.

    Pericle riuscì in seguito ad ottenere una pace con Sparta e a dare il via al suo programma di imperialismo pacifico, culminato nella fondazione delle colonie di Thurii e di Anfipoli.

    In seguito all'ostracismo di Tucidide, nel 443 a.C. Pericle fu eletto stratego, carica che ricoprì fino alla sua morte.

    Dopo l'insurrezione di Samo nel 440 a.C., il malcontento degli alleati iniziò a farsi sentire. Nel 432 a.C. su richiesta di Corinto si radunò a Sparta l'assemblea federale della Lega del Peloponneso, per discutere sui provvedimenti da prendere nei confronti di Atene, che era entrata in aperto conflitto con due città facenti parte della lega, Corinto e Megara, e che aveva intrapreso un percorso di progressiva estensione della sfera di dominio sul mondo greco, anche a scapito dell'autonomia e della libertà delle altre poleis.

    Atene non cedette all'ultimatum e i Peloponnesiaci iniziarono la guerra. Pericle, che conosceva i rapporti di forza tra i due schieramenti e pensava che l'esercito ateniese e alleato non avrebbe potuto opporsi alla fanteria oplitica lacedemone, decise di che tutti i cittadini dell'Attica lasciasero le proprie residenze per stabilirsi nella città fortificata dalle Lunghe Mura, lasciando l'Attica al nemico. La flotta avrebbe garantito ad Atene il necessario approvvigionamento di viveri e avrebbe al tempo stesso consentito di sferrare l'attacco alle coste del Peloponneso.

    Nel 431 a.C. l'esercito spartano invase l'Attica sotto la guida di Archidamo, saccheggiando campi e villaggi abbandonati, mentre Pericle guidava le triremi contro le coste nemiche.

    Le precarie condizioni igieniche in cui vivevano le migliaia di cittadini ammassati all'interno delle mura di Atene facilitarono il diffondersi nel 430 a.C. di un'epidemia di peste, che falcidiò la popolazione e di cui cadde vittima lo stesso Pericle.
  • OFFLINE
    sergio.T
    00 15/02/2010 10:34
    Tucidide
    Ateniesi, Spartani e alleati stabilirono una tregua con le seguenti condizioni, e promisero di città in città. «Riguardo ai santuari comuni, è permesso, a chiunque voglia, immolare, domandare responsi divini al dio, assistere ai riti secondo le patrie usanze, sia per terra, sia per mare, senza paura. Il santuario e il tempio di Apollo in Delfi, e Delfi stessa rimangono indipendenti, dirigono da sé i tributi e l’autorità giudiziaria, sia per se stessi, sia per la propria terra, secondo le abitudini tramandate. La tregua tra Ateniesi e alleati degli Ateniesi, e Spartani e alleati degli Spartani, è fissata per cinquant'anni, senza inganni e offese, sia per terra, sia per mare. Non sia consentito portare armi per offesa né agli Spartani e ai loro alleati contro gli Ateniesi e gli alleati, né agli Ateniesi e ai loro alleati contro gli Spartani e gli alleati, senza scaltrezza e senza alcuna tattica ».

    Tucidide V 18