00 18/11/2009 15:05
Simone Perotti ha 43 anni e a 28 era già dirigente di una grande azienda italiana. Per quasi vent’anni ha fatto il manager nel settore della comunicazione. Quando lavorava a Milano, città dove si consumano circa 700.000 pastiglie di ansiolitici l’anno, approfittava come tanti colleghi dell’Happy Hour (lui preferisce definirla «l’ora d’aria») per dare libero sfogo di fronte a un aperitivo ai sogni dell’Homo sapiens in carriera: mollare tutto, aprire un bar sulla spiaggia di un’isola più o meno remota, sottrarsi ai ritmi di una vita che relega in un angolo i ritagli di tempo da dedicare agli affetti o alle passioni. Poi, una mattina, bloccato dalla classica coda sul Grande Raccordo Anulare, si è detto: «Così non va». E ha davvero mollato tutto. Dove per tutto s’intende una professione che gli aveva fatto guadagnare tanti soldi, visto che nel frattempo aveva inventato slogan pubblicitari per prodotti di largo consumo e organizzato eventi con migliaia di persone, occupandosi di strategie di comunicazione politica e campagne elettorali.

Oggi Simone Perotti trascorre ogni anno quattro mesi in mare. Si è messo a fare lo skipper e l’affittabarche, ma anche la guida turistica e il barista e lo scultore e il restauratore di mobili. Trova anche il tempo per scrivere: il suo ultimo libro, Adesso basta, è uscito in questi giorni per Chiarelettere, ed è una sorta di manuale ragionato del «downshifting», ovvero del rallentare il ritmo. La sua analisi ricorda Tocqueville: «Il potere si è evoluto, ha imparato che la dittatura e il totalitarismo non servono più. Bastano i vetrini luccicanti del consumo. I prodotti, la loro accessibilità, la loro apparente convenienza sono sufficienti a spingere orde intere di persone, pure benestanti, pure acculturate, a uscire tutte le mattine da casa con la loro vettura fiammante, a percorrere a passo d’uomo strade intasate, a lavorare per dieci, dodici ore in modo sempre identico, sentendosi anche privilegiate».

Ed ecco dunque una serie di consigli anche molto pratici per sottrarsi al meccanismo, da parte di uno che per motivi anagrafici non ha fatto né il ’68 né il ’77, e nemmeno la Pantera. Il fatto che il libro arrivi in un momento storico in cui non ci si stupisce di vedere ex broker di Wall Street che vivono in tenda, mentre nella vecchia Europa imperversano precariato e disoccupazione, potrà farlo sembrare una bestemmia. Invece è anche un inno al lavoro manuale, e insegna a risparmiare divertendosi, spiegando che bisogna sognare sogni ambiziosi ma realizzabili: quantomeno, più di una vincita alla lotteria o di una speculazione in Borsa. Senza contare che il mito della crescita a oltranza sta pregiudicando la biosfera e dunque il futuro dei nostri figli.

La Stampa