Caffé Letterario

Giorgio Gaber

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    sergio.T
    00 02/09/2009 09:56
    Nasce a Milano da una famiglia veneta borghese, ma non agiata [1]; i genitori si sono conosciuti e sposati in Veneto (madre veneta e padre friulano di origini slovene), successivamente si sono trasferiti in Lombardia in cerca di fortuna, dove è nato il piccolo Giorgio.

    Inizia a suonare a causa di un infortunio al braccio sinistro (con rischio paralisi) che impone un'attività costante ai fini della rieducazione motoria: considerato che lo stato generale di salute del ragazzo non era tra i migliori e che il fratello maggiore Marcello suona la chitarra, si pensa di avviarlo allo stesso strumento.

    L'idea dà buoni risultati, sia sotto il profilo medico che sotto quello artistico, e a 15 anni Gaber viene scritturato per un veglione di capodanno, riscuotendo il primo cachet di 1.000 lire.

    La sua carriera artistica inizia come chitarrista nel gruppo Ghigo e gli arrabbiati, band che nasce all'Hot Club di Milano; l'esordio del gruppo arriva al festival jazz di Milano nel 1954. Dopo due anni di serate entra nei Rock Boys, il gruppo di Adriano Celentano, in cui al pianoforte suona Enzo Jannacci.

    Comincia nel 1958 la carriera solista, incidendo il brano Ciao ti dirò (scritto da Giorgio Calabrese e Gianfranco Reverberi) per la neonata Dischi Ricordi; la canzone gli frutterà la prima apparizione televisiva alla trasmissione Il Musichiere.

    Dal vivo con JannacciConosce in questo periodo Luigi Tenco, trasferitosi a Milano da Genova per incidere anche lui alla Dischi Ricordi, con cui compone alcuni brani sviluppando parallelamente anche un'intensa amicizia.

    Nel 1958 Gaber e Tenco partecipano, insieme ad Enzo Jannacci, Paolo Tomelleri e Gianfranco Reverberi, ad una tournée di Adriano Celentano in Germania dai molti risvolti curiosi (vedi sito esterno).

    Forma poi con Enzo Jannacci un duo, I Due Corsari, debuttando nel 1959 con il 45 giri 24 ore/Ehi! Stella ed incidendo alcuni 45 giri; tutte queste canzoni sono state raccolte in un album pubblicato dalla Family, sottoetichetta della Ricordi, ed intitolato Giorgio Gaber - Enzo Jannacci (in nessuno dei 45 giri era invece riportato il loro nome), album pubblicato nel 1972.


    Dopo i primi 45 giri, raggiunge il successo nel 1960 con Non arrossire; sempre nello stesso anno incide la sua canzone più conosciuta tra quelle del primo periodo, La ballata del Cerutti, con il testo di Umberto Simonetta.

    Altri successi del periodo Ricordi sono Trani a gogò, Goganga, Porta Romana, che gli fruttano molte apparizioni televisive.

    Dopo un sodalizio sentimentale-artistico con la cantante e attrice Maria Monti, nel 1965 Gaber sposa Ombretta Colli, allora studentessa di lingue orientali (cinese e russo) all'Università Statale di Milano.

    Partecipa a quattro edizioni di Sanremo: nel 1961 con il brano "Benzina e cerini" (scritto tra gli altri da Enzo Jannacci), nel 1964 presenta Così felice; nel 1966 con uno dei suoi successi più grandi, Mai, mai, mai (Valentina), e infine nel 1967 con ...E allora dai!; questi ultimi due brani sono incisi per la Ri-Fi, etichetta a cui è passato dopo aver abbandonato la Ricordi e per cui pubblica nel 1965 un album insieme a Mina (con cui nel 1969 effettuerà anche un tour), Mina & Gaber: un'ora con loro.

    Inoltre si classifica al secondo posto al 14° Festival della Canzone Napoletana 1966 nel 1966 con il brano di Alberto Testa e Giordano Bruno Martelli 'A Pizza, eseguito in abbinamento con Aurelio Fierro; sempre in questo periodo contribuisce al lancio di Franco Battiato.

    Nel 1967 partecipa alla quarta edizione del Festival delle Rose con il brano Suona chitarra, presentato in abbinamento con Pippo Franco.

    L'anno successivo partecipa alla commedia musicale western per la televisione: Non cantare, spara, nei panni di un "cantastorie meticcio" che canta la "Ballata di Abilene" e riassume le puntate precedenti, all'inizio di ognuna delle 8 puntate.

    Sempre nel 1968 passa alla Vedette, con cui incide altri successi come Torpedo blu (nello stesso anno), Come è bella la città, esempio di inserimento di tematiche sociali nella canzone e Il Riccardo (entrambe nel 1969) e Barbera e champagne (nel 1970).

    Nei primi spettacoli teatrali riprenderà alcune di queste canzoni.


    La svolta teatrale: il Signor G
    Gaber, entrato grazie alla conduzione di alcuni programmi televisivi Rai nelle case di tutta Italia, si impone come giovane cantautore dai testi intelligenti e garbati: l'azienda televisiva punta su di lui per attirare un pubblico giovane.

    Ma, sul finire degli anni '60, Gaber comincia a maturare uno stile più aggressivo, impegnato politicamente, testimoniato dagli album L'asse di equilibrio del 1968 e Sexus et politica: la sua immagine di cantastorie garbato e mai sopra le corde, non lo soddisfa più.

    Nel 1970, al Piccolo teatro di Milano, si presenta con la prima felice edizione de "Il Signor G", un recital che avrebbe portato in molte piazze italiane nelle numerose ripetute edizioni.

    Questo è il momento di svolta nella sua carriera: Gaber rinuncia all'enorme successo televisivo e porta la "canzone a teatro" (creando il genere del teatro canzone); passato alla Carosello, pubblica da questo momento in poi dischi con le registrazioni degli spettacoli teatrali alternati spesso con album registrati in studio..

    In teatro, Gaber si sente più libero: i testi (quasi interamente scritti con il suo amico pittore Sandro Luporini) si caratterizzano per l'intelligenza dello sviluppo di molte tematiche sociali e politiche, spesso controcorrente; Gaber si fa più aggressivo e arrabbiato e, in nome di un personalissimo spessore artistico, si scaglia contro le ipocrisie della destra e della sinistra italiana.

    Nel 1974 gli viene consegnato il Premio Tenco nella prima edizione della rassegna musicale; ha ricevuto anche la Targa Tenco nel 2001 per il brano La razza in estinzione e nel 2003 per l'album Io non mi sento italiano.


    Gli spettacoli del periodo 1970-1974
    Il primo periodo del Teatro-canzone vede un Gaber in linea di massima entusiasta dei movimenti e delle stanze di rivoluzione che caratterizzano quegli anni.

    Il primissimo approccio al palcoscenico, lo spettacolo Il signor G (da cui viene tratto disco omonimo), sebbene non abbia contenuti esplicitamente politici, già annuncia i temi fondamentali che caratterizzeranno l'intero lavoro del cantautore: il bisogno di individuare una coscienza collettiva che soddisfi in pieno le istanze individuali, la critica ai luoghi comuni e agli aspetti più vergognosi e censurati di quegli anni.

    Dopo I borghesi, album in studio da ricordare per l'omonimo brano, per una cover da Jacques Brel, Che bella gente, per una reincisione di La chiesa si rinnova con un nuovo testo e per il brano originale L'amico, con Dialogo tra un impegnato e un non so, Gaber prosegue il proprio discorso, affrontando in maniera originale ed emozionante argomenti quali la disumanizzazione dell'individuo nel mondo capitalizzato (L'ingranaggio, Il pelo) e la presa di distanza da moralisti e intellettuali.

    In Far finta di essere sani (di cui non viene pubblicata la registrazione dello spettacolo, ma un doppio disco contenente solo le canzoni senza monologhi[2]), infine, nonostante si sottolinei una certa incapacità di far collimare i propri ideali con il vivere quotidiano, è il forte slancio utopistico, che ha il suo culmine nel brano Chiedo scusa se parlo di Maria a dominare la scena.

    È questo lo spettacolo che conclude il periodo più "ottimista" della discografia teatrale di Gaber: da qui in avanti, infatti, il cantattore prenderà gradualmente le distanze da un movimento ormai incapace di aggregare gli individui se non cedendo al processo di massificazione.

    È questo forse il periodo più critico e di rottura dell'intera produzione gaberiana: da qui in avanti sarà difficile, per i movimenti di sinistra, quelli cioè che si erano fatti portavoce delle istanze rivoluzionarie di quegli anni, monopolizzare il personaggio Giorgio Gaber.

    Anche per oggi non si vola è il primo spettacolo ad insinuare il dubbio che il bisogno di cambiamento avvertito in quegli anni si stia dissolvendo in una sorta di moda o di atteggiamento di comodo: pezzi come Il coniglio, Angeleri Giuseppe, L'Analisi, La realtà è un uccello, smascherano con pungente ironia l'incapacità di proporre nel quotidiano dei veri e propri cambiamenti.

    Libertà obbligatoria mette invece in maggiore rilievo il progressivo spegnersi ed allontanarsi del movimento nato dal 1968, attraverso canzoni come I reduci, Il delirio, Le elezioni e Si può; è questo l'ultimo spettacolo con gli arrangiamenti di Giorgio Casellato.

    Polli d'allevamento è il recital della vera e propria svolta: in un vortice di critiche crescenti che hanno il loro culmine in La festa e Quando è moda è moda, le mezze misure vengono abbandonate per lasciare posto all'assoluto distacco da tutto ciò che è stato, come se si sentisse il bisogno di isolarsi da una società in caduta libera per recuperare frammenti di individualità, di vera rivoluzione: tale spettacolo scatenerà una grande ondata di sdegno da parte di quelle aree del mondo politico che avevano sempre tentato di tenere sotto controllo l'uragano mediatico scatenato dal Teatro-canzone.

    Musicalmente gli arrangiamenti sono curati da Franco Battiato e Giusto Pio, e si staccano notevolmente da quelli precedenti.

    Da questo spettacolo in poi Gaber pubblica tre dischi in studio, allontanandosi dalle scene teatrali: il primo è l'album Pressione bassa del 1980, il secondo è Io se fossi Dio, pubblicato nello stesso anno dalla F1 Team come disco mix inciso solo da un lato, per il rifiuto della Carosello, ed infine, nel 1981, Anni affollati.

    Da ricordare in particolare Io se fossi Dio, con cui Gaber si consacra definitivamente come libero pensatore, in lotta con qualsiasi parte politica: la canzone è uno sfogo che incarna i disagi di molti italiani, disillusi ma arrabbiati, ed esplica la sfiducia nei confronti dell'uomo che Gaber, sui modelli letterari di Louis-Ferdinand Céline e Giacomo Leopardi, applica al teatro canzone.

    Questo gusto per le invettive intelligenti e dissacranti non lo abbandonerà più, consegnando al pubblico canzoni come "Io non mi sento italiano" o "Il potere dei più buoni".


    Gli spettacoli degli anni '80
    Lo spettacolo Anni affollati, del 1982 (pubblicato però su disco con il titolo Il teatro di Giorgio Gaber) è un recital più conciso e colto, ma non per questo meno tagliente.

    Già dal pezzo di apertura, Anni affollati, appunto, si riesce a percepire il distacco che ormai si è creato fra il fervore degli anni Settanta e l'attuale condizione sociale; quasi tutti i monologhi prendono spunto da particolari estremamente divertenti ed irriverenti (La masturbazione, L'anarchico) per giungere a conclusioni terribili e disperate (Il porcellino).

    Ed infine, quando l'insostenibile peso dell'ipocrisia pare aver fatto traboccare il vaso, tutto l'astio verso le idiozie e le bassezze del mondo viene riversato nella spietata ed apocalittica invettiva della già citata Io se fossi Dio.

    Nella stagione teatrale 1982-1983 Gaber per la prima volta abbandona il teatro-canzone, e scrive ed allestisce una commedia in due atti, Il caso di Alessandro e Maria, che verrà messo in scena insieme a Mariangela Melato: il tema è quello del rapporto di coppia, anche se non mancano accenni alla realtà sociale degli anni '80.

    Nel 2009 la commedia verrà ripresentata da Luca Barbareschi insieme a Chiara Noschese.

    Lo stesso tema, il rapporto di coppia, verrà affrontato anche in Parlami d'amore Mariù, lo spettacolo del 1987; prima, però, Gaber trova il tempo per un'estemporanea reunion con Enzo Jannacci in cui, rievocando I Due Corsari con un look rivisto e corretto in stile Blues Brothers, realizzano un Q Disc intitolato Ja-Ga Brothers.

    Riprende quindi l'alternanza tra dischi in studio e dischi tratti dagli spettacoli: a Gaber del 1984, album da ricordare almeno per Benvenuto il luogo dove, segue lo spettacolo Io se fossi Gaber con il relativo doppio album nel 1985, con caratteristiche antologiche (alle canzoni nuove e ai nuovi monologhi si alterna materiale degli spettacoli precedenti come le elezioni, Il dilemma o La pistola); viene pubblicato poi l'anno successivo Piccoli spostamenti del cuore e, nel 1987, il gia citato Parlami d'amore Mariù.

    Durante il suo fertile periodo di attività teatrale, rare sono state le volte in cui il signor G si è presentato sul piccolo schermo: ricomparirà in televisione solo negli anni ottanta e novanta, con molte partecipazioni a spettacoli di intrattenimento di massa.

    Ricordiamo le tre puntate di Blitz, condotto da Gianni Minà, due nel 1983, in cui esegue Le elezioni e Quello che perde i pezzi) ed una nel 1984, in cui presenta Benvenuto il luogo dove; Fantastico 5, presentato da Pippo Baudo ed Heather Parisi, in cui esegue Oh mamma e Pressione bassa; Taormina Arte nel 1987, in cui canta I soli.

    Il decennio si conclude con il ritorno di Gaber ad uno spettacolo in prosa, il secondo dopo Il caso di Alessandro e Maria: si tratta di Il Grigio, lungo monologo pubblicato anche su disco.


    Gli anni '90
    Il nuovo decennio si apre con uno spettacolo antologico, intitolato Il teatro canzone, che ripercorre tutta la storia dei vent'anni precedenti di Gaber, non disdegnando anche di ripescare nei bis alcune canzoni degli anni '60 come Barbera e champagne (accompagnata nel ritornello dai cori del pubblico) e Non arrossire.

    L'unico inedito è il monologo Qualcuno era comunista, lucida analisi di quello che il PCI aveva significato per tanti, in termini di speranze ma anche di illusioni, e di quello che la fine di quell'esperienza ha voluto dire per molti:

    « E ora? Anche ora ci si sente come in due, da una parte l’uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e dall’altra il gabbiano, senza più neanche l’intenzione del volo, perché ormai il sogno si era rattrappito. Due miserie in un corpo solo. »
    (Giorgio gaber e Sandro Luporini, Qualcuno era comunista)

    Il monologo verrà ripreso negli spettacoli successivi, 'Io come persona' del 1994 e 'E pensare che c'era il pensiero' (in scena per due stagioni): in essi Gaber riprende ad analizzare la realtà sociale con nuove canzoni come Destra-Sinistra, Quando sarò capace d'amare e Mi fa male il mondo e nuovi monologhi come La sedia da spostare, L'equazione e Sogno in due tempi, ma anche riprendendo ed attualizzando vecchi brani come La realtà è un uccello e La Chiesa si rinnova, adattata all'epoca di Papa Wojtyla.

    'Un'idiozia conquistata a fatica', anch'esso riproposto per due stagioni, vede la cessazione del rapporto del cantautore con la Carosello, l'etichetta che ha prodotto per più di vent'anni i suoi dischi; per qualche tempo Gaber si autoproduce i cd (in vendita solo dopo gli spettacoli) con la Giom, creata ad hoc, per poi passare nel 2000 alla Cgd eastwest.

    Artisticamente lo spettacolo continua con la critica alla società degli anni '90, evidente in canzoni come Il potere dei più buoni e in Il conformista, canzone di cui Adriano Celentano effettuerà una cover.


    Gli ultimi anni
    Il 13 aprile del 2001 Gaber pubblica un nuovo disco realizzato in studio, a 14 anni dal precedente, Piccoli spostamenti del cuore: La mia generazione ha perso da un lato presenta alcune canzoni degli spettacoli precedenti riregistrate (Destra-Sinistra e Quando sarò capace d'amare), dall'altro contiene alcuni inediti, di cui il più significativo è La razza in estinzione, il brano che contiene il verso che dà il titolo al disco.

    Già segnato dalla malattia, compare nello stesso anno nel programma 125 milioni di caz..te di e con il vecchio amico Adriano Celentano, insieme ad Antonio Albanese, Dario Fo, Enzo Jannacci e lo stesso Celentano in una surreale partita a carte: i cinque cantano insieme Ho visto un re.

    Inizia la lavorazione del nuovo disco, Io non mi sento italiano, che però viene pubblicato postumo: da tempo malato di cancro, si spegne nel giorno di Capodanno del 2003 nella sua casa di campagna a Montemagno, località in provincia di Lucca. Il corpo riposa nel Famedio del Cimitero Monumentale di Milano, come voluto dalla moglie Ombretta Colli.

    Acuto osservatore del costume, autore mai banale e sempre originale, con una visione particolarmente orientata verso temi sociali, Gaber è stato capace di combinare l'ironia con la melodia: ha sempre subito reiterati (ma vani) tentativi di etichettatura politica, ma lo sguardo di Gaber sulla società, sul costume e sulla politica, ha sempre mostrato un profondo spirito critico, capace di colpire amaramente ogni ideologia.

    La sua opera deve molto alla collaborazione con Sandro Luporini.

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    sergio.T
    00 02/09/2009 10:10
    Testi splendidi, davvero.
    Qualche sua canzone vale di piu' - per analisi critica - di milioni di articoli da giornale.
    Invece di leggere un quotidiano sentitevi un suo pezzo.

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    mujer
    00 02/09/2009 10:52
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    mujer
    00 02/09/2009 12:13


    Sogno in due tempi
    di Gaber - Luporini (E pensare che c'era il pensiero - 1994)

    MONOLOGO

    Non si capisce perché quasi sempre i sogni, proprio nel momento in cui, come specchi fedeli dell'anima, stanno per svelare al soggetto i suoi intendimenti nascosti, si interrompono.
    Ero lì, in una specie di zattera... un naufragio, chi lo sa... Insomma, sono lì su un relitto di un metro per un metro e mezzo circa, e, stranamente tranquillo in mezzo all'oceano, galleggio.
    Cosa vorrà dire... Va be', vedremo poi. A dir la verità avevo già sognato di essere su una zattera con una dozzina di donne stupende... nude. Ma lì il significato mi sembra chiaro.
    Ora sono qui da solo, ho il mio giusto spazio vitale, mi sono organizzato bene, il pesce non manca, ho una discreta riserva d'acqua, i servizi è come averli in camera... ho anche un robusto bastone che mi serve da remo.
    Non è un sogno angoscioso, ma cosa vorrà dire? Fuga, ritiro, solitudine, probabilmente desiderio di sfuggire la vita esterna che ci preme da ogni parte. Si diventa filosofi, nei sogni.
    Oddio, oddio cosa vedo? Fine della filosofia. No, non può essere una testa. Forse una boa. Non so per cosa fare il tifo. La boa fa meno compagnia, ma è più rassicurante.
    No, no... si muove, si muove. Mi sembra di vedere gli spruzzi. Non è possibile che sia un pesce. È qualcosa che annaspa, sprofonda, riappare, lotta disperatamente con le onde.
    È un uomo, è un uomo, è un uomo, è un uomo, è un uomo!(con enfasi decrescente)
    E ora che faccio? La zattera è un monoposto, ne sono sicuro. Per il pesce non ci sarebbe problema, ma la zattera in due non credo che tenga.
    (al naufrago) "Non tiene!"
    Macché, non mi sente. Sarà a cento metri. Che faccio? Ma come 'che faccio'... Sono sempre stato per la fratellanza, per l'accoglienza, l'ospitalità. Ho lottato tutta la vita per questi principi. Sì, ma non mi ero mai trovato... Ma quali principi? Questa è la fine. Qui in due non la scampiamo. E lui avanza verso di me, fende le onde. Sarà a settanta metri, cinquanta, trenta... Madonna, come fende!
    Quasi quasi gli preparo un dentice. E se non gli piace il pesce? Se gli piace solo la carne?... umana? E no, calma, io devo pensare a me, alla mia sopravvivenza: mors tua vita mea. Oddio... non dovrò mica ucciderlo?
    Ma che dico, sto delirando! Lo devo salvare. Poi in qualche modo ci arrangeremo, fraternamente, ci sentiremo vicini. Per forza, non c'è spazio... stretti, uniti, corpo a corpo...
    Guarda come nuota... è una bestia! Ma io lo denuncio! Ormai sarà già a dieci metri. Mi fa dei gesti, mi saluta... mi sorride, lo schifoso. Ma no, poveretto, cosa dico, per lui sono la salvezza, la vita, eh!
    Che faccio? Che faccio? Potrei prendere il bastone, potrei allungarglielo per aiutarlo a salire... Potrei darglielo con violenza sulla testa. Siamo al gran finale del dramma. Il dubbio mi divora. L'interrogativo morale mi corrode. Devo decidere. L'uomo è a cinque metri, quattro, tre... prendo il bastone e...
    E a questo punto mi sono svegliato. Maledizione! Non saprò mai se nel mio intimo prevale il senso umanitario dell'accoglienza o la grande paura della minaccia. Devo saperlo, devo saperlo, non posso restare in questo dubbio morale, devo sapere come finisce questo sogno!
    Cerco di riaddormentarmi, mi concentro... voglio dire, mi abbandono. Qualche volta funziona.
    Ecco, ecco... sì, ce l'ho fatta: l'acqua, l'oceano, le onde... giusto. Un uomo su una zattera... giusto. Un altro che nuota, arranca, annaspa disperato, sento il cuore che mi scoppia. Oddio... che succede? Sono io... sono io quello che nuota. No, io ero quell'altro, eh! Non è giusto, non è giusto! A me piaceva di più stare sulla zattera. Ma quale dubbio morale... Ho le idee chiarissime. Sono per l'accoglienza!
    Un ultimo sforzo, la zattera è a cinque metri, quattro, tre... Alzo la testa verso il mio salvatore... Eccomi!

    PUMMM! Dio, che botta!

    A questo punto mi sono svegliato di nuovo. Mi basta così. Non voglio sapere altro. Spero solo che non sia un sogno ricorrente.

    *Però una cosa l'ho capita. No, non che se uno chiede aiuto gli arriva una legnata sui denti, questo lo sapevo già. Ho capito quanto sia pieno di insidie il termine 'aiutare'. C'è così tanta falsa coscienza, se non addirittura esibizione nel volere a tutti i costi aiutare gli altri che se, per caso, mi capitasse di fare del bene a qualcuno, mi sentirei più pulito se potessi dire: non l'ho fatto apposta. Forse solo così tra la parola 'aiutare' e la parola 'vivere' non ci sarebbe più nessuna differenza.*
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    sergio.T
    00 02/09/2009 19:32
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