00 27/10/2008 10:25
il rifiuto del voto in condotta ( o suoi affini) e' forse piu' importante del taglio degli stipendi. Se questo e' un problema presente - di pura economia - quello del voto e dei discorsi riguardo ad esso, e' ben piu' grave.
Si polemizza sul nulla.

Non e' possibile denunciare un professore che ha detto ad un alunno: se continui cosi' ti boccio.
Bisognerebbe, all'inverso, denunciare chi ha un'idea simile.
La democratizzazione estrema dei diritti ( soprattutto dei bambini) ha deviato in una forma patologicamente narcisistica: ci si compiace dell'intoccabilita' di un bambino ( non punizione) per il semplice motivo che ci si immedesima in quel diritto.
Cosi' facendo s'instaura una dimensione irreale: il nucleo famigliare diventa il polo centrale dell'educazione sovrano in qualsiasi tipo di decisione. Chiunque sia estraneo ( anche le istituzioni) non puo' intervenire in un giudizio esterno. O se lo fa, lo deve moderare per non urtare, per non confondere, per non scioccare, ecc.ecc.
E si vedono i risultati. Risultati disastrosi ai primi confronti sociali: disorientamento, viziosaggine, apatia, indifferenza, maleducazione, prepotenza, bullismo. E si potrebbe continuare.

Ma che ci si vuole fare? in fondo fin dalla scuola sembrerebbe troppo offensivo giudicare il comportamento di un bambino. A Roma, al contrario, si educava non solo il bambino , ma persino il padre: gli si ingiungeva - entro un anno- a decidere la punizione da comminare al figlio per un suo reato. Finito l'anno , interveniva lo stato.
Ora ne' l'uno e ne' l'altro lo fanno: oggi va' di moda la "tutela" a tutti i costi.