00 28/07/2008 12:06
Icaro, il volo di Francesco Guccini
di Matteo Chiavarone

Francesco Guccini nuovamente in libreria con "Icaro" (Mondadori, 2008), un libro dai toni soffusi e malinconici che ricordano le tematiche e i colori di molte sue canzoni. Sette racconti scritti in un arco di tempo molto vasto, quarant'anni, come da sua stessa ammissione, ma che danno un'impressione di immediatezza, agilità, bisogno di raccontare. C'è molta narrativa americana, la stessa narrativa che ispirò soprattutto i primi album, per la concisione cercata e voluta, per l'immaginazione universale, per i dialoghi serrati e nient'affatto ultraterreni. Un Guccini americano sì, un Guccini che fa il verso a Faulkner e a Carver, ma un Guccini profondamente radicato nel suo ambiente, non distante a quello di sempre, perso nelle sue domande alla ricerca delle proprie radici. Perso, o meglio profondamente protetto, dalla sua Pavana, dai suoi ricordi, dalla routine dei suoi gesti.



Icaro, il racconto che dà il titolo al volume, è la storia di un ragazzino che si rapporta con un adulto, una sorta di riedizione moderna de Il vecchio e il bambino, un adulto che si appresta a spiccare il volo con delle ali costruite artificialmente. Una prova di volo insomma agli occhi del ragazzo, una prova che termina con la disfatta, con mille rottami di ferro sparsi tutti attorno e un corpo sfracellato sul greto. La morte quindi, una morte che ritorna altre volte all'interno del libro.



Muore José Pasculli, vecchio immigrato in un'Argentina lontana di vent'anni, malato di cuore, inserito in una quotidianità sempre uguale, ripetitiva ma piena di purezza, dopo una partita di calcio nel mitico stadio del River Plate, dopo la prima partita della sua vita. E muore Sirio, bloccando la sua giovinezza in un racconto molto suggestivo, L'ànana, forse tra i più belli dell'intero volume. Senso di morte ma anche un senso fortissimo di vita, un senso radicato nel gusto stesso della parola, dell'incontro dei ricordi personali con la storia, con il presente, con il futuro.



La lotta partigiana vista attraverso gli occhi di due ragazzi che aspettano la fine della guerra è ridotta in un grido di liberazione, un Arriva la libertà pieno di speranze. Un grido che dà il titolo al racconto, un titolo bellissimo, una libertà che si aspetta, come qualcosa di palpabile, ricercato, agognato. E poi il presente, osservato con ironia e anche un po' di tristezza, preso in giro nel racconto La scimmia . Due coppie di italiani, ipocriti e qualunquisti, alle Mauritius gabbati da un indigeno furbo che giocherà con il loro senso di superiorità.



Un luogo esotico per parlare di personaggi italiani, vicini come vicini sono i personaggi degli altri racconti anche se inseriti i contesti lontani: Argentina, Brasile, Mauritius appunto. Tutti i personaggi non sono altro che forme, diverse o diversificate, dello Gnurri, anima di una Sicilia popolare e antica. Perché è proprio nella tradizione popolare, appenninica siciliana italiana, che Guccini trova il suo serbatoio letterario e immaginifico. Insieme naturalmente a quella gioia di scrivere impressa all'inizio del libro dai meravigliosi versi di di Wislawa Szymbroska: La gioia di scrivere. Il potere di perpetrare. La vendetta di una mano mortale.


Gentilmente ragalatomi da Tiziano.