00 25/07/2008 09:05
“Tutto è fantasia e nient’altro che fantasia. L’uomo, quando parla, mentisce, e quando parla a se stesso, ossia quando pensa, sapendo che pensa, mentisce. Non vi è altra verità che la vita fisiologica. Le parole, questo prodotto sociale, sono state fatte per poter mentire. Ho udito dire dal nostro filosofo che la verità è, come la parola, un prodotto sociale, ciò a cui tutti credono, e proprio perché vi credono, s’intendono. Uno dei prodotti sociali è la menzogna…”.
Sentendosi leccare la mano esclamò: “Ah, sei qui Orfeo? Tu, siccome non parli, non menti, e credo persino che non ti sbagli perché non mentisci a te stesso. Tuttavia, come animale domestico, avrai appreso qualcosa dall’uomo… Non facciamo che mentire e sentirci importanti. La parola fu fatta per esagerare ogni nostra sensazione ed impressione… Forse per crearla. La parola, e qualsiasi altro genere d’espressione convenzionale, come il bacio e l’abbraccio… Ciascuno non fa altro che rappresentare la sua parte. Tutti personaggi, tutti maschere, tutti comici! Nessuno soffre e gode ciò che dice ed esprime, ma piuttosto crede di godere o di soffrire; se non fosse così, non si potrebbe vivere. In fondo siamo tranquilli, come me ora, qui, mentre mi rappresento da solo la mia commedia, nello stesso tempo attore e spettatore. Soltanto il dolore fisico uccide. L’unica verità è l’uomo fisiologico, quello che non parla, quello che non mentisce”.


Nebbia di M. de Unamuno è un bel percorso letterario. Un cammino a spirale lo definirei, dall’esterno verso l’interno, per giungere al centro della vita e della morte.
Grande profondità esistenziale ha voluto rappresentare il filosofo scrittore lasciandoci in eredità una delle risposte più convincenti: la nebbia si dissipa con la morte.

Quanta paura abbiamo noi uomini di parlare della morte! Siamo nati in un’epoca in cui si mentisce sulle emozioni che il pensiero della non esistenza può scatenare.
E si finge, si è infedeli e ci si nasconde persino.

Finchè non cade l’ente finzione che ci vuole spogli, esseri fisiologici con un corpo finito.

Eppure c’è un senso di infinito in questa opera letteraria, quella creazione che la potente mano dello scrittore/filosofo ha reso immortale. Un Augusto Pérez “ricordo”.

La nebbia si dissipa e il pensiero cade, eppure Augusto Pérez è reso immortale dalla raffigurazione della sua esistenza. E reinventa un Unamuno prima creatore e poi mortale, un rimando alla esistenza/non esistenza che fa di lui un altro Augusto Pérez che è destinato a vivere nella nebbia per poi morire.

Orfeo, nome con simbologia che dà al cane del protagonista, impersonerà alla fine dell’opera il senso della morte limpida e benaccetta: dopo una vita senza menzogne si muore per fedeltà al proprio padrone.
Quel sacrificio che il Sig. Miguel de Unamuno ha chiesto al suo personaggio.

Grazie Sergio per avermi donato questo bellissimo libro.