00 07/09/2007 16:38
Calascio e Santo Stefano sono felici delle nostre dimenticanze.
Ragazzini che giocano e improvvisano il proprio giardino sulla strada; piazzette dove leggi in silenzio il Centro, dove alle 21 di sera il rintocco di una campana e' l'unico suono.
I bagliori delle tv, quei azzurrognoli bagliori che s'intravvedono dai vetri scuri, quelle porte socchiuse, quei gerani ai balconi, quei cani che gironzolano tranquilli per i vicoli.
Qualche passante , un'auto in lontananza, il frinire dei grilli, tutto e' ovattato in una sensazione di "casa".
La differenza mostruosa che si avverte in un paese d'Abruzzo ( o comunque in posti antichi) e' che il borgo non e' un insieme di case, ma e' gia' la casa vera e propria.
Non ha senso sapere a Santo Stefano il nome del vicoletto; non e' urgente dire quella casa o quell'altra ancora.
Santo Stefano e' una grande casa: abitare li' ( come li invidio) significa abitare ogni casa, ogni vicolo, ogni giardino; ogni differenza tra una e l'altra, cade, si annulla, non si avverte:il privato diventa comune, anzi, il privato diventa l'intimo dell'insieme.
Mi auguro che Santo Stefano tenga fuori dai coglioni tutto il resto.
[Modificato da sergio.T 07/09/2007 16:38]