Wlater Bonatti: La vicenda del K2

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sergio.T
00venerdì 25 settembre 2009 10:50
La vicenda del K2
« Quella notte sul K2, tra il 30 e il 31 luglio 1954, io dovevo morire. Il fatto che sia invece sopravvissuto è dipeso soltanto da me... »
(Walter Bonatti, Le mie montagne)
« Quello che riportai dal K2 fu soprattutto un grosso fardello di esperienze personali negative, direi fin troppo crude per i miei giovani anni. »
(Walter Bonatti, Le mie montagne)

Nello stesso anno è il più giovane partecipante (23 anni) alla spedizione italiana capitanata da Ardito Desio, che porterà Achille Compagnoni e Lino Lacedelli sulla cima del K2. Fu il principale artefice della conquista della vetta. Si sobbarcò infatti il compito più duro ai fini dell'impresa. Il giorno prima che Lacedelli e Compagnoni raggiungessero la vetta, Walter Bonatti scese dall'ottavo campo verso il settimo, per recuperare i trespoli di ossigeno lasciati lì la sera prima da altri compagni. Con questo carico sulle spalle, insieme all'hunza Mahdi, risalì fino all'ottavo campo e di lì, dopo un brevissima pausa ristoratrice, fino al nono campo che nel frattempo era stato allestito da Compagnoni e Lacedelli.

Costoro però, invece di allestire il campo dove era stato previsto la sera prima di comune accordo con Bonatti, lo fissarono circa 150 metri di dislivello più su, rendendo a Bonatti e Mahdi impossibile individuarli e raggiungerli col buio della notte. Nonostante tutto, i due riuscirono ad arrivare nei pressi del nono campo poco prima del tramonto, ma vennero abbandonati lì dai compagni Compagnoni e Lacedelli che invece di indicar loro la strada per la loro tenda si limitarono a suggerire da lontano di lasciare l'ossigeno e tornare indietro; cosa impossibile visto il buio che incombeva e l'enorme sforzo che già avevano sostenuto i due dalle prime ore del giorno. Bonatti e Mahdi si ritrovano così soli a dover affrontare una notte nella zona della morte con temperature stimate pari a -50° C, senza tenda, sacco a pelo o altro mezzo per potersi riparare
“Quella notte io dovevo morire” commenterà nei suoi scritti Walter Bonatti ripercorrendo la notte del 30 luglio 1954. Mahdi riporterà gravissime amputazioni per congelamento alle mani e ai piedi.

Bonatti rimase talmente deluso dall'atteggiamento dei suoi compagni che da allora predilesse imprese prevalentemente in solitaria. Altra delusione per l'uomo Bonatti venne dall'atteggiamento del capo spedizione, Ardito Desio, che si rifiutò sempre di andare in fondo all'accaduto dando solo la sua come unica verità circa la cronaca dell'impresa (tutti gli alpinisti della spedizione erano vincolati da un accordo che impediva loro di rilasciare qualsiasi dichiarazione per i successivi due anni). Per Bonatti vi era inoltre l'effettiva difficoltà di esprimersi e si dovette attendere la pubblicazione del suo libro "Le mie montagne" nel 1961 per conoscere la sua versione dei fatti e le impressioni che quella terribile prova aveva lasciato in lui.

A far luce sull'accaduto contribuì anche la vicenda legale scaturita da un articolo diffamatorio nel 1964 sulla Nuova Gazzetta del Popolo (vinta da Bonatti contro il giornalista Nino Giglio) [9] e poi, nel 1994, la scoperta da parte del dottor Robert Marshall (di Melbourne) della prima foto scattata in vetta al K2 (e mai pubblicata in Italia fino ad allora) e pubblicata sull'annuario svizzero "Berge der Welt" del 1955 (che mostra che le maschere dell'ossigeno erano state utilizzate fino in vetta e l'ossigeno non era finito a quota 8.400 come sostenevano le versioni ufficiali [10]).

Sempre del 1994 è poi la dichiarazione di Lino Lacedelli, intervistato da Roberto Mantovani per La rivista della Montagna (organo del CAI), su dove fosse stato piazzato il nono campo e perché: "Io volevo fermarmi prima, più in basso. Però Compagnoni non ne volle sapere" e aggiunge che quella di spostarsi più su della quota concordata con Bonatti "non fu una decisione saggia" [11]. Bonatti non ha mai chiesto gloria per sé o maggior considerazione per ciò che aveva fatto nella spedizione al K2, ma solo che fosse pubblicata tutta la verità su quella notte, anche perché la spedizione fu finanziata con soldi pubblici e pertanto agli italiani andava fornita la verità sull'impresa.

Si dovette attendere il 2004 perché il Club Alpino Italiano, a seguito delle risultanze della propria Commissione d'Inchiesta, facesse autocritica e riconoscesse ufficialmente la versione di Bonatti come l'unica vera e attendibile relativamente alla vicenda del K2 [12]. Ma la relazione conclusiva, che era stata richiesta nel 2004 a "tre saggi" (lo scrittore Fosco Maraini e i docenti universitari Alberto Monticone e Luigi Zanzi, incaricati dal CAI nel 2004 di analizzare in chiave storico-critica la relazione realizzata nel 1954 da Ardito Desio), trovò all'interno del CAI ancora una certa resistenza alla riscrittura di quelle pagine lontane.

Pertanto il documento conclusivo, che dava ragione a Bonatti sia su grandi questioni che su particolari apparentemente insignificanti ma in effetti indicativi su chi avesse detto la verità, restò per volere del presidente Annibale Salsa in un cassetto, in attesa che si calmassero le acque. Morto Ardito Desio nel 2001, restava solo la figlia di quest'ultimo a opporsi fieramente a una revisione. Finalmente nel 2007, il CAI prende la decisione di pubblicare i risultati del lavoro di quel comitato di "tre saggi", ormai lontano dai clamori delle polemiche. Così, a suggello della vicenda, nel mese di aprile 2008 è stata convalidata dal Club Alpino Italiano la versione di Bonatti, con la pubblicazione del libro K2. Una storia finita[13][14] dello scrittore Fosco Maraini, con la collaborazione dei docenti universitari Alberto Monticone e Luigi Zanzi. Con l'introduzione a cura del presidente generale del CAI, Annibale Salsa e i contribuiti di Zanzi, Camanni e Roberto Mantovani[15][16] viene così data pubblica informazione delle risultanze del lavoro dei "tre saggi" del CAI che quindi diventa l'unica versione ufficiale della spedizione e conclude l'intera vicenda a 54 anni di distanza.

E dopo il Club Alpino Italiano, anche la Società Geografica Italiana mette la parola fine alla vicenda risalente al 1954 e chiarisce il ruolo di Bonatti nel raggiungimento della vetta. L'incontro organizzato nel dicembre 2008 a Villa Celimontana, Roma, sede storica della Società - di cui lo stesso capospedizione Ardito Desio fu socio tra i più autorevoli per quasi ottant'anni e fu insignito della medaglia d'oro proprio per la spedizione al K2 - volto a riscrivere il capitolo definitivo di tale storia, riunisce Annibale Salsa (presidente del CAI), Franco Salvatori (presidente della Società Geografica Italiana), Claudio Smiraglia (presidente del Comitato Glaciologico Italiano, già allievo di Ardito Desio), Agostino Da Polenza (organizzatore della spedizione al K2 del cinquantenario) e Roberto Mantovani (storico della montagna). Giunge così la validazione della tesi di Bonatti anche dalla Società Geografica Italiana, con grande onestà intellettuale, tradizionalmente l'ambiente che era stato più vicino a Desio[17].

Walter Bonatti, che da allora si batte per vedere riconosciuti i propri meriti, contattato dalla Società Geografica Italiana che gli annuncia l'intenzione di prendere atto della revisione, si dice soddisfatto. Ci sono voluti un capitolo del suo primo libro e ben cinque altri pamphlet, usciti tra il 1985 e il 2004. Così scrive alla Società Geografica Italiana, ringraziando: "A cinquantatrè anni dalla conquista del K2, sono state finalmente ripudiate le falsità e le scorrettezze contenute nei punti cruciali della versione ufficiale del capospedizione prof. Ardito Desio. Si è così ristabilita, in tutta la sua totalità, la vera storia dell'accaduto in quell'impresa nei giorni della vittoria... Si è (...) dato completa verità e dovuta dignità al grande successo italiano, una affermazione che ha saputo risvegliare, dopo gli anni bui, il vanto e l'orgoglio di tutti noi."
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