Truman Capote

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sergio.T
00martedì 7 luglio 2009 11:24
Figlio di Archulus Persons e Lillie Mae, Truman Steckfus Persons nacque a New Orleans il 30 settembre 1924. Dopo il divorzio dei genitori, dall'età di sei anni, crebbe a Monroeville, in Alabama presso dei parenti. La madre gli faceva occasionalmente visita e lo portava con sé durante gli incontri con i suoi amanti, chiudendolo a chiave al buio in una stanza d'albergo. Il padre, uno sconclusionato sempre alla ricerca di una facile ricchezza, si eclissò e fece la sua ricomparsa solo molti anni dopo, quando Truman era già lo scrittore più famoso degli Stati Uniti, chiedendo soldi e regali. Il piccolo Truman visse una terribile infanzia, con l'unico conforto dell'affetto della cugina Sook e dell'amica del cuore Harper Lee, che diventerà famosa con la pubblicazione del libro "Il buio oltre la siepe" (To kill a mockingbird), vincitore del Premio Pulitzer, romanzo in cui appare un ritratto di Truman nel bambino Dill.

Studente molto dotato, Truman venne sistematicamente isolato e deriso a causa dei suoi modi effeminati e della sua prorompente fantasia, caratteristiche certamente poco apprezzate in uno stato del sud, con l'unica eccezione della sua insegnante di inglese del college. Leggeva qualsiasi cosa gli capitasse tra le mani e all'età di dodici anni aveva già una conoscenza letteraria degna di un adulto colto, vincendo tutti i premi letterari scolastici esistenti.

Trasferitosi a New York con il secondo matrimonio della madre, che disprezzava apertamente, e assunto per dispetto il cognome del patrigno, Joe Capote, Truman si impiegò come fattorino presso la nota rivista letteraria New Yorker pur di cominciare a frequentare il mondo del giornalismo. Presentatosi ad un convegno come inviato della rivista (della quale in realtà era solo uno dei fattorini), provocò involontariamente l'ira del famoso poeta Robert Frost, che protestando con il direttore del New Yorker fece licenziare in tronco Truman.

Pubblicò alcuni racconti su Harper's Bazaar e cominciò a scrivere per il Southern Gothic Novelist che contribuì a costruirne il mito, alimentando la sua fama di personaggio contemporaneamente piacevole e arrogante.

Il racconto Miriam, pubblicato su una rivista femminile, gli decretò un insperato ed eclatante successo. Da allora iniziò a frequentare i salotti mondani di New York, vestendo i panni dell'intellettuale dandy e divenendo ben presto amico di personalità come Jackie Kennedy, Humphrey Bogart, Ronald Reagan, Andy Warhol, Tennessee Williams e molti altri. Un carattere difficile ed irriverente aggravato, agli occhi della società, da una mai nascosta omosessualità, lo condussero lungo tutta la vita sempre ai limiti dell'eccesso.

A imporlo definitivamente come scrittore fu il primo romanzo, Altre voci, altre stanze (1948), storia gotica sull'ambiguità descritta da Capote come "tentativo di esorcizzare i demoni" e successivamente Colazione da Tiffany.

Truman Capote in una fotografia del 1959Nel 1954 scrisse assieme al musicista Arold Harlen la sceneggiatura ed i testi delle canzoni per il musical House of Flowers.

Un fatto di cronaca nera, l'assassinio di un'intera famiglia avvenuto nelle campagne del Kansas lo colpì tanto da spingerlo a fare lunghe ricerche e a lavorare per sei anni alla più celebre delle sue opere, A sangue freddo (1966), uscita a puntate sul "New Yorker". Il romanzo fu, nelle intenzioni dell'autore, il capostipite di un nuovo genere letterario, il "romanzo verità", e la sua stesura scosse Truman Capote al punto da fargli dire che "nella mia vita nulla sarà più come prima". In una famosa intervista successiva, Capote affermò che in uno dei due giovani assassini protagonisti del fatto egli aveva intravisto chi sarebbe stato se non avesse intrapreso una vita diversa, uscendo dalla propria triste infanzia dalla porta principale piuttosto che da quella sul retro, come invece accadde per il protagonista del romanzo, accomunato allo scrittore da molti aspetti, la madre alcolizzata, il padre assente, la solitudine, l'abbandono affettivo e il disprezzo della gente.

Il ballo in maschera al Plaza Hotel, il "Ballo in Bianco e Nero", con cui Capote festeggiò l'ultima puntata del romanzo, venne riportato in prima pagina da tutti i giornali e divenne subito un evento - icona; per diverso tempo lo scrittore tenne banco sulle prime pagine dei quotidiani, fianco a fianco agli articoli sui summit Usa-Urss e alle principali notizie di cronaca mondiale.

Nel 1971 il poeta Kenwald Elmslie e il musicista Claibe Richardson sceneggiarono il romanzo autobiografico The Grass Harp in un musical, riscuotendo un magro successo.

Per anni lavorò ad un nuovo romanzo, Preghiere esaudite, che resterà incompiuto: nell'intento dell'autore esso avrebbe dovuto condensare tutto ciò che Capote aveva osservato vivendo a contatto col jet set.

Se A sangue freddo resta l'opera più nota di Capote, Preghiere esaudite ne rappresenta significativamente la parabola discendente. Concepito come un'opera di ispirazione proustiana, un grande affresco del "regno del nulla" rappresentato dalle vicende meschine e fin troppo umane dei divi del jet set newyorkese, in realtà il romanzo costò a Truman l'amicizia di tutti i suoi ricchi amici, eccetto pochissime eccezioni. Da quel momento Capote scivolò in una spirale senza via d'uscita di alcolismo e tossicodipendenza.

"Sono un alcolizzato. Sono un tossicomane. Sono un omosessuale. Sono un genio." Così titolava un giornale di New York di quel periodo, pubblicizzando un'intervista allo scrittore; la sua controversa figura è tuttora oggetto di discussioni e dibattiti, la sua esistenza estetizzante e distruttiva ne fa un Oscar Wilde contemporaneo o, come ha scritto James Michener: "Il Thomas Chatterton moderno: senza dubbio brillante, senza dubbio incandescente, senza dubbio maledetto".

L'ultimo periodo della sua vita fu contrassegnato da relazioni fallimentari con uomini che ebbero come unico fine il suo denaro; Truman, ormai intossicato dai sonniferi, sviluppò una grave forma di epilessia, che unita all'abuso di superalcolici ne compromise velocemente la salute. Ritiratosi dal bel mondo, rinnegato dai divi della high society, sfruttato dagli amanti e abbandonato da Jack, il compagno di sempre, Capote passò intere settimane a letto, a bere e dormire: in una di queste fasi di ritiro venne soccorso da due degli amici rimasti, che lo trovarono in stato di semi incoscienza, coperto di feci e bottiglie vuote di vodka.

Venne ricoverato varie volte in ospedale a New York e intraprese due percorsi di disintossicazione che non sortirono effetti apprezzabili a lungo termine.

Truman Capote morì per una cirosi epetica il 25 agosto 1984, mentre si trovava a Los Angeles, ospite della fedele amica Joanne Carson. "Mamma..." fu l'ultima parola che pronunciò prima di spirare.

sergio.T
00martedì 7 luglio 2009 11:25
A sangue freddo


Due giovani, Perry Edward Smith e Richard Eugene Hickock, usciti di carcere in libertà vigilata, fidandosi di una vaga informazione relativa all'esistenza di una cassaforte in casa di un agricoltore, si dirigono ad Holcomb, la città del Kansas dove questi vive con sua moglie e due figli. Nella notte, penetrati nella casa, dopo aver cercato invano il denaro, Smith ed Hickock uccidono l'intera famiglia per nulla. Inizia così la loro fuga mentre la polizia brancola nel buio, non trovando alcun movente al delitto. Ma un'informazione proveniente dal carcere mette la polizia stessa sulle tracce dei due che, catturati per il furto di un'automobile, dopo un lungo interrogatorio, confessano le loro colpe. Condannati a morte, dopo cinque anni di attesa per l'ultima sentenza dopo i ricorsi, vengono impiccati.

L'assassinio di un'intera famiglia in Kansas colpisce Capote tanto da spingerlo a fare lunghe ricerche che confluiranno nel più acclamato dei suoi libri, la cui uscita a puntate sul "New Yorker" è circondata da polemiche, che incidono parecchio sulla vita dell'autore.

Si tratta probabilmente del primo romanzo-reportage o romanzo-verità della storia della letteratura: affermando il valore preminente dell'imparzialità della cronaca e dell'oggettività dei fatti volle denunciare l'impotenza della forma romanzo a riflettere la realtà cruda e complessa della società americana contemporanea.

Il libro suscitò vive polemiche di carattere letterario ed etico-sociale: Capote fu accusato di una sorta di cinico voyeurismo, per come riporta, con un distacco oggettivo, un brutale e cruento fatto di cronaca nera.

Il ballo in maschera al Plaza Hotel con cui Capote decide di festeggiare l'ultima puntata, commentato in prima pagina da tutti i giornali, diventa subito un evento - icona e per diverso tempo lo scrittore è una presenza fissa sui rotocalchi e in televisione.

Il romanzo è stato scritto sulla scorta di una assidua frequentazione dei protagonisti reali della vicenda e segnò talmente l'esperienza artistica ed umana di Capote da rimanere l'ultima sua opera portata a termine.

Al romanzo di Capote sono ispirati i film A sangue freddo (1967) di Richard Brooks Truman Capote: A sangue freddo (2005) di Bennett Miller e Infamous - Una pessima reputazione (2006) di Douglas McGrath
sergio.T
00domenica 19 luglio 2009 15:57
Clutter memorial
HOLCOMB -- Community organizers who are putting together plans for the Clutter family memorial in Holcomb know where they want to put it --they also know what they want it to symbolize. They just don't know what it's going to look like yet.

Several area residents, many of whom went to school with the Clutter children, gathered Tuesday night in Holcomb Community Park.

After considerations about flooding, accessibility and visibility from Old U.S. Highway 50, which runs through town, the group settled on an area near the picnic shelters and between two large trees.

"It should be a relaxing place," said Bob Rupp, 65, who went to school with Nancy Clutter in 1959.

Rupp, who first approached the Holcomb City Council with the idea in July, said he has been getting calls from people from all over the world about a memorial for the family. The city agreed to donate a piece of the park for the memorial.

"I guess these things take time," said Dolores Hope, a longtime Garden City resident. Hope said she felt it was especially important to see the plans through because she didn't want memories of the slain family to disappear.

The 1959 murders of Herb and Bonnie Clutter, daughter, Nancy, 16, and son, Kenyon, 15, became legendary in part due to Truman Capote's book "In Cold Blood."

The family is survived by two immediate members, Beverly English and Eveanna Mosier. The committee hoped to consult them before making any final decisions.

The slight chill in the evening air did not keep organizers in the park too long -- the group gathered later that evening at the Rupp family home.

Over tea and coffee, organizers mulled over the design but could not come up with any concrete ideas. They decided that an artistic representation to celebrate the family's life rather than its death was in order.

Margaret Meyers, a professional storyteller from Garden City, said people would be more likely to get involved once they understood the meaning behind the memorial.

Patrick Garcia, a shop operations manager at the Ragel Monument Co., Garden City, advised the group and said the costs will depend on many factors. A large granite memorial, depending on its design and complexity, could cost up to $50,000.

Clifford Hope Jr. passed around a letter from author Nelle Harper Lee, a childhood and lifetime friend of Capote.

In her handwritten letter to Hope, the Pulitzer Prize winning author speculated that a memorial should have been built long before.

"You'd be surprised to know how one simple slat of wood can lay a family to rest," Lee wrote, in her letter dated July 14.

Organizers would like to dedicate the memorial by August of next year, to commemorate the 50th anniversary of the events.

sergio.T
00domenica 19 luglio 2009 17:23
Mi servirono cinque anni per scrivere A sangue freddo e uno per riprendermi, se posso dire di essermi ripreso.

T.Capote
sergio.T
00domenica 19 luglio 2009 17:28
Sintetici commenti
Quando parti' per il Kansas per seguire il caso Clutter, Capote non sapeva che andava incontro al suo libro definitivo, per lui e per milioni di lettori.


Capote: da un paesino del Kansas alle librerie di tutto il mondo.
sergio.T
00lunedì 20 luglio 2009 09:26
Dick e Perry entrano in scena alla 4 pagina come se nulla fosse.
Integrati nella storia ( la loro storia) senza nessuna presentazione, nessun prologo, nessuna attesa.

Lo splendore di questo romanzo e' l'immediatezza, il segreto dei grandi scrittori.

Capote fu travolto dalle polemiche su questo romanzo: non una parola di tenerezza per le vittime, non una di biasimo per gli assassini.
Oggettivita' da reportage allo stato puro.

sergio.T
00lunedì 20 luglio 2009 09:31
Cinque lunghi anni di interviste ossessive; conobbe i due omicidi e li frequento' in prigione; tenne una lunghissima corrispondenza con loro.
Fa effetto la foto di uno dei due killer con Capote stesso.
La domanda era semplice: come si puo' pensare di fare una cosa simile? e una volta fatta, la si puo' fare franca?
Da qui la ricerca esasperata: Capote ricorda moltissimo Dreiser e la sua Grace Brown nello splendido Una tragedia Americana.
I due scrittori , molto attenti alla cronaca nera, aprendo un giornale rimasero colpiti da questi due omicidi leggendari e decisero di dedicargli anni della loro opera.
Anzi, proprio per questo, questi omicidi sono diventati leggenda.
sergio.T
00lunedì 20 luglio 2009 09:39
Capote appartiene all'ultima schiera di scrittori che sentivano la loro opera non come prodotto ma come essenziale.
Dopo A sangue freddo ( per cui spese tutti gli introiti di Colazione al Tiffany) non riusci' piu' a scrivere un romanzo completo.
A sangue freddo non fu solo un libro, ma fu un'esperienza.
sergio.T
00lunedì 20 luglio 2009 09:46
Saltando fuori dal romanzo, i due killer vennero arrestati dalla Polizia federale. Naturalmente , dato il reato, le possibilita' di salvezza per i due erano al limite minimo: la condanna era inevitabilmente la pena capitale.
Capote incomincio' la sua oepra ingaggiando avvocati su avvocati per evitare la condanna o per posticiparla piu' in la' nel tempo.
Fu questo l'inizio di un dramma esistenziale personale: la scrittura di un libro "sentito" in collaborazione con gli omicidi stessi ( testimonianze personali) e il progetto egoistico di avere tempo a disposizione.

Sei anni dopo, nel 1965, la Corte federale sentenzio' la definitiva condanna alla pena capitale per impiccagione, mettendo fine una volta per tutte alla vicenda della famiglia Clutter.
Per Capote, pero', rimase indimenticabile quella sua esperienza.
sergio.T
00lunedì 20 luglio 2009 10:24
La violenza come espiazione del dolore dell'infanzia.
La scrittura come espiazione del dolore di un altra infanzia.
E' questo l'aspetto che accomuna Perry e Truman.
Lo scrittore americano se ne rese immediatamente conto.
Dedica decine di pagine alla ricostruzione dell'infanzia di Perry: madre alcolizzata, padre violento, famiglia disgregata.

Dunque la violenza di Perry sulla famiglia Clutter e' il conto che lui presenta alla societa'. Qualcuno deve pur pagare.
Ma qui si apre un baratro: se Perry presenta il conto, allora la stessa societa' avra' il diritto di presentare a sua volta il conto: la pena capitale.

Nel caso della scrittura? forse Capote presentera' a se stesso il conto morendo di alcolismo.
Si condanno' lui stesso?
sergio.T
00lunedì 20 luglio 2009 10:39
A volte, alla sera, Nancy invitava Bobby, il suo ragazzo, per guardare la TV assieme. Così avvenne anche quel sabato. Una delle abitudini inderogabili che la ragazza aveva prima di coricarsi, era quella di registrare sul suo diario alcuni fatti: " Venuta Jolene K. e le ho insegnato a fare la torta di ciliege. Mi sono esercitata con Roxie. Bobby qui e abbiamo guardato la TV. Andato via alle undici". Così scrisse, non prima di aver preso dall'armadio gli indumenti che avrebbe indossato l'indomani mattina per andare in chiesa: calze di nailon, scarpe nere, un abito di velluto a coste rosso, il più grazioso che aveva, fatto da lei stessa. L'abito con cui sarebbe stata seppellita

T.Capote
sergio.T
00martedì 21 luglio 2009 09:28
L'interrogatorio
Furono arrestati a Las Vegas: subito quattro agenti federali del Kansas si recarono nel Nevada per il trasferimento nella contea di giurisdizione.
Era la squadra che aveva seguito le indagini capitanata da Deway Al.
L'interrogarono immediatamente: due agenti per Dick, due per Perry.
Il capitolo dell'interrogatorio ( scritto in base alle testimonianze dirette degli agenti e del verbale) e' un pezzo di reportage letteratura affascinante.
L'interrogatorio duro' tre ore di filate: gli agenti decisero che l'aspetto psicologico era determinante per farli confessare.
L'interrogarono lasciandoli convinti che la loro cattura era dovuta allo spaccio di assegni a vuoto.
Non fecero mai il nome di Cuttler, non si riferirono mai alla vicenda dell'omicidio.
Dick era uno spavaldo, molto sicuro di se': resse l'interrogatorio con baldanza, ricostrui' tutti i loro ultimi 15 giorni, spiego' come aveva ideato la truffa degli assegni e quale ne era il motivo.
Alla fine era compiaciuto della sua relazione: credeva di avere recitato una parte perfetta.
Ma all'improvviso ( come una mannaia , disse un agente) calo' un silenzio: i due agenti federali sospesero le domande, aspettarono qualche decina di secondi fissando dritto Dick.
Poi uno dei due si alzo', giro' dietro la sedia dell'arrestato, appoggio' le sue mani sullo schienale e fece un cenno al collega.
Poi disse: " Immagino che tu ti renda conto che noi non abbiamo fatto tutta questa strada fin qui nel Nevada per due piccoli miserabili spacciatori di assegni a vuoto "
sergio.T
00martedì 21 luglio 2009 09:38
" Immagino che tu ti renda conto che noi non abbiamo fatto tutta questa strada fin qui nel Nevada per due piccoli miserabili spacciatori di assegni a vuoto "
Poi lo fissarono dritto in faccia e attesero.
Dick contorse la schiena ed il viso: " Un qualcosa gli passo' negli occhi, una sfumatura" e noi ce ne accorgemmo, riferi' uno degli agenti.

Il capitolo dell'interrogatorio merita di essere letto almeno due volte.
sergio.T
00martedì 21 luglio 2009 10:10
La confessione
"Io ero là. Ricordo che la stanza scoppiò. Divenne azzurrina. Esplose. Gesù, non ho mai capito come non abbiano sentito la detonazione nel raggio di trenta chilometri"

Comincia cosi' la confessione di Perry.
Un capitolo magistrale, superbo , perfetto.
Un delitto crudele ed efferato raccontato nei minimi particolari, in modo lucido, distaccato, come se fosse solo una storia inventata.
Gli ultimi momenti di vita della famiglia Clutter per singolo componente: il padre, la madre, il figlio e la figlia, furono uccisi con una fucilata in testa tranne il padre che mori' sgozzato.
E Perry racconta tutto in modo dettagliato.

Contraddizioni: tanta crudelta' per una rapina di 50 dollari ( fu il bottino) ma anche un cuscino messo sotto la testa del ragazzo per non farlo tossire.
O le coperte ripiegate su Nancy per farla stare al caldo.
Oppure il cartone steso sul pavimento per non fare sentire freddo al padre.
Atti di misericordia che la polizia federale al rinvenimento del plurimo omicido rilevo' immediatamente.

Infine: durante la rapina ( stettero nella casa un'ora e parlarono con le vittime) Dick decise di violentare la ragazza ma Perry intervenne duramente:" Se lo fai dovrai vedertela con me e sai che in questi casi mi scateno. Detesto i reati sessuali"
In seguito dira' durante gli interrogatori: era una ragazza davvero carina, simpatica. Mi racconto' molte cose della sua vita, i suoi hobby , i suoi piaceri. Parlammo persino di mia madre"
Ma prima di uscire dalla casa Clutter, entro' nella sua stanza e la uccise con una fucilata in testa.


sergio.T
00martedì 21 luglio 2009 10:12
La domanda banale ma anche piu' profonda di tutto il libro e': perche'?
come possono due uomini fare una cosa cosi' cruenta? perche' uccidere 4 persone senza la minima pieta' per 50 dollari?
E soprattutto: cosa fare in questo caso?

sergio.T
00martedì 21 luglio 2009 10:17
Nel Kansas vige una legge: in caso di ergastolo si puo', in certi casi, richiedre la liberta' sulla parola dopo 15/20 anni di galera.
Non sempre e' cosi' naturalmente, ma puo' capitare.

Il pubblico ministero:
Se chiederanno il processo con giuria , io chiedero' la pena capitale.
Se chiederanno che non ci sia giuria popolare ( e dunque automatico sconto di pena all'ergastolo) io chiedero' ancora la pena capitale.
Ad ogni modo chiedero' la pena di morte.
Non c'e' altro da fare in un caso simile perche' non vorrei che capitasse questo: che questi uomini un domani possano tornare in liberta'.
sergio.T
00martedì 21 luglio 2009 14:22
Il giudice. Strano: non si pensa mai alla tristezza delle vittime
Il giudice Tate fu nominato per il processo.
Un avvocato disse: " se fossi innocente vorrei questo giudice per primo, se fossi colpevole non lo vorrei nemmeno per ultimo"

Le avvisaglie si ebbero subito per la richiesta dell'infermita' mentale e per la eventuale perizia psichiatrica.
" Si possono nominare dei periti medici che definiscano la sanita' mentale degli imputati, ma non incominciamo a far venire gente che ci racconterebbe solo parole pensando solo alla triste realta' degli imputati. Strano: queste persone non pensano mai alla tristezza delle vittime"

Il giudice Tate rifiuto' anche la mozione della condizione psicologica della comunita'.
Nel giorno stesso del processo si apri', infatti, anche l'asta dei beni dei Clutter e secondo l'avvocato difensore questo poteva condizionare emotivamente la giuria.
Il giudice non accolse l'obiezione.

sergio.T
00martedì 21 luglio 2009 14:39
Questo e' uno dei principi basilari oramai dimenticati.
Bourget, in Europa, pressoche' nello stesso periodo (1900) scrisse: " Si finira' di pensare solo ai diritti dei criminali e non a quelli delle vittime"

Bisogna soffermarsi a lungo su queste parole.
E' radicalmente sbagliato liquidarle come banali o tacciarle immediatamente di essere pregne di una sorta di vendetta.
Queste parole , invece, richiamano alla responsabilita' di un individuo: alla sua, ed esclusivamente sua, responsabilita' di un omicidio. Nel caso Clutter, poi, multiplo ed efferato.

Se si legge ( traslandola in mille altre simili situazioni) la testimonianza di Perry sull'ora che passarono in quella casa; se si legge l'assoluta mancanza di pieta' per le vittime; infine se si legge - estraniandosi dal ruolo di lettore ma immaginando il non senso assoluto della tragedia - la successione esatta della fine violenta di 4 persone a causa di altre due e' naturale soffermarsi su queste parole.

Ci sono i diritti delle vittime: e' un principio innegabile che nessuna forma di garantismo, di perdono, di tolleranza potra' mai negare.
Ed e' da qui che bisognerebbe ricominciare a pensare anche alla responsabilita' di una collettivita' ( sociale) dinnanzi al suo compito di dovere giudicare un reato di simili proporzioni.
Ne va' della sua stessa esistenza.

sergio.T
00martedì 21 luglio 2009 14:45
Il compleanno di Nancy.
Ad un certo punto Dick disse che era d'accordo: domani si sarebbe potuto ricominciare l'interrogatorio. Ed allora un agente federale si alzo' e uscendo dalla camera si volto' e disse: " Si, domani. Domani quando Nancy avrebbe compiuto diciasette anni se tu non l'avessi ammazzata come hai fatto"

Dick passo' ore intere nei giorni seguenti pensando se era vero quanto l'agente federale gli aveva detto.

sergio.T
00mercoledì 22 luglio 2009 09:34
Si o no
In Kansas e in generale negli Usa vige una legge di nome M'Naghten.
E' una legge particolare delle definizioni consuete.
In un processo o in un interrogatorio per ovviare al problema delle risposte evasive, delle mille parole, delle risposte che non dicono niente o peggio ancora imbrogliano la situazione, l'imputato deve rispondere soltanto si o no.
All'imputato , dunque, si ingiunge di rispondere o si o no senza aggiungere altra parola.
Questo vale anche per qualsiasi testimone.
Nel caso Clutter , i periti medici che dovevano definire l'infermita' mentale o una patologia psichiatrica, dal giudice Tate si sentirono ingiungere la domanda " L'imputato da lei visitato e' incapace di volere ed intendere? risponda , in base alla legge M'Naghten, o si o no"
sergio.T
00mercoledì 22 luglio 2009 09:41
Incapaci di intendere e volere
Il Giudice: " Se un individuo racconta e ricorda quello che ha fatto in passato e' da ritenersi capace di intendere e volere.
I due imputati hanno confessato e raccontato quella notte con dovizia di particolari, cosa che non avrebbero potuto fare se non intendessero la loro azione o non ne fossero stati consapevoli"
sergio.T
00mercoledì 22 luglio 2009 09:46
Cosa intendete fare con due cosi'?
Dick e Perry ressero il processo abbastanza bene. Non diedero mai impressione di perdere o la calma, o un atteggiamento distaccato.
Non diedero mai nemmeno l'idea di un pentimento o di una presa di coscienza.
Nell'arringa finale la difesa si appello' al perdono cristiano, all'inutilita' della pena di morte, alla barbaria di una condanna definitiva. Si appello' all'ergastolo come massima pena.
L'accusa, invece, esordi' cosi' " giurati cosa intendete fare con due cosi'? Forse condannarli all'ergastolo? forse vederli tra dieci venti , trenta anni ancora in liberta' sulla parola? Giurati, cosa intendete fare con due cosi'?"
sergio.T
00mercoledì 22 luglio 2009 09:59
Molte volte discutendo con Julia su alcuni fatti le ho detto: cosa dobbiamo fare con un tipo cosi'?
Ora mi accorgo che 50 anni fa, piu' o meno, una domanda cosi' semplice nella sua logica fu detta in un tribunale per un caso di omicidio. " Cosa intendete fare con due cosi?"
Detta da un avvocato ad una giuria: non in un discorso da spiaggia.

La domanda, infatti, e' lecita ed onesta.
Cosa dobbiamo fare con due tipi cosi?
Due tipi con precedenti penali
gia' detenuti per reati minori
che decidono di fare una rapina
che si armano di fucile e coltelli
che di notte sequestrano una famiglia
che per primo sgozzano, senza motivo alcuno, un uomo, il Sig Clutter.
che sparano ad un ragazzo di 14 anni in testa
che fucilano una ragazza di 17 anni
ed infine sparano in faccia alla madre.
Rubano 50 dollari.

Scappano e dopo un'ora ne parlano ridendo e divertiti.
Se ne vanno in Messico a fare la bella vita.
Tentano un altro omicidio per rapina.

Vengono arrestati.
Non una parola di perdono.
Non una di pentimento.
Sempre un atteggiamento fiero ed indomito.
Non chiedono scusa.
Anzi: si sentono perseguitati.

Beh, che fare con due tipi cosi?
sergio.T
00mercoledì 22 luglio 2009 10:27
Non si puo' trascurare.
Naturalmente c'e' il risvolto: la vita di Dick e soprattutto Perry.
Famiglia disgregata, genitori separati, suicidi familiari, moglie alcolizzata, violenze subite, asocialita' con gruppi, estraneita' ad ogni tipo di attivita' culturale, poverta', indigenza, mancanza di ogni stabilita' emotiva.
Perry disse: " I Clutter non mi avevano fatto mai del male. Il sig Clutter, addirittura per quel poco che l'ho conosciuto in quell'ora , mi era persino simpatico. Non volevo fargli del male fino al momento che l'ho ucciso. Non so nemmeno io il perche'.
Probabilmente i Clutter dovevano pagarla per tutti gli altri"

sergio.T
00mercoledì 22 luglio 2009 11:34
Sono contrario alla pena di morte, lo sono sempre stato e lo ribadisco: contrario.
Contrario per un insieme di cose: per la sua durezza, per la sua barbaria, per la sua inefficacia, per come me la immagino.
Basta pensare alla sua esecuzione: qualcosa di allucinante, di disumano, di amorale, di contrario ad ogni rispetto per la vita umana.
Impiccagione, sedia elettrica, fucilazione, decapitazione: qualsiasi pena di morte non puo' trovare residenza in una societa' civile.

Naturalmente ci sono altre considerazioni da fare: in casi estremi, in condizioni particolari ( come la guerra) ci possono essere leggi speciali, marziali, delle deroghe insomma. Ma questo non riguarda il decorso normale di un paese civile in tempo di pace.
Almeno questa e' la mia opinione: la pena di morte e' a sua volta un reato.

Ma allora che fare? leggendo Capote viene spontaneo chiedersi cosa fare quando un reato efferato fuoriesce da ogni razionalita'.
Dick e Perry, ovviamente, non meritavano piu' nessun diritto civile e sociale.
Le leggi americane dell'epoca ( poi furono inasprite) constatavano la possibilita' per un ergastolano di richiedere la liberta' sulla parola dopo soli 20 anni.( a volte naturalmente veniva rifiutata)
King, in questo caso, direbbe: c'e' qualcosa di sbagliato come ha tante volte detto narrando di alcune situazioni nei suoi romanzi.
Nel caso di Dick e Perry , l'eventualita' anche remota di una futura liberta' sarebbe stata qualcosa di sbagliato, infatti.

In un tema cosi' complesso ( si potrebbe partire per la tangente in discorsi infinitamente lunghi su sociologia ecc.ecc) rimango dell'opinione che la pena massima sia l'ergastolo. Pena massima giuridicamente ma anche eticamente.
Un ergastolo che sia un ergastolo nel vero senso della parola.
Mai piu' libero.

Se questo non collima con un ideale di giustizia perfetta poco conta a pensarci bene: rimane ad ogni modo, la misura che piu' si avvicina ad una mediazione tra la legittimita' della pena e la salvaguardia della vita dell'imputato in barba agli estremi opposti: la pena di morte appunto, o viveversa, pene irrisorie (qualche anno) per omicidi di primo grado.

La lettura di Capote ( che simpatizza per Perry) spinge il lettore davanti a questo quesito: siamo sicuri che si possa davvero raggiungere la giustizia perfetta? o forse, in ogni sentenza dalla piu' dura alla piu' morbida qualcuno ci deve rimettere per forza?

I criminali Perry e Dick e la famiglia Clutter trucidata.
E' piu' onesto dire che e' difficile avere le idee chiare se non ci si immola ad un ideale che forse non esiste. Sia duro che tollerante.
sergio.T
00mercoledì 22 luglio 2009 11:42
Un esempio.
Ho visto la sequenza fotografica dell'uccisione di quel turista ad Istanbul.
Allucinante.
Ora se mi dovessero dire che questo omicida fosse condannato a morte
non sarei d'accordo.
Pero' se mi dovessero dire che quell'omicida in base all'attenuante generica, il patteggiamento, il comma della legge..., lo sconto di pena, l'attenuante specifica, la confessione, il pentimento sarebbe condannato a 13 anni che so io, allora non direi niente, nemmeno una parola.
Allargherei le braccia e me ne andrei.
sergio.T
00mercoledì 22 luglio 2009 14:21
L'ho finito. Un capolavoro.
Non credevo che questa opera di Capote fosse cosi' intensamente forte.

L'ultimo capitolo, quello dell'esecuzione, e' una lettura drammatica.
Pur non rimangiando nulla di quello che per giustiza e' giusto che aspetti ai due imputati, in quella Forca nell'Angolo, in quel capannone in disuso pieno di rottami, poco illuminato, c'e' qualcosa che non torna.

E le ultime righe:quell'andare dell'Agente Federale Deway per quel cimitero; quel ritrovare delle tombe con i nomi dei Clutter; quel sapere che Robb, il fidanzato di Nancy, si e' nel frattempo sposato con un altra fidanzata; quel sapere che lo stesso Tate, il giudice, e' morto di polmonite; quel sapere che la vita continua; tutto questo sapere aprirebbe un discorso talmente profondo e lontano che ci porterebbe distanti dal discorso della giustizia terrena e giuridica.
Ci porterebbe a dire, forse, che la giustizia e' un pregiudizio necessario?

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