L'individualismo in Stendhal ( da Punto Cle )
Henri Beyle, detto STENDHAL (1783-1842) dopo essere stato soldato nelle armate napoleoniche fino al 1814, vive a Milano fino al 1821 poi ritorna a Parigi. Sotto la Monarchia di Luglio ottiene un posto di console a Trieste. Le sue idee liberali lo fanno sospettare di Carbonarismo per questo viene mandato a Civitavecchia negli Stati Pontifici. Questo soggiorno lo annoia e ne approfitta per percorrere l’ Italia. Ottiene una licenza nel 1836, conduce una vita mondana a Parigi, poi viaggia in Francia e redige le Mémoires d’ un touriste (1838), a Parigi scrive La Chartreuse de Parme così come una serie di avventure tragiche Les croniques italiennes (1839) ma deve ritornare a Civitavecchia, ottiene un nuovo permesso nel 1841 e muore a Parigi per un colpo apopletico nell’ anno seguente.
L’ individualità di Stendhal domina la sua opera come stanno a testimoniarlo i suoi romanzi, i suoi racconti di carattere biografico o le sue note di viaggiatore. Egli trasforma questo bisogno di parlare di se non solo in una visione del mondo, ma anche in un principio di scrittura.
Le Souvenirs d’ égotisme saranno pubblicati solo nel 1890. S. vi racconta la sua vita parigina degli anni 1821-1830. Si tratta di un racconto molto naturale e franco ella sua storia indirizzato a un lettore- amico capace di apprezzarlo. L’ autore si rende conto delle debolezze del culto sistematico dell’ io e evidenzia le debolezze dello stesso io e del suo idealismo indistruttibile.
La Vie d’ Henry Brulard terminata nel 1836 e pubblicata nel 1890, risale nel tempo e tratta dei primi anni della sua infanzia, la prima parte è di una ferocia inaudita poiché Stendhal rimprovera a suo padre la perdita di sua madre morta di parto per la scelta di un cattivo medico. Il bambino aveva votato un culto a sua madre così si scaglia contro suo padre e contro tutti i valori che rappresentano borghesia e regalità e soprattutto contro la sua città natale Grenoble come rivincita glorifica l’ Italia, dove ha scoperto un lontano antenato della famiglia di sua madre.
Sulle tracce di Promenades dans Rome pubblica le Mémoires d’ un touriste che non è una guida di viaggio, ma una successione di sentimenti e di reazioni personali di fronte ai monumenti, ai costumi e alle mentalità delle regioni percorse.
La trama di Le Rouge et le Noir (1830) si svolge al tempo della restaurazione in Francia. La preoccupazione della testimonianza storica lega il romanzo all’ attualità come appare dal sottotitolo: “Chronique de 1830”. Il romanzo si divide in due quadri successivi. La prima parte si svolge a Verrières, cittadina della Franche- Comté, nel 1825. M. de Rênal, sindaco della città sceglie come precettore per i suoi figli Julien Sorel, di origine contadina. Quest’ ultimo seduce sua moglie, della quale si innamora perdutamente ricambiato con passione. M. de Renal scopre il tradimento e fa allontanare Julien dalla città. Il giovane riesce a entrare in seminario a Parigi dove ottiene la fiducia dell’ abate Pirard, il suo superiore, che gli trova un posto di segretario presso un monarchico ultrà, il marchese de la Môle, a Parigi. La seconda parte si svolge nell’ ambiente dell’ aristocrazia parigina, presso il marchese dove Julien seduce sua figlia Mathilde, dalla quale ha un bambino. Il padre promette di dare un titolo a Julien affinché possa sposarsi con sua figlia. Ma Mme de Rênal denuncia al marchese le manovre segrete di Julien, ancora a lei legato. Il giovane, pazzo di rabbia, ritorna a Verrières e spara su Mme. de Rênal durante una messa. Muore sul patibolo dopo aver vissuto qualche momento di felicità con Mme. de Rênal, che ottiene il permesso di venire a visitarlo nella sua prigione e che egli non ha mai cessato di amare. Il romanzo è ispirato ad un fatto di cronaca realmente accaduto riportato dalla «Gazette des Tribunaux» (28-31 dicembre 1827) e concerne un certo Berthet, seminarista di origine contadina, che aveva sparato in una chiesa su una donna sposata di cui era stato l’ amante, dopo essere stato precettore dei suoi figli. Anch’ egli fu condannato al patibolo. Stendhal supera il fatto di cronaca e lo trasforma in un simbolo che ritroviamo nel titolo del romanzo. Il Rosso ci ricorda che, sotto l’ Impero, i giovani potevano lanciarsi nella gloriosa carriera delle armi; evoca la nostalgia dei tempi eroici provata da Julien Sorel per il quale Napoleone è un dio. Il Rosso raffigura anche gli antichi valori dell’ azione, del merito e del coraggio. Il Nero all’ opposto, rappresenta la sola carriera possibile sotto la restaurazione: la carriera ecclesiastica: bisogna rinunciare alla felicità dell’ azione, il coraggio è diventato inutile, sostituito da un’ indispensabile ipocrisia; invece di condurre degli eserciti il giovane deve imparare a contenersi per poter diventare vescovo, che è la mira più alta. Questo contrasto ha forgiato il personaggio di Julien, giovane ambizioso che riesce ad ottenere il successo grazie all’ amore di Mathilde, utilizzato come un mezzo. In lui si incarna la disperazione dell’ “enfant du siècle”, nostalgico dell’ epopea napoleonica, al quale si aggiunge la disperazione del giovane povero odiato dalla sua famiglia. Julien è solo e la sua solitudine, trasformata in attitudine eroica, gli permette di realizzarsi a Parigi: lo condanna soltanto il suo gesto finale, cioè il colpo di rivoltella. L’ io stendhaliano, in rivolta contro tutte le forme di dipendenza inerenti alla vita sociale si incarna in questo eroe dall’ orgoglio idealista. Nel capitolo decimo della prima parte Julien, in piedi su una roccia, nei boschi che conducono da Vergy a Verrières, contempla il paesaggio: «les cigales chantaient dans le champ au dessous du rocher, quand elles se taisaient tout était silence autour de lui, il voyait à ses pieds vingt lieues de pays. Quelque épervier parti des grandes roches au-dessus de sa tête était aperçu par lui, de temps à autre, décrivant un silence ses cercles immenses. L’ oeil de Julien suivait machinalement l’ oiseau de proie. Ses mouvements tranquilles et puissants le frappaient, il enviait cette force, il enviait cet isolement.
C’ était la destinée de Napoléon, serait-ce un jour la sienne?»
Il riferimento al suo idolo rinvia a quel culto dell’ energia che è particolare dell’ eroe stendhaliano. Julien si ritrova alla fine solo contro la società che lo condanna e rivendica con orgoglio il suo diritto durante il processo: «Messieurs, je n’ ai point l’ honneur d’ appartenir à votre classe, vous voyez en moi un paysan qui s’est révolté contre la bassesse de sa fortune. Je ne me fais point illusion,... la mort m’ attend : elle sera juste... mon crime est atroce et il fut prémédité... mais quand je serais moins coupable, je vois des hommes qui, sans s’ arrêter à ce que ma jeunesse peut mériter de pitié, voudront punir en moi et décourager à jamais cette classe de jeunes gens qui, nés dans classe inférieure et en quelque sorte opprimes par la pauvreté, ont le bonheur de se procurer une bonne éducation et l’ audace de se mêler à ce que l’ orgueil des gens riches appelle la société».
Questo atteggiamento provocatorio che mette in rilievo la lucidità e la rivolta conferisce un carattere sociale al delitto passionale e pone l’interrogativo di sapere come l’ individuo può valere qualche cosa in un mondo dominato dall’ ipocrisia. Nell’ universo mediocre del regime legittimista regnano la meschinità e la noia. Il che spiega come la felicità non possa trovarsi che al margine di questa società, nel luogo simbolico della prigione, una volta annientata ogni ambizione. É paradossalmente l’ amore che rivela l’ eroe a se stesso. Questo sentimento appare come il solo valore in questo mondo, il valore assoluto che, una volta riconosciuto, permette a Julien di accettare la morte.
In De l’ amour (1823) Stendhal aveva descritto questo sentimento in tutte le particolarità delle sue manifestazioni. L’ amore, oggetto di culto, era studiato nella sua nascita e nel suo sviluppo:” La cristallisation: questo atto dell’ immaginazione, presenta all’ amante le imperfezioni dell’ oggetto amato, poi gli fa conoscere i tormenti del dubbio della gelosia. Questo testo fondamentale chiarisce il concetto stendhaliano dell’ amore che è il solo suscettibile di procurare all’ Io una felicità assoluta.
In un altro romanzo Armance (1827) l’ autore propone una dura illustrazione di questa idea. Octave de Malivert ha la grande gioia di amare in Armance un’ essere al di sopra dell’ umanità ma, afflitto dall’ impotenza fisica, è condannato all’ estrema infelicità. La tragica fine dei due personaggi dimostra il declino dei valori aristocratici dell’energia e dell’eroismo nel mondo contemporaneo, la fine delle speranze liberali e soprattutto l’ impossibilità della felicità.
Ottavio muore sulle rive della Grecia che sta tentando la sua liberazione; Armance si rifugia in un convento.
In Lucien Leuwen (1834) Stendhal narra la storia di un giovane repubblicano scacciato dalla scuola politecnica per le sue opinioni politiche. Suo padre, ricco banchiere, lo fa nominare sottotenente in un reggimento di lancieri a Nancy. Lucien frequenta la società legittimista provinciale dove perde un po’ alla volta le sue illusioni e si annoia. Si innamora di una giovane vedova, ma sospetta che sia incinta per opera di un rivale e parte per Parigi. Qui ottiene un posto al ministero dell’Interno. Alla morte di suo padre parte per Roma come diplomatico. Il racconto è rimasto incompiuto e questo romanzo di costumi che descrive le tappe percorse da un giovane alla ricerca di un mestiere onesto per servire lo Stato, ritroviamo il tono proprio di Stendhal, la sua franchezza di carattere, e l’imprudenza della sua giovinezza.
La Chartreuse de Parme (1839) ci conduce in Italia poiché, in quest’epoca, lo scrittore pubblica quelle che sono poi state definite Chroniques italiennes (1837-1839) scritte nella tradizione delle storie tragiche di Mandello, situate nell’Italia del Cinquecento e del Settecento, questi racconti sono attraversati da passioni sanguinose, atti eroici, delitti atroci legati alla cronaca giudiziaria. Le eroine di queste novelle sono dure, orgogliose e si nutrono di passioni esclusive.
La Chartreuse fu redatta in 55 giorni dopo la lettura di un’antica cronaca del Cinquecento che raccontava la giovinezza di Alessandro Farnese, il futuro papa Paolo III. Stendhal crea una trasposizione storica nel mondo contemporaneo poiché la storia inizia durante l’occupazione straniera del Piemonte.
Fabrice del Dongo, entusiasta di Napoleone che ha dotato gli Italiani di una patria, raggiunge l’esercito per assistere alla disfatta di Waterloo. Subito dopo si reca a Milano dov’è sospettato di liberalismo e viene salvato da sua zia, la duchessa Sanseverina, che lo ama senza confessarselo. Sarà spinto dal conte Mosca, amante della zia, verso la carriera ecclesiastica. Ma Fabrice, vittima dei nemici di Mosca, viene arrestato, poi imprigionato nella torre Farnese di Parma. Dalla sua prigione vede Clelia Conti, la figlia del governatore della torre e se ne innamora. La Sanseverina favorisce la sua evasione ed egli diventa predicatore. Ritrova Clelia che aveva fatto voto alla Madonna di non rivederlo più se si fosse salvato, si amano segretamente, ma il loro figlio Sandrino muore, seguito da sua madre, che vede in questa morte una punizione del cielo. Fabrice si ritira nella Certosa di Parma dove non tarderà a morire. La Sanseverina non riesce a sopravvivergli.
In questo romanzo, ricco di fatti e di sensazioni, gli intrighi politici, la guerra si incrociano con degli slanci poetici e dei momenti di pura grazia. È anche un romanzo di avventure e nello stesso tempo un romanzo storico. In rapporto al Rouge, romanzo della rivolta, La Chartreuse pare un romanzo più sereno. Non manca certo la satira politica e sociale, Stendhal presta una particolare attenzione ai contrasti fra l’Italia felice per il carattere dei suoi abitanti e l’Italia politicamente asservita, esalta Napoleone e Parma costituisce un quadro in miniatura delle lotte e delle ipocrisie di Corte.
S. elabora qui un’estetica della grazia e della sfumatura. Il racconto si svolge secondo un progresso cronologico in un’unità musicale, che emerge insieme in una poesia diffusa come lo si vede per esempio quando Fabrizio gusta la dolcezza della prigionia: «Il y avait lune ce jour là et au moment où Fabrice entrait dans sa prison elle se levait majestueusement à l’horizon à droite, au-dessus de la chaîne des Alpes vers Trévise. ....Sans songer autrement à son mallheur Fabrice fut ému et ravi par ce spectacle sublime».
La «chasse au bonheur», che determina una filosofia della vita e una morale specifiche obbliga, da parte dello scrittore, un atteggiamento personale nei confronti della poetica : si tratta di raggiungere attraverso la scrittura romantica, in presenza di una realtà deludente, una forma di salvezza interiore tramite il sublime. L’eroe stendhaliano cerca di approfittare dell’istante che passa e di attingervi tutte le gioie possibili, così come accade quando Fabrice ascolta rapito il suono delle campane sul Lago di Como che gli suggeriscono di godere intensamente questo momento felice.
La scrittura di Stendhal opera un superamento del reale e il narratore onnisciente non primeggia nei suoi romanzi. Il romanziere preferisce moltiplicare i punti di vista e le restrizioni del campo visivo, piuttosto che dare delle cose e degli eventi una vista panoramica. I personaggi non sono ritratti nei loro particolari, ma costruiti poco a poco attraverso la molteplicità degli sguardi portati su di loro dagli altri. Le descrizioni dei paesaggi sono nella maggior parte soltanto abbozzati. Stendhal si propone di coniugare realtà e patetico, bellezza ed emozione, senza accontentarsi di trascrivere aridamente la realtà. La misura del reale si identifica in effetti con il sublime, poiché quello che interessa l’autore è la morale degli eroi che appaiono come grandi anime solitarie. Così due elementi coesistono in Stendhal: la parola sublime, asociale, quella degli eroi, la parola allegra, sociale, derivata dalla satira dove si esercitano i suoi doni di drammaturgo comico.