Prosper Merimee'

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
sergio.T
00venerdì 9 ottobre 2009 15:30
Prosper Mérimée (Parigi, 28 settembre 1803 – Cannes, 23 settembre 1870) è stato uno scrittore, storico e archeologo francese.

Mérimée amava il misticismo, la storia e l'inconsueto e fu influenzato dai romanzi di Sir Walter Scott, dalla crudezza e dai drammi psicologici di Alexander Pushkin. Spesso le sue opere sono ricche di misteri e si svolgono fuori dalla Francia, in particolare in Spagna ed in Russia. Da uno dei suoi racconti è stata tratta l'opera Carmen.

Iscritto alla facoltà di diritto, durante gli anni della giovinezza eccelleva già nelle lingue straniere: greco, arabo, inglese e russo. Amico personale di Turgenev, è stato uno dei primi traduttori di libri russi in francese.

Figlio di un pittore allievo di David, che aveva potuto mantenersi grazie a buon matrimonio, Meriméé si appassionò alle arti figarative sin da quando era bambino. Come ebbe a dire dopo però, non fu mai un gran pittore. L'influenza della madre invece gli fece scoprire la letteratura, principalmente inglese, e lo scozzese Walter Scott. A sedici anni Mérimée, che conosce già inglese e spagnolo, si iscrisse all'Università, dove gli venne consigliato di studiare il diritto. Come Flauber però, Meriméé non riusci mai ad appassionarsi agli studi di legge. Nel frattempo leggeva Balzac, e i classici latini e greci, sempre presenti nella sua formazione. Da lì la decisione di dedicarsi alla carriera letteraria. Intanto viveva già una vita da bohemien, e collezionava molte donne tra le sue conquiste. Pur non essendo molto bello, le donne dovevano restare affascinate dalla sua aria ombrosa. Nel 1822 il giovane conosce Stendhal, ma non rimane entusiasta del poeta; nei Ricordi di Egotismo scriverà: "Costui aveva qualcosa di sfrontato e di molto sgradevole. I suoi occhi, piccoli e vacui, avevano sempre la solita espressione, di cattiveria". Malgrado la prima impressione, Mérimée e Stendhal furono grandi amici per 21 anni, ossia fino alla morte del secondo.

Iniziò a scrivere con la pubblicazione di alcune opere sotto svariati pseudonimi. Lo interessavano soprattutto le vicende strane, ed aveva un certo gusto macabro per il gotico, che lo accompagnò sempre. Meriméé viaggiò molto, e familiarizzava con ogni tipo di gente: persone "con cui un Inglese si vergognebbe di farsi vedere in giro". Sapeva persino alcune parole di lingua rom, e gli zingari lo rispettavano. Le prime opere furono scritti di sarso successo, ma con il raffinarsi dello stile dei suoi racconti, salirono anche le vendite. Nel 1830, in Spagna, il ventisettenne scrittore conobbe il conte di Montijo Cipriano de Palafox y Portocarrero, che lo introdusse nella sua dimora. Lì conobbe donna Manuela, consorte del conte, ed Eugenia, la contessina che anni dopo sposerà Napoleone III e che sarà sua protettrice. A casa dei Montijo, lo scritore apprenderà dalla contessa un racconto che trasformerà in Carmen.

Mérimée alternava le lettere con archeologia, storia, belle arti e politica. A partire dal 1834 e fino al 1860, divenne ispettore generale dei monumenti storici e ricoprì incarichi ai ministeri di Marina, Commercio e Interni. Quando Eugenia de Montijo divenne imperatrice nel 1853, Mérimée fu nominato senatore. Nella ultima fase della sua vita si dedicò soprattutto alla sua occupazione di Ispettore presso il Ministero Francese dei beni culturali.

Dopo il 1860, malato di cuore, va a vivere a Cannes, assistito da due govetrnanti inglesi, contnuando però a viaggiare: visita Londra ed è membro dell'Esposizione universale della città. Amico della coppia imperiale, morirà durante la Guerra franco-prussiana, la quale segna la fine per Napoleone ed Eugenia, come gran parte degli scrittori francesi della sua epoca. Durante la Comune di Parigi del 1871, la sua casa e la sua biblioteca di Parigi vengono distrutte.
sergio.T
00venerdì 9 ottobre 2009 15:55
Il film.
"MATEO FALCONE" di ERIC VUILLARD
Paesaggio, tradimento e morte
di Ada Guglielmino


Un ragazzino lasciato dai genitori a custodire un casale isolato ode in lontananza degli spari. Poco dopo si presenta un uomo in fuga e ferito che chiede aiuto e asilo, inseguito da un gruppo di soldati. Dopo un primo momento di esitazione, il ragazzino acconsente, in cambio di denaro, a nasconderlo. All’arrivo dei soldati, il ragazzino tradisce il fuggitivo in cambio di un orologio. Ma il tradimento sarà punito in modo violento e distruttivo.
Caccia all’uomo, tradimento, morte. Come nella omonima novella di Prosper Mérimée da cui è tratta, sono questi gli ingredienti dell’opera prima di Eric Vuillard, scrittore quarantenne che si stacca dalla parola scritta per tentare di esprimersi con il linguaggio della macchina da presa.

Nel film tutto accade negli ultimi dieci minuti: gli altri 55 sono dedicati a definire un paesaggio brullo, spazzato dal vento, in cui i colori e i movimenti delle ombre sono il presagio funesto dei futuri accadimenti.

Mentre nell’opera letteraria Mérimée si concentra sulle motivazioni che portano il padre a sopprimere il proprio figlio in una società di pastori in cui il tradimento va comunque punito con la morte, nel film tutto è avvolto in un alone di mistero. I dialoghi sono scarni e i tempi dilatati, la violenza degli uomini è figlia di un ambiente che, per quanto spettacolare, resta ostile. Il paesaggio diventa il fulcro narrativo intorno a cui si sviluppa tutta la vicenda.

Film volutamente incomprensibile per chi non ha letto la novella di Mérimée, la pellicola di Eric Vuillard appare più un esercizio di stile da scuola di cinema: tutta la prima parte, ancorché rischiarata dalla bravura del giovane e silente interprete Hugo de Lipowski, è una sequenza di suggestive diapositive che ritraggono le asperità del Massiccio Centrale, dove il film, ambientato in Corsica, è stato girato, utilizzando solo la luce naturale con un meticoloso lavoro di ricerca e sopralluoghi che si è protratto per oltre quattro mesi.

Molto viene detto dalla colonna sonora, con il violento epilogo che si dipana sui suoni di un brano polifonico del compositore medioevale Perotin. Un canto religioso che assume una importanza fondamentale in un opera pressoché priva di dialoghi e si eleva sopra le inascoltabili voci umane. Per farci pensare che il bambino traditore, morto per mano del padre, troverà la pace nell’aldilà, forse.

comesientra
00mercoledì 21 ottobre 2009 14:21
ho letto la venere di ille ed ho visto il film l'estate scorsa.
La storia non era niente di che, ma me la sono letta in un pomeriggio. Forse vuol dire che era scritta bene? Meglio la storia letta che il film realizzato: mentre leggevo immaginavo scene molto più trucide e con maggiore suspence. Il regista se l'hè cavata colorando tutto di nero. Ma il mistery è più intrigante se nascosto da colori vivaci. Secondo me. Salvo.
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 19:10.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com