Polibio

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sergio.T
00venerdì 20 febbraio 2009 10:25
Polibio (Megalopoli (Grecia), circa 206 a.C. – Grecia, 124 a.C.) fu lo storico greco antico del mondo mediterraneo. Studiò in modo particolare il sorgere della potenza della Repubblica Romana che attribuì all'onestà dei romani ed all'eccellenza delle loro istituzioni civiche e militari. Storie, la sua opera di ricerca storica è estremamente importante per il suo resoconto della Seconda guerra punica e della Terza guerra punica fra Roma e Cartagine.

Biografia
Figlio di Licorta, stratega della Lega Achea, Polibio era per tradizione familiare fra i più eminenti uomini di Megalopoli, capitale dell'Arcadia, a sua volta importante componente della Lega Achea. Se il padre fu uno stratega, cioè comandante in capo della Lega, Polibio ne fu ipparco ovvero capo della cavalleria, secondo in grado delle forze armate.

La sua carriera politica in Grecia si conclude dopo la battaglia di Pidna (168 a.C.) con la quale il console Lucio Emilio Paolo, figlio del console caduto nella Battaglia di Canne, cancellò la Macedonia di Perseo dal novero delle potenze dell'epoca. Come dirigente del partito della neutralità durante la guerra attirò infatti i sospetti dei romani e fu uno dei mille nobili achei che nel 166 a.C. furono inviati quali ostaggi a Roma. Vi rimase per diciassette anni.

A Roma, in ragione della sua vasta cultura, Polibio fu ammesso nei più rinomati salotti, in particolare quello di Paolo Emilio, amico e "rivale" degli Scipioni, che gli affidò l'educazione dei figli, uno dei quali fu poi adottato da Scipione e cambiò nome in Scipione Emiliano (Africano Minore). L'amicizia degli Scipioni permise a Polibio frequenti uscite da Roma con viaggi in Italia, Gallia, Spagna. Fu anche in Spagna,(Plinio, Naturalis Historia, V, 9) al seguito di Scipione nel 134 a.C. nella guerra a Numanzia. Per intercessione di Scipione, nel 150 a.C. Polibio ottenne di ritornare in Grecia ma già nell'anno successivo era (come già detto) in Africa con il suo amico e nel 146 a.C. assistette alla caduta di Cartagine, che in seguito descrisse.

Dopo la distruzione di Corinto, nello stesso anno (146 a.C.), ritornò in Grecia e usò le sue conoscenze a Roma per rendere meno gravose le condizioni della Grecia diventata una Provincia romana. Gli fu anche affidato il compito di riorganizzare le città greche sotto la nuova forma di governo e per quest'opera di legislatore ed interprete delle leggi si guadagnò le più alte considerazioni, tanto che gli furono erette statue.

Gli anni successivi li trascorre a Roma teso al completamento del suo lavoro storico, affrontando occasionali lunghi viaggi nelle terre bagnate dal Mediterraneo che interessavano la sua Storia, soprattutto con l'obiettivo di ottenere informazioni di prima mano sui siti storici.

Alla morte di Scipione ritornò in Grecia dove morì, all'età di 82 anni, per una caduta da cavallo.


Le Storie
L'opera di Polibio cercava di fornire una storia universale (la sua Pragmateia) del periodo fra il 220 a.C. e il 146 a.C. con un prologo concernente la storia romana a partire dal 264 a.C. Sfortunatamente dei quaranta libri in cui, sappiamo, si divideva l'opera, solo i primi cinque (che coprono il periodo fino al 216 a.C.) ci sono giunti completi. Per il resto ci sono pervenuti solo lunghi frammenti ed epitomi. I due libri dell'introduzione raccontano gli eventi nel Mediterraneo a partire dal Sacco di Roma da parte del Galli di Brenno (390 a.C. ) fino alla Prima guerra punica, focalizzandosi sulla crescita dell'egemonia romana. Nei libri I (I, 1, 5-6) e III (III, 1-3) esprime dichiaratamente l'intenzione di esaminare come e perché Roma, nel breve volgere di nemmeno 53 anni divenne l'incontrastata dominatrice dell'ecumene, dell'intero mondo abitato.

L'affermazione è un po' esagerata ma in effetti Roma, potenza esclusivamente peninsulare italiana, in mezzo secolo eliminò Cartagine acquisendo la costa africana dall'Egitto all'Algeria, assoggettò la Spagna, la Provenza, l'Illiria, la Grecia, la Macedonia, l'Asia (Turchia e Siria). Polibio non tiene conto dei secoli di "preparazione" necessari. E dobbiamo ricordare che era greco e che per "mondo" intendeva il Mediterraneo "greco". Tutto il resto era barbarie.

Anche se, in quanto amico degli Scipioni, non del tutto imparziale e piuttosto ammirativo delle capacità dei romani, Polibio non era romano e i suoi scritti erano intesi per lettori greci. Tito Livio lo utilizzò come fonte anche perché, a sua volta, Polibio poteva attingere a ottime fonti: almeno una delle più influenti e politicamente impegnate famiglie dell'aristocrazia romana. Anche in qualità di ostaggio, rimaneva membro della classe al governo con opportunità di accedere a informazioni di prima mano e di vedere nel profondo degli affari politici e militari.

In una classica storia del comportamento umano, Polibio ne coglie tutte le essenze: nazionalismo, razzismo, doppiezze politiche, orrende battaglie, brutalità assieme a lealtà, valore, intelligenza, ragione e risorse. Con il suo occhio per i dettagli ed il suo stile criticamente ragionato, Polibio ci dà una visione unificata di Storia piuttosto che una cronologia.

Polibio racconta di eventi di cui ha avuto diretta esperienza. È uno dei primi storici che cercano di presentare la storia come una sequenza di cause ed effetti, "basata sull'attento esame della tradizione, proseguita con accorta critica, in parte anche su quanto egli stesso vide e con comunicazioni di testimoni oculari e di protagonisti del fatto. Racconta il corso degli avvenimenti con chiarezza e penetrazione, giudizio e amore per la verità ed, a seconda dei casi, pone una speciale attenzione alle condizioni geografiche. Appartiene, quindi, alla più grande tradizione di antichi storici anche se, per stile e linguaggio non si attiene alle caratteristiche tipiche della prosa attica. Il linguaggio spesso richiede più purezza e lo stile è rigido e disarmonico".
sergio.T
00mercoledì 4 marzo 2009 09:00
sembra che nelle librerie sia difficile trovarlo.
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