Pierre Magnan

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sergio.T
00mercoledì 16 settembre 2009 10:03

E’ una Provenza non sempre idilliaca quella proposta da Pierre Magnan, fortunato autore francese dai toni noir, uno di quelli che hanno fatto il genere oltralpe. Le tradizioni della terra, le antiche conoscenza spesso fanno capolino dai suoi libri, sovente incentrati sulla figura del Commissario Laviolette.
Anche in questa vicenda l’investigatore appare, ma non in veste da protagonista: è una enorme quercia che si erge maestosa in un tranquillo angolo di campagna del sud francese a svolgere il ruolo principale, attraverso le memorie di Laviolette. E’ proprio attorno a questo maestoso albero, di volta in volta magico o maledetto, che le esistenze dei personaggi del villaggio di Montfurn prendono consistenza.
Pierre Magnan sa bene cosa serve per costruire un buon racconto, l’impatto emotivo, la trama, la seduzione del paesaggio, la caratterizzazione dei personaggi: impossibile non restarne coinvolti!

Pierre Magnan,
L’albero

Nelle indagini del commissario Laviolette tornano i luoghi e i personaggi che hanno popolato la sua infanzia: una quercia incantata, un misterioso forestiero dal passato oscuro, un vecchio suonatore di corno. Ambientato nella Francia meridionale dei piccoli villaggi, apparentemente insignificanti, ma in realtà teatro di amori, rancore, morte, questo romanzo riesce a travolgere il lettore in un turbine di emozioni.

PIERRE MAGNAN, Provenzale, nato a Manosque nel 1922; dopo un primo romanzo del 1946 ignorato dal pubblico viene snobbato dall’editoria fino al 1978: licenziato dal posto di lavoro trova il tempo e il coraggio di far uscire Le sang des atrides, che lo consacra come autore. Si descrive come “apolitico, asociale, quasi afilosofico” e colloca spesso le sue trame nell’amata Provenza, come quella arcaica e atipica descritta in La casa assassinata, fra i suoi romanzi migliori. Pubblicato da Voland Editore, Robin e Meridiano zero.

sergio.T
00mercoledì 16 settembre 2009 10:28
Ciao Salvo, non conosco questo autore ma lo leggero'.
Curiosando in giro ho letto che alcuni dei suoi temi sono la terra e la tradizione.
Bei temi, non credi?
Anzi ti diro' di piu': sono gli unici temi, in un certo senso, per i quali un libro merita di essere letto.
Perche'? perche' fuori dalla terra e dalla tradizione, a ben vedere, non esiste altro e se esiste qualcosa lo hanno inventato di sana pianta.
Hanno messo li' quattro ciance spacciandole per valori assoluti, etici, morali, sociali: ci hanno detto che questo "nuovo mondo" globale e' il mondo del progresso, dei tempi che cambiano, degli usi tecnologici. Ci dicono e ci ripetono che il mondo e' in movimento, che stiamo costruendo una terra del tutti appassionatamente insieme (globalizzazione) senza differenze culturali, filosofiche, tradizionali.
E infatti si vede, Salvo, che mondo sta venendo fuori, quale razza di imbroglio ci sta invischiando.
Dimentichi di qualsiasi nostra radice, spaesati come pesci fuor d'acqua, irriconoscenti verso ogni ricordo, navighiamo - noi uomini nuovi - per "luoghi" stravolti nella loro essenza ed estranei ad ogni concetto di identita'( le metropoli); navighiamo per mondi virtuali comunicando per fili elettrici convinti che questo sia socializzare ( forum facebook, blog, ecc.ecc); e per ultimo - perche' al peggio non c'e' mai fine - siamo superinformatissimi di quanto avviene nel mirabolante mondo del cinema, della politica, dello spettacolo, dei vip, dello sport, del governo o dell'opposizione, dei reality show, del grande fratello, della fattoria, ma non sappiamo un emerito niente di quanto avviene nel cortile o nella piazza del nostro paese.
Siamo troppo impegnati a globalizzarci per avere tempo - come si fa ancora adesso in montagna - di ritrovarsi davanti ad un fuoco per ricordare i tempi di un passato infinitamente migliore di quello presente.

Al posto dell'antica conoscenza, ora, quella moderna: una conoscenza -diciamolo- da imbecilli.
comesientra
00lunedì 26 ottobre 2009 16:13
...ma il timore del sarcasmo dei suoi compagni lo tratteneva dal confidarsi.Nella sua umiltà, credeva di avere a che fare con menti pratiche, impermeabili all'inquietudine e che si sarebbero burlati della sua ingenuità...ma in realtà tutti erano immersi in ben altri pensieri. Forse non vedevano neppure il colore delle carte che avevano in mano. Bevevano a piccoli sorsi il vino di noci. A volte,
pronti a calare l'atout vincente, rimanevano con il braccio sospeso sopra il tavolo per ascoltare chissàcosa giù nel vallone, intorno alla scuola il mugolio melanconico del vento, il gannire di una volpe, il franare di una scarpata nel letto in piena del Bes ,lo scoppio di una voce furente che inveiva contro una moglie o una bestia...

mi è stato detto di scrivermi i punti in cui la storia che leggo mi ha preso o respinto. Questo che o scritto è quello da -I MESSAGGI DI MORTE-
Da questo punto ho dimenticato che la storia è classificata -giallo- e mi sono lasciato prendere come personaggio fra i personaggi tutte le volte che trovavo delle scritte che parevano rigardare solo me e nessun altro. E quando quest'estate per la prima volta nella mia vita sono stato in montagna in una sera di profondo silenzio (e fifa da parte mia) ho ricordato e rivissuto quel senso di attesa e di ascolto e di paura che avevo letto in questo libro.
salvo
comesientra
00lunedì 26 ottobre 2009 16:30
da -L'ALBERO-
...
In nessun luogo mi sentivo tanto felice come fra i campi di loglio che un tempo erano stati seminati a grano. La dactylis dorata è il frumento dell'anima e quando attraverso le sue spighe bionde si vedono profilarsi i ruderi bianchi di un gruppo di case ci si sente appagati e si corre verso quelle rovine riarse per immergersi in esse come nelle acque di una sorgente. Mio nonno amava i villagi in rovina che poteva popolare con i fantasmi dei rumori della vita: fantasmi chiassosi di uomini che affermano la loro personalità e le loro convinzioni, ma anche di suoni di fontane, di sospiri di godimento per pergolati o giardini ben curati. Portava sulle spalle come una gerla di storie tristi e dall'alto dei suoi sessantotto anni mi rovesciava addosso il gran poema della morte affinchè io mi abituassi ad essa ritenendo probabilmente che bisognasse affezionarvisi molto presto, giacchè tutta la vita sarebbe stata appena sufficiente...

Questo è l'inizio, mi ha catturato subito. quel nonno che racconta è diventato il nonno che non ho mai avuto.

Di Laviolette il commissario si parla solo nella prima pagina per incominciare a raccontare la storia.

Forse ho apprezzato questo racconto perchè stavo incominciando a scoprire la natura imparando che piante ed erbe hanno nomi capacità ed esigenze: dopo avere letto questo albero e scoperto tante quercie intorno alla casa hocominciato a cercarne una un po' magica per me.
Salvo
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