Mauro Corona

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sergio.T
00lunedì 17 novembre 2008 15:10
Neve Corona Menin, l'unica bambina nata nel gelido inverno del 1919, è una creatura speciale. Tutti lo capiscono quando, con il semplice tocco della sua mano, alcuni compaesani in punto di morte guariscono miracolosamente. In effetti Neve altro non è che la parte buona della strega Melissa - guardiana di un raccapricciante inferno di ghiaccio -, tornata sulla Terra per riparare i torti commessi in vita. Il padre di Neve però non tarda a vedere in questo dono misterioso un'occasione per arricchirsi e organizza insieme ad altri cinici compari una serie di finti miracoli, che attirano schiere di malati pronti a pagare pur di ottenere la grazia dalla piccola santa e innescano una spirale inarrestabile di ricatti, violenza e delitti...

sergio.T
00lunedì 9 novembre 2009 15:18
Trovato a Lovere a soli 9 euro nella libreria dei libri usati. Preso! ma poi passo alla Mondadori in piazza e che vedo? vedo la vetrina meta' tapezzata dell'ultimo Corona. E siamo da capo: bisogna aspettare che diventi usato. I Mondadori collana narrativa costano un'occhio della testa. [SM=g9760]
sergio.T
00lunedì 9 novembre 2009 15:22
Il canto delle manere
La dolcezza della vita nei boschi, la vendetta della Natura offesa La manéra è la scure dei boscaioli di Erto. Nessuno come Santo della Val, che abbiamo già incontrato in Storia di Neve, ne conosce il filo della lama, l’equilibrio del manico, nessuno come lui sa ascoltare il canto che si alza dalle manére quando i boscaioli entrano a far legna nei boschi. Santo è il migliore tra di loro, il bosco è la sua vita, ma la violenza del sangue lo costringe alla fuga dal paese per cercare fortuna tra le ricche foreste dell’Austria. Nuovi amici e nuovi amori, pentimenti e bramosie dell’animo, finché Santo, dopo l’eccezionale incontro con il grande scrittore Hugo von Hofmannsthal, sentirà imperioso il richiamo della propria terra. Un romanzo forte, un’epica quotidiana ritmata, come un poema dei boschi, dal battere delle lucenti manére.
sergio.T
00martedì 10 novembre 2009 09:05
Il prete Chino si rifiuto' di dare quel nome. Allora il padre gli disse che lo avrebbe ammazzato. Il prete conosceva bene i montanari e sapeva che avevano fatto fuori delle persone per molto meno.

Corona.

Mi piace questo pezzo. Anche se estremo mi ricorda molto una mia impressione: i montanari vanno per le spicce, non si perdono in parole. Una buona cultura, questa.
comesientra
00martedì 10 novembre 2009 09:58
vita e morte nei giusti parametri per una cinquantina d'anni fa
ora anche fra i monti c'è cammino verso la ragione.
Corona, nostalgico, s'è forse fermato al tempo che fu, quando campare era talmente faticoso da ridurre la comunicazione ai semplici "gesti primari"
Il personaggio di Neve era accennato nel"Ombra del bastone". Sono lieta che abbia ripreso (e spero approfondisca) la parte "magica" della mentalità semplice. Il bisogno naturale di sicurezza e ordine che cerca chi si affida al "naturale antico".
Profondamente umano.
A.
sergio.T
00mercoledì 11 novembre 2009 09:16
Vita di Neve e' un gran bel libro: una scrittura corposa da far sorgere il dubbio che Corona sia aiutato da qualche editing della Mondadori. Ma il sentimento e la storia sono di Corona.
E non credo nemmeno ad un Corona nostalgico: semplicemente vedo un Corona che racconta i tempi che furono e giustamente li rimpiange: che altro si puo' fare in tempi moderni cosi' bislacchi? Per quanto riguarda la " ragione" che ha raggiunto le valli e le montagne - oibo' - bisogna vedere se trattasi di ragione o di bislaccheria. Io propendo per la seconda ipotesi. L'esempio di vita e di morte, naturalmente, e' un iperbole, un'estremo: chiaro che che in un tempo civile non si possa far giustizia o regolar le cose con il fucile, ma l'esempio, la metafora, rimane validissima come insegnamento. Insegnamento inascoltato dalle orecchie svilite dei moderni " cittadini". Un accozzaglia allo sbando; una carovana di disperati senza arte ne parte; un omerico monumento della vilta' nascosta nel concetto di delega. Perche' oggi si delega: i conti in sospeso, le giustizie attese, i torti subiti, gli sgarri ricevuti. Tutto si delega all'astrazione stato, a quell'entita' che ti sgrava della responsabilita' individuale di prendere una decisione sull'altro. L'individuo spersonalizzato anche nel sentimento piu' primordiale:quello di farsi rispettare.
Un montanaro non capirebbe nemmeno una possibilita' simile, per non parlare di un " antico Romano" - torno sempre a loro - una vera ossessione. Un antico Romano non solo non si sgravava delegando ma, al contrario di oggi, veniva chiamato a prendere posizione, a prendere una decisione definitiva, a far chiarezza se cosi' si puo' dire. In prima persona, primissima persona. Pena? la spersonalizzazione dell'esser Romano perche' l'individuo non veniva piu' riconosciuto come tale se non era all'altezza delle sue azioni personali. Ah, montanari come i Romani. Poi, si', e' arrivato il pensiero moderno ed e' cominciata la baraonda degna di un Braccobaldo show.
sergio.T
00giovedì 12 novembre 2009 18:56
Quassu' se qualcuno tocca un bambino non e' cosa da scherzare.

Corona
Storia di neve
sergio.T
00giovedì 12 novembre 2009 18:58
Un gruppo di montanari a don Chino, il prete: " Se ci tolgono la pace allora sono rogne "

Storia di Neve
sergio.T
00giovedì 12 novembre 2009 21:52
Una bella storia la Storia di Neve. Non delude mai il sig. Corona.
sergio.T
00venerdì 13 novembre 2009 15:11
Carattere montanaro.
Molto duro, molto crudele questa Storia di neve. Montanari temprati dal freddo e da un carattere deciso, determinato. Nel bene e nel male. Anche delinquenti questi montanari. Ladri, assassini, truffatori. Ma tutti, chi bene o chi male, risoluti, senza tentennamenti, senza troppe menate.
La cultura montanara acquisisce dall'habitat stesso alcuni aspetti: la montagna non conosce vie di mezzo, non sa cosa significhi una via mediata. O sole splendente o tempesta ghiacciata. O un panorama stupendo o una morte durante la scalata. Cosi' il carattere della gente del luogo, gente che se ne sta per i fatti suoi ma se toccata dentro, non lesina e non tentenna a distribuire rogne. E che rogne.
Per capirci: un bastone da passeggio e' come un coltello: accompagna solo un uomo e non puo' accompagnarne un altro. O tutto o niente. E poi il tempo. Non esiste, in un certo senso. Quello che e' compiuto oggi e' compiuto per sempre: se ti deve venire a prendere, un montanaro, ti verra' a prendere anche dopo anni. Hanno memoria. Il sangue versato nel tempo che fu, sara' pagato con il sangue di oggi. Carattere duro, i montanari.
sergio.T
00venerdì 13 novembre 2009 15:17
Il Corona gossiparo ha lo stesso cognome del Corona montanaro. Immagino il primo, lassu', ad Erto.
sergio.T
00martedì 17 novembre 2009 10:32
stamani distrattamente leggevo al bar una copia del Corriere di sabato o domenica scorsa. C'era la classifica dei libri piu' venduti in italia. A parte il solito Ammaniti che dopo soli pochi giorni dall'uscita svettava lassu' in alto, mi ritrovo Corona con il suo Il canto delle manere al sesto posto.
Bene, come mai? Come mai questo rude montanaro che non scrive nei blog, non ha siti particolari, appare pochissimo, non usa il computer, se ne infischia di generi e generini, svetta sempre in classifica? Mi si dira': ma vendere non e' sempre sinonimo di una buona opera. Rispondero': vero, ma anche vero che a volte e' l'esatto contrario, perche' molte volte il pubblico premia il buon autore. In fondo in fondo, I promessi sposi , per fare un esempio, e' un libro ancora venduto dopo decine d'anni. Cos'e'? forse Manzoni e' un autore commerciale? Direi di no.
comesientra
00giovedì 26 novembre 2009 15:24
quando ho letto CORONA mi è sembrato difficile per il modo di scrivere in dialetto però ho visto un dcumentario e lui parlaproprio come scrive : anche dicendo cazzate come l'autunno mi piace perchè è colorato o sentito nelle sue parole quelle due cose che adri mi dice sempre di cercare in tutto quello che mi circonda e che mi piace molto cercare nelle cose scritte. Dicendo autunno e riuscito a farmi sentire la voglia del riposo dell'autunno, il profumo di vecchio e sfatto che poi porta ad aspetare il nuovo e il fresco. La tragedia della morte apparente che poi si alterna con forza alla ri-vita.
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