Masaccio
Un oscuro segreto amore, un'antica notizia
da nessuno confermata, che sola continua a pesare;
il vino fa il suo tempo, la distanza si popola
di costruzioni memorabili.
Per le strade va Masaccio con un trifoglio in bocca,
la vita gira, è questa mela che gli offre una donna,
i bambini e i carri cigolanti. E' il sole su Firenze
che calpesta le tegole, le grondaie.
Edificio mentale, come crescere per alzarti al tuo limite?
Le cose stanno lì, ciò che si vuole non ci sta mai,
è la parola che manca, il cane che fugge con la catena,
e questa campana vicina non è la campana della tua chiesa.
Bosco d'ombra, la luce ti circondava con il suo inganno
dolce, un facile ponte sopra il tempo.
Torvamente la buttavi in strada e tornavi alle cappelle
solo con la tua certezza. Qualche volta
le apriresti le porte vere, e un incendio
d'oro e di piume passarebbe sugli occhi. Pero non era ora, ancora no.
Così va, pieno di acidi succhi, guardando intorno
la realtà che inattesa salta nei portali
e si chiama chiusura, panno, erba, attesa.
E' sicuro nella sua insicurezza, nudo
di silenzio. Ciò che sa è poco pero pesa
come i fichi secchi nella borsa del povero.
Sa di segni lontani, messaggi dimenticati che aspettano
su pareti non più favorite; la sua fede è una lanterna
che si alza nelle volte per mostrare, fumosa,
stigmate, una tunica, un abbraccio maledetto.
Torna e contempla e odia il suo amore che in ginocchio beve
a questa fonte abbandonata. Altri
attraversano sorridendo le sue visioni
e ali celesti danzano un appoggio per la limpida mano.
Masaccio è solo, nelle cappelle sole,
che sceglie le trame del rovescio nel pantano di un cielo di mendicante,
dimentico di saluti, con un pane
sul soppalco, con un catino d'acqua,
e tutto quanto per contrariare tanto sogno.
In pieno giorno, in questa luce che
fa esplodere la parte oscura delle cose, cerca;
non basta chiarire; che il chiarore
sostenga fra le mani un martirio
e solo allora, ineffabile, sia.
[...]
J.C.