Irene Némirovsky

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carla b.
00venerdì 2 ottobre 2009 11:10
Irène Némirovsky, nata a Kiev da famiglia ebraica nel 1903.
Figlia di un ricco ebreo russo di origini francesi, ex commerciante di granaglie e divenuto uno dei più potenti e temuti banchieri di tutte le Russie, Iréne Némirovsky nella sua pre-adolescenza si appassiona alla letteratura – quella francese, particolarmente – ed inizia a scrivere i suoi primi racconti con una peculiarità catartica, introspettiva e psicoanalitica; ciò che cerca di subliminare attraverso la scrittura è l’odio provato nei confronti della madre che, completamente assorbita dal vivere nel bel mondo, non le ha mai regalato un sorriso o una carezza.
Allo scoccare della Rivoluzione Bolscevica del 1917 la scrittrice lascia in fretta e furia, unitamente alla sua famiglia, la sua San Pietroburgo per rifugiarsi in Francia, dove si sistema definitivamente e dove trascorre – fino all’arrivo della II° Guerra Mondiale – i suoi anni più frivoli e spensierati.
A Parigi continua ad inmpegnarsi nella sua attività preferita, la scrittura, ed è ancora giovanissima quando Grasset le pubblica il suo primo romanzo, che avrà uno strepitoso successo: David Golder.
Nel 1926 sposa Michel Epstein, giovane e capace ingegnere che seguirà fino alla fine il suo avverso destino; da questo matrimonio nasceranno due bambine, Denise e Elisabeth.
Negli anni successivi l’antisemitismo inizia a far sentire forte il suo ringhio; Iréne Némirovsky decide così di convertirsi al Cristianesimo e battezza se stessa e le sue due figliole.
Ma ciò nonostante la morsa della furia nazista si stringe e non la perdona: Iréne e Michel finiranno entrambi arrestati e successivamente trucidati nei campi di sterminio.
Deportata prima a Pithivier e poi ad Auschwitz, dove morì nel 1942.

A cura di Eugenio Cardi


Opere letterarie apparse in Italia

Il ballo (1930) - (Feltrinelli, 1989; Adelphi, 2005)
Le mosche d'autunno (1931) - (Feltrinelli, 1989; riedito da Adelphi nel 2007 con il titolo Come le mosche d'autunno)
David Golder (1929) - (Feltrinelli, 1992; Adelphi, 2006)
Un bambino prodigio (1926) - (La Giuntina, 1995)
Suite Francese (pubblicato postumo nel 2004 dopo il ritrovamento del manoscritto) - (Adelphi, 2005)
La moglie di Don Giovanni (1938) - (Adelphi, 2006)
Jézabel (1936) - (Adelphi, 2007)
I cani e i lupi (1940) - (Adelphi, 2008)
Il calore del sangue Adelphi, 2008)
Notte in treno Via del vento 2008
I doni della vita (Adelphi, 2009)

Opere non ancora apparse in Italia

Le Malentendu (1923)
L'Affaire Courilof (1933)
Le Vin de solitude (1935)


carla b.
00venerdì 2 ottobre 2009 11:14
Ho scoperto questa scrittrice da poco, mi ha molto affascinato la sua storia tragica che mi ha spinta a leggere qualcosa di suo.
Finora ho letto tre suoi libri e devo dire che li ho trovati molto, ma molto, belli.
Un scrittura ammaliante che descrive storie intense e indimenticabili

I libri che ho letto sono questi:

IL CALORE DEL SANGUE

"Ci sono romanzi brevi più densi di emozioni e di vicende di certi romanzoni da ottocento pagine e passa. Ed è esattamente il caso di "Il calore del sangue". Questa volta Irène Némirovsky punta il suo obiettivo non già sul milieu dell'alta borghesia ebraica in cui è cresciuta, né su quello dei ghetti dell'Europa orientale, bensì sul piccolo, angusto, gretto mondo della provincia francese. Il quadro è, in apparenza, di quieta, finanche un pò scialba agiatezza campagnola: la figlia di due ricchi proprietari terrieri sta per sposare l'erede di un'altra famiglia in tutto e per tutto simile, un bravo ragazzo, come si dice, innamorato e devoto. Eppure bastano poche note stridenti (che l'autrice è abilissima a insinuare fin dalle prime pagine) per farci intuire che dietro la compatta, liscia superficie di perfetta felicità agreste - in cui sembra che ogni sentimento si sia come pietrificato - si spalancano voragini insospettate: nessuno, insomma, è al riparo dalla passione, dalla violenza, persino dal delitto, quando è spinto e travolto dal "calore del sangue". "

COME LE MOSCHE D'AUTUNNO

"È lei, Tat'jana Ivanovna, la vecchia nutrice, a preparare i bagagli di Jurij e di Kirill, i ragazzi che partono per la guerra; ed è lei a tracciare il segno della croce sopra la slitta che li porterà via nella notte gelata. Sarà ancora lei a rimanere di guardia alla grande tenuta dei Karin allorché la famiglia dovrà, come tanti, rifugiarsi a Odessa e ad accogliere Jurij quando tornerà, sfinito, braccato. Né si perderà d'animo, la vecchia nutrice, quando dovrà camminare tre mesi per raggiungere i padroni e consegnare loro i diamanti che ha cucito a uno a uno nell'orlo della gonna. Grazie a quelli potranno pagarsi il viaggio fino a Marsiglia, e proseguire poi per Parigi. Nel piccolo appartamento buio che hanno preso in affitto Tat'jana vede i Karin girare in tondo, dalla mattina alla sera, come fanno le mosche in autunno. Lei, che è stata testimone del loro splendore, che li ha visti crescere, che li ha curati e amati per due generazioni con fedeltà inesausta, li vedrà adesso vendere le posate, i pizzi, perfino le icone che hanno portato con sé. Sembra che nessuno di loro voglia ricordare ciò che è stato; solo lei, Tat'jana Ivanovna, ricorda: così una notte, quella della vigilia di Natale, mentre tutti sono fuori a festeggiare, si avvia da sola, avvolta nel suo scialle, verso la Senna "

IL BALLO

La quattordicenne Antoinette decide di gettare nella Senna tutti gli inviti che la madre, volgare e arcigna parvenue, ha stilato per il ballo destinato a segnare il suo ingresso nella brillante società parigina. È una vendetta, che la ragazza consuma nei confronti della madre. In poche pagine, con una scrittura scarna ed essenziale, l'autrice riesce a raccontare un dramma dell'amore, del risentimento e dell'ambizione.

IL BALLO, secondo me e IL racconto perfetto!


DAVID GOLDER
Irène Némirovsky non soltanto racconta la parabola del potentissimo banchiere ebreo il quale, malato, caduto in rovina e abbandonato da tutti, si lancia in un'estrema avventura che gli permetterà forse di ridiventare ricco, ma tratteggia senza indulgenza il mondo frivolo, scintillante e fasullo dei nuovi ricchi che svernano a Biarritz, il loro patetico snobismo, le loro case arredate con sfarzo pacchiano, i loro scalcagnati gigolo che ostentano blasoni più che offuscati. Per gusto della sfida, per noia e per amore di una figlia che forse non è neppure sua, il vecchio giocatore cinico e disincantato si metterà in viaggio ancora una volta - e sarà l'ultima.

La recensione de L'Indice

Dell'aridità dei nuovi ricchi, di odi familiari, di una perfida vendetta adolescenziale, e poi degli effetti sconvolgenti dell'occupazione tedesca, scrive la figlia di un banchiere ebreo, elegante e colta signora russa rifugiata a Parigi. "Mio Dio! Che mi fa questo paese?", chiede Irène Némirovsky nel giugno 1941, un anno prima di essere internata in un campo nazista e di morire ad Auschwitz. La Francia, che non l'ha salvata, le sta concedendo un riconoscimento tardivo: il premio Renaudot sancisce nel 2004 il successo – anche internazionale – dell'incompiuto Suite française, tradotto da Adelphi, che ha recuperato a ritroso il secondo romanzo, Le bal (1930), e ora il primo, David Golder.
Nel 1929 Irène ha ventisei anni, ma la storia della caduta rovinosa, con impresa epica finale, di uno squalo ebreo dell'alta finanza – personaggio tra Balzac e Simenon – è una crudele presa d'atto, con rancore e dolorosa stanchezza, della vecchiaia. Il "vecchio Golder" ha sessantotto anni: grasso, flaccido, il volto cereo illividito dalle occhiaie. Sgomento, confronta l'immagine decrepita di sé che lo specchio impietoso gli rimanda – reminiscenza del prediletto A Rebours di Huysmans – con quella lontana del ragazzo smilzo emigrato da Mosca e diventato ricchissimo dopo una vita di stenti e di lotte. Specula in borsa, per accumulare denaro ma anche per l'eccitazione del gioco che lo inchioda tutta la notte al casinò, occhi fissi sulle carte e mani frementi. La vecchiaia accentua i caratteri somatici: il naso adunco lo fa somigliare a un usuraio o a un rigattiere. La moglie Gloria, grottesca per la maschera di rughe e trucco, lo insulta: "Sì, sei rimasto l'ebreuccio che vendeva stracci e ferraglia a New York con il fagotto in spalla".
Malgrado l'assicurazione dell'autrice che Golder personifichi non gli israeliti francesi ma quegli esiliati cosmopoliti ossessionati dalla volontà di far fortuna, ha disturbato lo stereotipo antisemita – secondo i pregiudizi dell'epoca – dell'ebreo dalla mano molle, le unghie ad artiglio, il naso aquilino, gli occhi vicini neri e liquidi, il colorito olivastro, i denti irregolari, i capelli crespi, il corpo misero. Non sfugge a questo ritratto il diciottenne, emigrante con la speranza di un destino migliore, incontrato in viaggio dal "vecchio Golder", che si riflette con rimpianto nella sua forza nervosa: "Anche lui era stato giovane, di quella giovinezza avida ed esuberante della sua razza". È proprio la giovanile bellezza e la grazia allegra della figlia, la capricciosa e sensuale Joyce, a intenerirlo e persino sedurlo: l'unica che gli strappa un sorriso stentato, gli suscita un raro, indefinibile – ambiguo – piacere, lo fa piangere di umiliazione. Alla prima apparizione la ragazza indossa un abito di tulle rosa scollato, al collo un filo di perle. Le perle sono motivo ricorrente, segno di successo, da custodire in cassaforte o da esibire: Gloria le riscalda tra le dita come un calice di vino, le gira nervosamente, le tormenta; Golder ne soppesa il prezzo se grosse quanto noci, e in una lite con la moglie scuote e torce con furia la pesante collana, e le perle viscide simili a serpi aggrovigliate si animano. Joyce ci giocherella e le accarezza con un dolce movimento del collo; nuda, non rinuncia al loro chiarore sulla pelle. Sostituisce le perle regalatele dal padre con smeraldi trasparenti quando si vende per soldi a un "vecchio porco".
In apertura, lo studio parigino arredato in pesante stile impero introduce nella società chiassosa di parvenus che negli anni venti sverna a Biarritz in ville prestigiose (un buon investimento), tra feste mondane (che Irène ben conosceva), frequentate da nobili fasulli, gigolo sgualciti e prestanti mantenuti. La malattia fa inceppare la macchina da soldi ("Sì, sì, pagare, pagare e ancora pagare… È per questo che sono al mondo"), stimola con la minaccia terrorizzante di morte il corpo goffo, torpido da anni, di Golder e sollecita la sua capacità smarrita di sognare e ricordare. All'inizio, un no deciso, ripetuto più volte con tono perentorio, quasi con ferocia, lo annuncia: rifiuta un affare al socio e ne osserva indifferente la disperazione. Il suo suicidio lo incollerisce ("idiota… perché l'hai fatto"), lo disgusta ("ammazzarsi come una sartina"). Rovinato a sua volta, Golder azzarda un'avventura estrema, per noia, per sfida, per il vizio del gioco, per la figlia che forse non è la sua. Il ritorno in Russia lo fa regredire ai vicoli oscuri, alla misera bottega dell'infanzia, all'yiddish che di colpo sale alle labbra.
Una scrittura essenziale e incisiva, il ritmo rapido, il ricorso al discorso diretto libero (è un caso che la ragazza si chiami Joyce?) con l'uso intensivo di frasi nominali, segmenti brevi, puntini di sospensione, contribuiscono a una resa immediata del pensiero dissimulato di protagonisti spietati, tutti votati al culto del dio denaro, freddi come le perle, eppure soli e spaventati: un romanzo di esordio sorprendente. "
[SM=g9035]
Fu il primo romanzo della Nemirovsky, questo David Golder, e sembra impossibile che a scriverlo sia stata una giovane di ventisei anni.
Un romanzo maturo, scritto in modo molto "moderno", una storia crudele con personaggi talmente odiosi da rendersi indimenticabili.
Ancora una volta penso con rabbia e rimpianto a quanto questa scrittrice avrebbe potuto dare ancora alla letteratura, se la follia nazista non avesse investito anche lei.


carla b.
00martedì 6 ottobre 2009 11:48
I primi tre che ho letto sono in pratica racconti lunghi, e non veri e propri romanzi, ma...è una lettura che ti entra nel cuore.
Da qualche parte ho letto che la Nemirovski sapeva racchiudere in poche pagine la grandezza e il lirismo dei più grandi romanzi della letteratura russa. Ed è vero.
A volte non servono centinaia di pagine se sei così bravo da fare nascere e morire dei personaggi indimenticabili nel giro di qualche decina o poco più.
Altro discorso per David Golder, vero e proprio romanzo (nel senso della lunghezza)..indimenticabile
MI sono ripromessa di leggere altro di lei (unica pecca i prezzi dell'Adeplhi [SM=g8180] )
carla b.
00lunedì 16 novembre 2009 16:36
Nel weekend mi sono regalata un'altra perla della Nemirovsky
questo

I CANI E I LUPI


Le basta vederlo una volta sola, quel bambino ricco, ben vestito, dai riccioli bruni, dai grandi occhi splendenti, che abita nella meravigliosa villa sulla collina e di cui dicono sia un suo lontano cugino, per essere certa che lo amerà per sempre, di un amore assoluto e immedicabile. A Kiev, la famiglia di Ada abita nella città bassa, quella degli ebrei poveri, e suo padre appartiene alla congrega dei maklers, gli intermediari, quegli umili e tenaci individui che si guadagnano da vivere comprando e vendendo di tutto, la seta come il carbone, il tè come le barbabietole. Fra le due città sembra non esserci nessun rapporto, se non il disprezzo degli uni e l'invidia degli altri. Eppure, quando il ragazzine Harry si troverà di fronte la bambina Ada, ne sarà al tempo stesso inorridito e attratto: "come un cagnolino ben nutrito e curato che senta nella foresta l'ululato famelico dei lupi, i suoi fratelli selvaggi". Molti anni dopo il destino li farà rincontrare a Parigi: e Harry cederà a quella misteriosa attrazione del sangue che Ada esercita su di lui.

La recensione di IBS
Agli occhi di Ada, una bambinetta di cinque anni, infagottata in un cappotto sformato e in una gonna démodé, il mondo che la circonda è troppo grande e troppo distante per essere compreso. Un padre sempre affaccendato a concludere i suoi affari, un nonno intento a scrivere un libro epico e misterioso e una madre, morta qualche anno prima, che la osserva da una fotografia. Kiev è una città sordida e sporca. In alto le ville dei ricchi, in basso, lungo il fiume, le misere stamberghe degli ebrei e in mezzo una zona franca, dove cadono le famiglie impoverite e da cui transitano gli ebrei in ascesa.
Il freddo penetra attraverso gli spifferi della sua grande casa vuota, mentre una zia arcigna e arrivista con i suoi bambini si trasferisce suo malgrado in quella parte di mondo, tra gente inferiore al suo rango e alle sue ambizioni. Invade gli spazi di Ada, con la sua insoddisfazione e la sua voglia di rivalsa, così la bimba ascolta le conversazioni degli adulti: “Come vivere senza soldi? Come pagare i favori sottobanco? Come far entrare i figli a scuola quando la percentuale di ammissioni consentita era già stata raggiunta? Come ottenere l’autorizzazione ad andare in un posto o in un altro, per vendere questo o quello? Come sfuggire al servizio militare? Ah, Dio mio, impossibile vivere senza soldi!”.
Ma Ada non comprende il livore di sua zia e neanche la falsa umiltà con cui suo padre tenta di vendere la sua merce ai ricchi, non li comprende fino a quando non vede con i suoi occhi la bellezza ovattata dell’altra parte del mondo: la grande villa dei Sinner sulla collina di Kiev, e un bambino, Harry, dai tratti uguali ai suoi ma dal portamento altezzoso nei suoi abiti lustri.
Una storia che seguirà le vicende dei protagonisti fino agli anni della giovinezza a Parigi e che vedrà montare una passione che si nutre di ambizioni e di miserie, del manto fulvo dei lupi selvaggi e del pelo morbido dei cani addomesticati. Una metafora della vita, dell’amore e della guerra che incombe nell’Europa degli anni Trenta. La riscoperta di un’autrice morta in un campo di concentramento a soli 39 anni, non prima di aver lasciato al mondo le sue perle agghiaccianti, i suoi ritratti aspri, il suo sguardo disincantato sull’incomprensibile realtà del tempo.

[SM=g11120]

Altra grande prova letteraria della N.
Ogni suo libro è una vera perla da conservare, come questo bellissimo CANI E LUPI.
Una mio grande rammarico è: nessuno di mia conoscenza che l'abbia ancora letta e che possa confermare o smentire questa mia ammirazione verso questa grande Scrittrice
[SM=g8643]
mujer
00martedì 17 novembre 2009 09:41
ci penso io! [SM=g8434]

A parte gli scherzi, Carla, tu da quale mi consigli di iniziare per conoscere la Némirovsky?
sergio.T
00martedì 17 novembre 2009 10:21
Dove c'e' qualcosa di lupo , la' c'e' qualcosa che mi piace. E' un animale nobile. Proprio una questione di sangue.
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