Il Monaco di Lewis Matthew G.

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mujer
00domenica 7 settembre 2008 21:34
Ho trovato una vecchia edizione di questo libro per caso, scambio di libri con una mia vecchia amica e voilà! catapultata nel romanzo gotico con prefazione di Antonin Artaud.

Una trama "tenebrosa, diabolica e sanguinaria", ambientata negli anni bui dell'inquisizione, tra amori infranti e religiose malvagie.
Con tanto di signorotti salvifici e tentatrici seduttive, questo romanzo fantastico, scritto da Lewis nel 1796, rappresenta un fantastico legato al mondo esoterico, molto lontano da quello che rende l'invisibilità visibile del realismo magico.
Eppure, mi è molto piaciuto paragonare i due generi, seppur così lontani per tempo e spazio ma così carichi di storia che cattura.

Antonin Artaud, il mio amato artista libero che fu dichiarato pazzo, illustra nella prefazione il fascino del romanzo gotico e ne illustra le caratteristiche oscure. Penso che ne abbia tratto una piéce teatrale che, però, sembra non aver lasciato traccia nella schiera delle sue opere.
mujer
00domenica 7 settembre 2008 21:49
La storia narra di un monaco carismatico, Ambrosio, tentato dal novizio al suo servizio che si rivelerà essere una donna, Matilde.
Da tale tentazione nascerà una storia torbida, fatta di patti con il diavolo e di morte. Ad accompagnare le torbide azioni del monaco la storia parallela della suora badessa del convento adiacente che, in nome dell'onore di dio, punisce l'amore e finirà accusata dal popolo.
Tutto in una cornice oscurantista di lotta contro il destino avverso che, com'è nel romanzo gotico inglese, rappresenta l'altro volto della felicità. Un fantastico che, palesandosi, rende vero il senso della vita.

Il romanzo finirà con la morte dei malvagi e il trionfo dell'amore.
Banale? No, antico.
sergio.T
00lunedì 8 settembre 2008 09:24
Ieri ero tentato di leggerlo, ma l'ho rimandato piu' avanti.
Mi incuriosisce, pero'.
sergio.T
00venerdì 15 maggio 2009 09:00
Incominciato ieri sera. Un libro che pare immediatamente oscuro. Gotico per l'appunto
mujer
00lunedì 18 maggio 2009 10:20
Allora, qual è il responso? [SM=g9058]
sergio.T
00lunedì 18 maggio 2009 11:03
buon libro, interessante, inquietante.
C'e' molto da dire e da discutere.
Il gotico, in genere, non e' uno dei miei amati generi; anzi, per dirla tutta, non ne ho letti molti in tutta la mia vita di lettore.
Il Monaco e' stato una sorpresa piacevole.
La storia assomiglia a un buon kolossal ed e' lineare con una trama classica ( il bene alla fine trionfa).
Ma quello che distingue questo romanzo sono gli accenni a temi particolari: uno ad esempio e' il tema del conflitto tra istinto del momento e l'imperativo morale, ovvero, la conseguenza al proprio atto.
L'autore , il Lewis, intuisce bene che la molla principale per ogni azione non e' mai la sua eticita' morale, ma bensi' la paura del castigo.
Su questo tema, profondamente psicologico, si potrebbero aprire mille discorsi su ogni gesto umano. Oppure, si potrebbe prendere le migliaia di volumi di psicologia comportamentale e sbatterli in pattumiera: sono assolutamente inutili quando il principio enunciato della paura della punizione basta da solo a spiegare tutto.
La spiegazione cosi' detta spaventa non poco: di solito ci si erge ad innalzare mille sfumature comportamentali o educative per giustificare o comprendere un atto esistenziale; in piu' si ergono altri mille pretesti perche' l'atto stesso sia giustificato e redento nel concetto del " perdono" sia in senso religioso che giuridico.
Nel primo senso - quello religioso- il perdono nasce dalla paura: si chiede perdono o compassione per evitare la pena divina.
Nel secondo caso - quello giuridico - lo si chiede ( e ci si pente) per eviate la pena in questa vita e l'appello alla cosidetta giustizia non e' mai indirizzato a ristabilire il giusto corso delle cose, ma quasi sempre, e' chiesto per evitare una conseguenza dura atta al pagamento del proprio reato. ( di qualsiasi natura)
Il reprobo in questo modo oltre ad evitare la pena sente e ha la sensazione di non avere tradito la propria morale. Ma cosi' facendo,invece, e' ancor piu' traditore: primo perche' tradisce il senso stesso di pentimento ( nel caso ne esistesse uno) concependolo come redenzione quando vuole essere solo un modo per farla franca, secondo, tradisce l'azione stessa che ha compiuto misconoscendola come non sua.
Il Monaco alla fine firma il contratto con il Diavolo ma viene per l'ultima volta tradito: firma una cosa diversa da quella che lui intendeva.
La firma per paura e non per convinzione e dunque ( lo si puo' leggere in questo modo) il Diavolo non rispetta l'accordo o lo interpreta in modo diverso da come fece con Matilde che lo firmo' convinta.

Tutta la storia umana verte su questo principio: l'animo debole e' colui che - se reo - non ha il carattere dell'azione che commette e che - se giudice - non ha il carattere della punizione. Al primo sovviene la paura del castigo, al secondo sovviene la paura del punire eccessivamente.
Non c'e nient'altro oltre a questo se non romanzi come Il Monaco e milioni d'altri che vogliono far finire le cose bene e moralmente.
Ma questa e' narrativa e come diceva il buon Nieztche, laddove incomincia la psicologia incomincia il mondo delle parole e termina quello delle azioni.
mujer
00lunedì 18 maggio 2009 11:16
Che bella riflessione Se',
aspe' che me la rileggo...
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