I diari del Polo di Scott. A cura di Filippo Tuena
Sono in cinque, tutti britannici: Scott, Oates, Bowers, Evans e Wilson. Piantano la Union Jack nel cuore del Polo Sud il 17 gennaio 1912. E' una vittoria che sa di sconfitta: il norvegese Amundsen li ha battuti di cinque settimane. "Crollano i nostri sogni a occhi aperti", scrive Robert F. Scott, il comandante della spedizione. Inizia la marcia di ritorno: 800 miglia, una lotta impari sul ghiaccio. "Sarà un ritorno pesante", prevede Scott. Sarà tragico, mortale. Una bufera di neve inattesa li blocca non lontano dal deposito che li avrebbe salvati. A 40 sotto zero, senza cibo, senza combustibile, impossibilitati a muoversi, i superstiti muoiono a 11 miglia dalla vita. "Moriremo sulla pista", aveva scritto Scott pochi giorni prima. Troveranno i loro cadaveri otto mesi dopo, sotto la tenda, nei sacchi a pelo. Li ha uccisi il maltempo precoce e la loro audacia disperata.
"Siamo andati oltre i nostri limiti, chiuderemo la partita da gentiluomini", lascia scritto in una lettera Scott, capitano di vascello della Royal Navy. "Ci inchiniamo al volere della Provvidenza". "I Diari del Polo - commenterà anni dopo Winston Churchill - sono l'impeccabile resoconto di una delle più grandi imprese del nostro tempo". Trovati acccanto al corpo di Scott, sono la testimonianza di una vicenda umana di stress estremo delle risorse fisiche e psicologiche. Raccontano giorno per giorno la marcia nel bianco allucinante e ostile dell'Antartide e affiancano alla lenta e angosciante immersione nel nulla lo scavo nei territori più profondi dell'animo umano. Immersi in un paesaggio dominato da un'unica materia e un unico colore, in un "non luogo e non tempo", i protagonisti si smarriscono fino al destino dell'immobilità ghiacciata. E il diario, fatto di parole che commentano il silenzio, è la storia di una spaventosa solitudine, di un ritorno senza ritorno.
Libro affascinante e inquietante, "I diari del Polo", curati da Filippo Tuena, tradotti da Davide Sapienza ed editi da Carte Scoperte, sono asciutti, essenziali, impietosi, in presa diretta, storia di una missione "impossibile", di una mitologia moderna e della condizione umana. "Non desisteremo dall'esplorare - aveva scritto T.S. Eliot - e il termine della nostra esplorazione sarà di finire dove siamo partiti e conoscere quel posto per la prima volta".