Gianni Celati

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sergio.T
00martedì 6 maggio 2008 09:35
Gianni Celati ha passato l'infanzia e l'adolescenza in provincia di Ferrara. Laureatosi in letteratura inglese presso l'Università di Bologna con una tesi su James Joyce, nel 1970 pubblicò il suo primo romanzo, Comiche, per Einaudi (nella collana La ricerca letteraria). Sempre da Einaudi sono editi i successivi Le avventure del Guizzardi (1972), La banda dei Sospiri (1974) e Lunario del paradiso (1978), tutti contraddistinti da uno stile di insistita devianza dalla norma scolastica e dallo sforzo della lingua di rappresentare una realtà più autentica, al di fuori del canone borghese. Sono questi peraltro gli anni in cui si dedica alla traduzione di classici inglesi quali La favola della botte di Jonathan Swift o Bartebly lo scrivano di Herman Melville.

I successivi anni di silenzio sul fronte della narrativa corrispondono sia a un periodo di insegnamento alla Cornell University di Ithaca (Stato di New York, USA) sia alla stesura di una serie di saggi sulla narrativa europea poi raccolti in Finzioni occidentali (Einaudi, 1984).

Ritrasferitosi in Italia alla cattedra di letteratura inglese del DAMS di Bologna, Gianni Celati ritorna alla narrativa nel 1984 coi racconti Narratori delle pianure (Feltrinelli), opera che sancisce un forte cambiamento di stile: i picchi d'intemperanza degli anni Settanta si volgono in una lingua volutamente ed arrendevolmente semplice, che riesce a delineare nettamente le cose col minor numero di parole e in maniera più chiara. In seguito vengono Quattro novelle sulle apparenze (1986), dove alla precisione stilistica si accompagna una tematica della fiducia e del disincanto della società contemporanea, e Verso la foce (1988), un itinerario verso le foci del Po (il territorio dell'infanzia e dell'adolescenza dello scrittore). Fra le ultime opere si possono citare la trasfigurazione autobiografica Recita dell'attore Attilio Vecchiatto al teatro di Rio Saliceto (1996) e Cinema naturale (2003), in cui alle meditazioni sul presente si alternano i ricordi. Con Vite di pascolanti ha vinto il Premio Viareggio nel 2006.

Gianni Celati è ancora un attivo traduttore dall'inglese e dal francese di autori come Louis-Ferdinand Céline e Henri Michaux.

Nel 2003 Gianni Celati è protagonista del film documentario Mondonuovo del regista Davide Ferrario, girato attraverso i luoghi dell'infanzia dello scrittore, in un percorso che costeggia il fiume Po, dalla provincia di Reggio Emilia alla foce.

sergio.T
00martedì 6 maggio 2008 09:38
Ottima lettura di vero disincanto. Una manifestazione di disillusione
dal " moderno" apparente, da un mondo che non ci appartiene piu'.
sergio.T
00martedì 6 maggio 2008 09:41

Verso la foce.
Come e' possibile non riconoscere piu' i nostri posti? come e' possibile sentirsi stranieri a casa nostra? come e' possibile non rispettare un fiume, il suo corso, il suo ambiente? dove sono le vecchie e antiche tradizioni? quella gente e quel loro dialetto? quel linguaggio esprimente un mondo e una visione? quel loro " dire" e quel loro fare, dove sono?
Verso la foce e' un libro romantico.
4 piccoli viaggi raccolti in una sorta di diario in compagnia di qualche famoso fotografo.
Immagine e parola: questo e' il mondo di Celati, forse il vero mondo scordato da ognuno di noi.

sergio.T
00martedì 6 maggio 2008 09:57
Amo gli scrittori che scrivono sui propri luoghi: amo gli scrittori che scrivono delle proprie tradizioni, del loro piccolo mondo.
Quel piccolo mondo che e' casa, che e' ristoro, che e' persino viaggio: non c'e' bisogno, a volte, di prendere un aereo; basta incamminarsi a piedi nei posti dove si e' nati, dove si e' cresciuti, dove si " vive" la vita guardando per vedere.
E' la terra che ci ha accolti; e' quel "Volk" che ci incarna; e' quel carattere , come dicevano i Germani, che trascende la cultura e ci lega in un " insieme" mistico, magico, al "luogo".
mujer
00martedì 6 maggio 2008 14:47
Mi attira questa scrittura "locale". Non ho mai letto Celati, lo farò.

Stavo leggendo sul blog di beppe grillo una nota biografica di Guareschi molto interessante. Certi spiriti liberi non appartengono più agli intellettuali di oggi.
Bei tempi andati...
sergio.T
00martedì 6 maggio 2008 16:05
Oh, ecco! Bellissima copertina.
Appena lo finisco te lo giro.
mujer
00mercoledì 4 giugno 2008 11:16
Sergio me l'ha passato e ho iniziato a leggerlo, mi sta piacendo molto.
Una scrittura che attinge al colpo d'occhio per diventare memoria del territorio.
Questo scrittore disincantato che ama i matti e il grande fiume è quanto di può rilassante si possa leggere in momenti di corse sfrenate.
sergio.T
00mercoledì 4 giugno 2008 14:13
Molto contento. Penso che a te piacera' acnora di piu'.
mujer
00domenica 8 giugno 2008 17:06
E' questione di argini, la vita dico, così come Celati li racconta - fragili, inaccessibili a volte, ma sempre lì da raggiungere - utili contorni di un qualcosa che sfugge, scorre, spinge e mai si arresta.
E' bello sentir parlare di fiumi, chi è nato sulle sponde di un fiume sa che è destinato ad un'esistenza malinconica.
Il fatto è che il fiume riporta indietro nulla, è l'immanenza.
Ciò che deve andare va, ciò che deve restare resta; e tu, lì, a veder scorrere i resti del superfluo che nessun corso d'acqua risparmia.
Già, il superfluo, come dice Celati in questo libro, il progresso che, con le sue villette a schiera, il suoi bar al neon e i cartelloni pubblicitari, si è arrestato sugli argini, finte barriere a nascondere il flusso che tutto travolge.
Ma io sto leggendo, e man mano che scorro le pagine mi aspetto che il grande rìo si prenda ciò che è suo.
sergio.T
00lunedì 9 giugno 2008 09:45
Giusto, e' una buona lettura la tua.
Forse non arrivera' quel fiume a portare via tutto: in fondo di quel tutto non rimarra' niente lo stesso.
Sarebbe " fatica" sprecata, anche per un fiume.
mujer
00mercoledì 11 giugno 2008 09:29
Continua la lettura, poche pagine al giorno.
A volte devo tornare indietro, questo Celati appare confuso.
Altre vado spedita come un fiume.

E' un vagabondaggio fuori luogo e fuori tempo.
Infatti tutti lo guardano con diffidenza.
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