Giampaolo Pansa

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sergio.T
00lunedì 4 maggio 2009 10:26
Ha lavorato a La Stampa (per la quale dopo il disastro del Vajont scrisse un reportage da Longarone che iniziava con la famosa frase «Scrivo da un paese che non esiste più»), Il Giorno, Il Corriere della Sera, Panorama e La Repubblica ed è stato condirettore di L'Espresso, per il quale ha anche tenuto una rubrica settimanale di politica e costume: il Bestiario.

Ha scritto anche romanzi e numerosi saggi di storia contemporanea. Ultimamente ha iniziato a pubblicare una serie di saggi che raccontano le violenze compiute dai partigiani comunisti nei confronti di fascisti, partigiani bianchi e talvolta anche cittadini comuni durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, tra i quali Il sangue dei vinti, Sconosciuto 1945 e La Grande Bugia.

La sua posizione politica, individuabile oggi in una opzione social-liberale di lontana matrice azionista[senza fonte] è stata per anni molto vicino alla sinistra di opposizione Italiana e al Partito Comunista. Questa semplice contiguità non poteva certo impedirgli di criticare il centrosinistra italiano e le sue contraddizioni.

Dopo la pubblicazione de "Il sangue dei vinti", Pansa è stato accusato da qualche collega di aver gettato fango sulla Resistenza; tra questi Giorgio Bocca. Alcuni settori della storiografia accademica hanno inoltre criticato Pansa per una metodologia di ricerca che non prevede né l'utilizzazione delle note a piè di pagina né lo stile opaco che sovente caratterizza la ricerca storica italiana, privilegiando invece un approccio narrativo. Pansa è stato inoltre accusato di aver utilizzato quasi esclusivamente fonti revisioniste di parte fascista e di non tenere per nulla conto del contesto di violenza da cui quella reazione, a sua volta sanguinosa, era generata.[1][2]

Il suo libro successivo, "La grande bugia", è dedicato proprio alle reazioni suscitate da "Il sangue dei vinti". Durante le presentazione del libro in un hotel di Reggio Emilia il 16 ottobre 2006, il giornalista è stato violentemente contestato da alcuni giovani dei centri sociali venuti appositamente da Roma, fra i quali spiccava la presenza di un dirigente della federazione romana di Rifondazione Comunista. In seguito ad altri episodi di intolleranza e di contestazione avvenuti nei giorni successivi a Bassano del Grappa ed a Castelfranco Veneto nel corso del giro d'incontri organizzato per promuovere il libro, ed a causa anche delle minacce ricevute, Pansa ha dovuto annullare una buona parte delle tappe del tour promozionale.

"I gendarmi della memoria" ha chiuso il trittico aperto da Il sangue dei vinti ed è un atto di accusa contro quanti, a suo avviso, non accettano alcuna forma di ripensamento o di autocritica su quel periodo. In particolare, il capitolo dedicato alla figura di Riccardo Fedel, comandante partigiano "liquidato" -sostiene Pansa- da una cospirazione stalinista, ha scatenato, poco dopo la pubblicazione, la reazione di alcuni "gendarmi" che, rivendicando -orgogliosamente- di essere tali, hanno attaccato la ricostruzione pansana: la rivista Il Calendario del Popolo nella persona di Davide Spagnoli.

Nel maggio del 2007 Pansa ha dichiarato di non essere più di sinistra e che nelle future elezioni politiche si sarebbe molto probabilmente astenuto dal voto, perché entrambi i blocchi sono allo sfacelo. Maggio 2008 dichiara pubblicamente di aver votato a favore del nuovo Partito Democratico.

A inizio ottobre 2008 lascia l'Espresso dopo 31 anni per approdare al quotidiano il Riformista.

Celebri alcune delle sarcastiche definizioni che Pansa ha dedicato ai politici italiani, come quella di "Parolaio rosso", affibbiata a Fausto Bertinotti o quella di "Dalemoni", alludente al cosiddetto "inciucio" tra Massimo D'Alema e Silvio Berlusconi ai tempi della Bicamerale.

sergio.T
00lunedì 4 maggio 2009 10:27
Lo leggero' dopo Saramago.

sergio.T
00martedì 5 maggio 2009 10:12
e' bastato leggere l'introduzione per capire come mai questo libro abbia dato cosi' fastidio alla sinistra.
Certo, quando si dicono alcune cose taciute e nascoste, si prova una certa irritazione ad ascoltarle.
Eppure tutti sanno e sapevano: la Resistenza dei partigiani e' macchiata di quelle contaminazioni della lotta di classe che niente avevano a che vedere con la resistenza stessa.
Il ripeterlo e il provarlo con prove documentate da' fastidio e come dei buon fascisti s'impedisce che qualcuno lo possa dire a voce alta: ma come? una sinistra fascista? si, sembrerebbe di si e lo dice un uomo di sinistra, Pansa.

Fassino: se avessi avuto la necessita' di una conferma della sua simpatia, o comunque del suo senso della misura, la trovo in questa occasione: non si dissocia, ma dice apertamente che la Resistenza ha avuto ombre scure ed inacettabili per un paese civile e una sinistra responsabile.

Liberazione e il Manifesto: due caricature abbastanza comiche, per non dire ridicole. Soprattutto lo storico del Manifesto che bello bello, ignorante ignorante, se ne salta fuori con una disamina del libro e dei suoi premi completamente smentita dai fatti.
Della serie come fare figuracce del cazzo, o come direbbe Saramago, prendere roma per toma.

sergio.T
00martedì 5 maggio 2009 10:24
Se un Pasolini leggesse articolisti di questo genere ( per il Manifesto solo occasionalmente, per fortuna) si farebbe una gran risata: probabilmente arriverebbe al punto di chiedersi se la sinistra non sia- in una parola sola- soltanto un aggettivo e non piu' un valore.
La miserabile fine della sinistra come coscienza presente nel proprio tempo, deriva proprio da questo: dalla scomparsa di gente come Pasolini, dal diradarsi di uomini di sinistra con un buon senso della misura, e infine, dall'infoltirsi al contrario, di uomini immolati all'ipocrisia.

mujer
00martedì 5 maggio 2009 10:36
In questi giorni i miei occhi stanno vedendo cose che voi umani...
sergio.T
00martedì 5 maggio 2009 11:31
julia, non sapevo nemmeno che Pansa fosse un uomo di sinistra, ma l'ho scoperto solo ora.
E sai che gli dicono i " compagni" ? traditore.
Traditore perche' ha avuto il coraggio di documentare fatti che tutto sono tranne che di sinistra, democratici, o comunisti.

E allora lui dice: nella sinistra italiana che sta crollando dovunque, ognuno da' del traditore a chiunque d'altro ha davanti appena questo riprende ad usare la propria testa.
Si arrivera' al punto che l'unico puro rimasto, si guardera' allo specchio e si dara' del rinnegato da solo.
La sinistra italiana non usa piu' la testa.

Ti diro': questo esempio mi ha fatto ridere ieri sera.
E di piu': quando Liberazione ha incominciato la grande battaglia diffamatoria contro Pansa lui che ha fatto? non ha smentito e controbattuto niente.
Ha detto: " Liberazione mi sta facendo una pubblicita' enorme, ben venga"

Quello che dico io per Berlusconi il povero divorziato: piu' lo criticano per delle cretinate che tutti diciamo e compiamo oggi giorno ( anche Berlusconi rimane un uomo come tanti seppur immortale) e piu' fanno il suo gioco.

Pansa l'aveva capito benissimo riguardo a Liberazione.
sergio.T
00mercoledì 6 maggio 2009 10:46
Meno hanno e piu' invidiano
Fa un certo effetto sapere di cosa e' successo a Lovere, Clusone, Rovetta o San Fedele d'Intelvi.
La caccia ai fascisti in fuga non conosceva sosta di nessun tipo: in citta', in campagna , in montagna.

Un libro pauroso e inquietante: la distinzione tra odio e vendetta verso i fascisti ( si aprirebbe un capitolo a parte) e la lotta di classe ( operai di Sesto San Giovanni ad esempio) va', o dovrebbe andare, ristudiata e riaffermata.

Un conto e' vendicarsi di un gerarca fascista magari reo di crimini di guerra, un conto e' un operaio che giustizia un ricco colpevole solo di essere ricco e nient'altro.
Ma si sa: meno hanno e piu' invidiano.
mujer
00mercoledì 6 maggio 2009 12:25
Io non ho nulla né invidio nessuno.
Messa così sembra spicciola, spiega meglio.
sergio.T
00giovedì 7 maggio 2009 09:44
e' lunga da spiegare.
Diciamo velocemente che la lotta della Resistenza, lotta onorevolissima, fu macchiata come sempre avviene in questi casi, da moltissimi episodi che vedevano la comparsa di partigiani dell'ultimo minuto. Per meglio dire , si vedeva la comparsa di personaggi che fino a quel momento rimasti nell'ombra, si trasformavano all'improvviso in giustizieri in mome dell'antifascismo.
Ma dell'antifascismo non ce n'era un piffero, anzi.
Perseguitavano solo i ceti alti ( nobili, ricchi, borghesi, liberi professionisti) e in nome della lotta di classe li uccisero in qualsiasi modo.
Fucilati, impiccati, torturati.
Documentazione alla mano si e' dimostrato che molte di queste persone non avevano niente a che fare con il fascismo: anzi, ci lottarono contro , ma avevano una colpa piu' grande: erano ricchi o benestanti.
E allora arrivarono i comunisti , o meglio ancora, la schiera del " non abbiamo niente e dunque ci deve essere un colpevole per forza" e scatenarono un'offensiva peggiore dell'azione fascista stessa.
I partigiani non li allontanarono, anzi, li diedero una mano.

Ma si sa come va' il mondo: se un principe una volta abusava di un servo e lo uccideva era cosa barbara e indegna, se al contrario un proletario abusa e uccide un ricco, e' cosa giusta e buona.
Filosofia da quattro soldi, come si vede o per dirla alla Nietzsche, che di queste cose se ne intendeva come un maestro dell'animo umano, cose da " malriusciti e malcontenti".
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