Flavio Giuseppe

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sergio.T
00giovedì 29 gennaio 2009 10:38
Flavio Giuseppe (latino: Flavius Iosephus; ebraico: Joseph ben Matthias; Gerusalemme, 37 circa – Roma, 100 circa) è stato uno scrittore e storico romano di origine ebraica; scrisse le sue opere in greco.

Nato nel primo anno del regno di Caligola da una famiglia della nobiltà sacerdotale imparentata con la dinastia degli Asmonei[1], Flavio Giuseppe ricevette una educazione tradizionale ebraica con un forte influsso della cultura greca e latina. In gioventù assunse posizioni vicine al movimento dei farisei, molto osservante della Torah, ma ostile ai nazionalisti ebrei ed in particolare agli Zeloti. Nel 64 si recò a Roma e rimane impressionato dalla potenza militare e del livello di vita dei romani. Durante la prima guerra giudaica, iniziata nel 66, fu governatore militare ribelle della Galilea. Quando i ribelli della Galilea si resero conto di non essere in grado di vincere le forze superiori dei romani, decisero di suicidarsi in massa. Giuseppe li convinse dell'immoralità del suicidio e dell'opportunità che a turno si perdesse la vita per mano dei compagni; con uno stratagemma riguardante l'ordine delle successive morti fece poi in modo di rimanere l'ultima persona viva del suo gruppo di combattenti e, invece di uccidersi, si consegnò ai romani. Durante l'incontro con il comandante militare romano Tito Flavio Vespasiano, Giuseppe gli predisse che sarebbe diventato imperatore, e Vespasiano gli risparmiò la vita. Alla famiglia di Vespasiano Giuseppe rimase in seguito legato e cambiò il suo nome in Flavio Giuseppe.

Giuseppe venne usato dai romani a fini propagandistici, per convincere i ribelli ad arrendersi. Trascorse il resto della sua vita a Roma, scrivendo opere che avevano un carattere filo-romano, ma che spiegavano ai lettori anche la storia e le credenze degli ebrei. Nella Guerra giudaica, che rappresenta la principale fonte storica per gli eventi relativi alla guerra contro Roma, egli sostenne che la rivolta era opera di una piccola banda di Zeloti e non, come generalmente si riteneva, una insurrezione popolare. Descrisse anche gli ultimi giorni della fortezza ebraica di Masada, dove la maggior parte di coloro che la stavano difendendo si suicidò.


Antichità giudaiche
Nelle Antichità giudaiche vi sono dei rapidi accenni a Gesù (il cosiddetto Testimonium flavianum). Benché questi accenni siano ora considerati da alcuni storici, tra cui E.Schürer [2] e H. Chadwick[3], in tutto o in parte, delle interpolazioni cristiane, essi garantirono in ogni caso la conservazione del testo greco di Giuseppe da parte della Chiesa cristiana. Questi scritti sono estremamente importanti dal punto di vista storico, poiché contengono preziose notizie relative ai movimenti religiosi del giudaismo ortodosso come gli Esseni, i Farisei, gli Zeloti, ecc.


Altre opere minori
Nei due libri Contro Apione, un grammatico alessandrino che aveva scritto contro gli ebrei, riprese i motivi tradizionali dell'apologetica giudaica sull'antichità e sulla superiorità degli ebrei rispetto ai greci. Giuseppe scrisse anche un'Autobiografia nella quale difendeva la sua reputazione dai correligionari ebrei, che lo considerarono un traditore.

Mentre gran parte degli ebrei contemporanei considerarono Flavio Giuseppe traditore e apostata, taluni ritengono che egli, in un periodo nel quale le forze esterne minacciavano la totale distruzione del monoteismo ebraico, abbia perseguito con lucidità il fine della sua conservazione al prezzo di compromessi con il mondo vincente alessandrino/romano.
sergio.T
00giovedì 12 febbraio 2009 19:09
uno di questi giorni me lo prendo in biblioteca.
sergio.T
00mercoledì 18 febbraio 2009 16:50
Come cambiano le cose
In quella terra bruciata dal sole i Romani poco facevano attenzione; anni prima, non troppi, sempre in quella terra aveva predicato Gesu' e Ponzio Pilato e le sue mani lavate, lasciava intendere come a Roma poco ci si preoccupasse della Giudea.
"Gesu'? - disse Ponzio Pilato anni dopo - chi era costui? non ricordo" cosi' scrive giustamente Anatole France nel suo bellissimo racconto.
Ma quando la resistenza giudaica si sollevo' inasprita dalla sollevazione ebraica , a Roma, il vento cambio'.
Incominciarono a volgere la testa, lo sguardo, prima con curiosita', poi con fastidio, infine con una particolare cura.
Che fanno questi Giudei? che vogliono? cosa rivoluzionano?
I Romani da disattenti quali sembravano, invertirono la rotta della loro attenzione, e dall'indifferenza passarono ad altro atteggiamento : decisero lo sterminio e il dominio della Giudea per porre fine a quella storia.

Flavio Giuseppe nella sua Guerra Giudaica ci racconta questa straordinaria storia.
sergio.T
00venerdì 20 febbraio 2009 10:10
Raccontero' di come andarono le cose su una guerra violentissima, una delle guerre piu' violente che i Romani intrapresero.
Raccontero' di come i Romani fecero di tutto per evitare lo scontro armato.
Intrapresero le vie diplomatiche piu' volte; gli ambasciatori di Tito, i rappresentanti di Stato, dell'esercito, tentarono piu' volte di parlamentare con le tribu' giudaiche. E quando tutto sembrava precipitare, ritentarono altre volte.
Fecero di tutto per non arrivare a quello che successe: l'occupazione dei territori giudaici , esecuzioni e suicidi di massa, ma poi alla fine tutto precipito'.
Non voglio incensare i Romani, voglio raccontare la verita' storica.

sergio.T
00venerdì 20 febbraio 2009 10:21
Flavio Giuseppe , comandante delle forze della Galilea ribelle, e' una delle pochissime fonti su quanto avvenne in Israele tra le tribu' rivoluzionarie e i Romani.
E' una lettura che offre mille spunti, mille riflessioni: Masada e il suo assedio, in seguito divenuto simbolo della resistenza patriottica israelita, ( 74 dc. 4 anni dopo la caduta di Gerusalemme) e' uno dei capitoli piu' avvincenti di questa straordinaria epopea romana/israeliana.

sergio.T
00domenica 22 febbraio 2009 22:20
La furia di ferro e fuoco che si abbatte' sulla Giudea fu qualcosa di inimmaginabile.
Dopo decenni di scaramucce, tregue, armistizi, ritorsioni, interventi di piccola portata, trattative diplomatiche, l'agguato di Cestio fu la goccia che fece traboccare il vaso della pazienza Romana.
Una mattina, all'improvviso, truppe militari di stanza in Galilea entrarono in un villaggio ed eressero duemila croci perche' due mila furono i crocifissi.
Fu questo l'episodio che fece capire al popolo giudaico in quale razza di guaio si era infilato e come era cambiato il vento che spirava da Roma.
I sommi sacerdoti racolsero le tribu' giudaiche in assemblea e scongiurarono il popolo a prendere le distanze dai rivoluzionari e dai briganti: " non vi rendete nemmeno conto di chi sta arrivando" dissero loro.
"Abbiate pieta' del vostro popolo e dei vostri figli, nemmeno il vostro Dio vi potra' aiutare"
Nel frattempo a Roma senza por tempo inutile, si comando' la spedizione a marcia forzata dell'esercito in stato di guerra ai comandi di Vespasiano e Tito. I Romani non potevano tollerare oltre la situazione in Giudea e in Galilea.
Il primo villaggio che comprese a cosa si andava incontro fu Garbera: si uccisero tutti gli uomini giovani e vecchi; i bambini e le donne furono deportate in massa; il villaggio fu bruciato e raso al suolo.
Nella marcia verso Gerusalemme l'esercito romano incrocio' villaggi e citta' e in ognuna di esse infieri'con una media di 10.000 15.000 morti tra la popolazione civile e tra i rivoluzionari; a Iotapata , per punire la resistenza ad oltranza della popolazione , i Romani compirono strage ammontante a 40.000 morti.

I Galilei e i Samaritani furono i primi ceppi a conoscere la sciagura Romana.

Cestio che rappresento' una grande vittoria giudaica si stava trasformando nella piu' grande catastrofe che le tribu'del medio oriente dovevano sopportare.
La rabbia Romana era solo all'inizio.
mujer
00lunedì 23 febbraio 2009 08:48
Ma parla dei rivoluzionari, vengono chiamati così perchè lottavano per la liberazione della Giudea e della Galilea?
Cosa fecero i rivoluzionari per far adirare così tanto l'invasore?
(non barare eh!) [SM=g10529]
sergio.T
00lunedì 23 febbraio 2009 09:05
La situazione politica in Giudea era molto complicata.
Molte tribu' si contendevano il potere e soprattutto quelle religiose determinavano la politica giudaica.
Bisogna tenere conto che in Giudea e in Galilea vi erano all'interno della stessa popolazione molte tensioni e molte rivalita' e questo determinava una situazione instabile.
I Romani detenevano il controllo amministrativo da molto tempo: il versamento dei tributi a Roma, comunque, non era uno dei piu' pesanti.
sergio.T
00lunedì 23 febbraio 2009 09:23
Dopo quasi un secolo di scaramucce si determino' all'interno della Giudea stessa una situazione di forte ribellione: a questa , come gia' sosteneva Mommsen per la vicenda Spartaco, si aggiunse l'infiltrazione di briganti e delinquenti comuni.
C'erano gli Zeloti un gruppo ebraico forte sostenitore dell'indipendenza nazionale che erano a stretto contatto con gli Esseni altra forte tribu' politica religiosa.
Infine si formo' anche il partito dei Sicari ( una specie di terroristi) che uccidevano in pieno giorno le loro vittime scelte per mire diverse.
Tutto questo determino' una confusione generale: lo stesso popolo ebraico in relazione con la casta dei Sommi Sacerdoti non aderi' mai completamente a questa politica rivoluziOnaria, o per meglio dire, fu ondivago nella sua accettazione. C'erano forti dubbi a riguardo: l'interferenza Romana , in fondo, non era cosi' massiccia e inavadente.
I Romani controllavano i territori e i confini ma non spinsero oltre la loro vessazione: soltanto in alcuni casi i Governatori delegati da Roma ( vedi Florio) inasprirono il comportamento nei confronti del popolo ebraico.
In questi casi a Roma, in Senato, si chiedevano testimoni per accertare l' eventuale responsabilita' dei Governatori prima di prendere decisioni coercitive nei confronti dei Giudei.
sergio.T
00lunedì 23 febbraio 2009 09:46
Quando tutto precipito' dopo l'agguato a Cestio, si perse il controllo della situazione.
I sommi Sacerdoti riunirono il popolo giudaico sobillato dagli Zeloti e cosi' parlarono loro:
" Voi non vi rendete nemmeno conto di chi sta arrivando. Siete forse piu' grandi dei Galli? quel popolo grande da settanta anni combatte per la sua liberta' ed e' stato sottomesso. Siete forse meglio dei Germani? conoscete la loro vigoria fisica e la loro sfrenata autonomia, ma sapete anche che alla fine furono sconfitti e sottomessi. O i Britanni , popolo sconosciuto, che fu dominato in poco tempo. Per non parlare dei Daci o dei Parti il cui grande regno si tiene lontano da ogni fastidio verso i Romani.
E gli Spagnoli che resistettero come poterono ma poi furono soprafatti.
Non esiste terra nel mondo conosciuto che non conosca la potenza Romana. Potenza che vi chiede un tributo talmente piccolo da non potere essere paragonato alla vostra liberta'.
Che significato avrebbe infatti la liberta' se voi moriste? se i vostri figli morissero, le vostri moglie morissero, i vostri padri morissero.
La vostra indipendenza, la vostra autonomia, i vostri dei non richiedono questo sacrificio di sangue.
Pensate bene che il vostro Dio nulla potra' fare per voi: Dio stesso non vi chiede la vostra vita"

Il popolo rimase confuso: alcuni aderirono altri no. Alcune citta' e alcuni villaggi dichiararono la loro rivoluzione lo stesso, altri si ritirarono. Ironia della sorte molti di essi entrarono in conflitto tra loro. Chi lottava per la paura di perdere la liberta', chi di perdere la vita sua e dei suoi cari.

Ma non c'era oramai piu' tempo: i Romani non interpellarono piu' le caste dominanti delle tribu' politiche religiose: ritirarono ogni forma diplomatica e dopo l'agguato alla legione di Cestio Gallo ( che fu sterminata) deliberarono in pochissimo tempo il concentramento dell'esercito ai confini della Giudea.

Fu proprio con l'agguato di Bethorion che la pazienza Romana travalico': le legioni Legio V Macedonica, X Fretensis, XV Apollinaris stanziarono poco tempo ai confini e poi li passarono con un unico comando: lo sterminio e l'annientamento dei rivoltosi Giudaici.
sergio.T
00lunedì 23 febbraio 2009 09:50
Esseni
Tra i gruppi ebraici di età ellenistico-romana, conosciuti e documentati anche da autori greci e latini, quello degli esseni è forse oggi il più noto, a causa della scoperta, effettuata a Qumran nel 1947, dei manoscritti del Mar Morto, appartenenti a una comunità di questo tipo. Già nell'antichità avevano scritto su di essi, per ricordare i più rilevanti, Filone Alessandrino (Quod omnis probus liber sit), Giuseppe Flavio (Guerra Giudaica), che ci attesta di esserne stato discepolo, e Plinio il Vecchio (Naturalis Historia). Sulla loro origine e sul significato del nome (puri, bagnanti, silenziosi, pii) non c’è accordo tra gli studiosi. Molto probabilmente ebbero inizio dalla metà circa del II secolo a.C. in epoca maccabea, e di essi non si fa mai menzione prima degli Asmonei. Di vita appartata e solitaria, si erano organizzati, fuori dal contesto sociale, in comunità isolate di tipo monastico e cenobitico; protetti da Erode il Grande, al tempo di Gesù erano oltre 4000 e vivevano dispersi in tutto il paese; circa 150 erano quelli residenti a Qumran. Questo sito andò incontro ad una fine violenta nel 68 d.C. ad opera dei romani a causa del loro coinvolgimento nelle sommosse negli anni della guerra che si concluse con il crollo di Gerusalemme. Prima della fine però riuscirono a nascondere la loro biblioteca nelle grotte circonvicine. Alcuni scampati, sembra, si unirono agli zeloti di Masada e ne condivisero la sorte. Lo proverebbe il ritrovamento, duranti gli scavi del 1963 a Masada, un frammento di pergamena dei Canti della santificazione del sabato noto dai ritrovamenti della grotta .


Nome
Giuseppe Flavio usa il nome Esseni in due racconti principali (Guerra giudaica 2.119, 158, 160; Ant. 13.171-2) così come in qualche altro contesto ("un racconto sugli Esseni", Ant. 13.298; "il cancello degli Esseni", Guerra 5.145; "Giuda della stirpe degli Esseni", Ant. 13.311, ma qualche manoscritto recita Essaion; "tenere gli Esseni in onore", Ant. 15.372; "un certo Esseno detto Manaemus", Ant. 15.373; "tenere tutti gli Esseni in onore", Ant. 15.378; "the Essenes", Ant. 18.11 & 18; Life 10). In molti passi, comunque, Giuseppe scrive Essaios, che generalmente è da intendersi come Esseno ("Giuda della stirpe Essaios", Guerra I.78; "Simone della stirpe Essaios", Guerra 2.113; "Giovanni l'Essaios", Guerra 2.567; 3.11; "coloro che sono da noi chiamati Essaioi", Ant. 15.371; "Simone un uomo della razza degli Essaios", Ant. 17.346). Filone usa il nome Essaioi, sebbene egli ammetta che questa versione greca del nome originale che secondo la sua etimologia significa "santi" sia inesatta (NH XII.75). Il testo latino di Plinio riporta la parola Esseni. Nel I secolo d.C. lo storico Giuseppe Flavio identificò gli esseni come una delle maggiori quattro principali scuole ebraiche del periodo.

Sugli esseni si sono concentrate molte speculazioni esoteriche. Ad esempio Ahmed Osman dimostrò nel suo libro "Fuori dall'Egitto" che "Esseno" va tradotto come "colui che segue Gesù (Essa)." Questa "ovvia" traduzione letterale è da tralasciare a causa delle indiscutibili assunzioni circa le origini della cristianità del I secolo d.C. Nel nuovo libro di Gabriele Boccaccini, [1] viene spiegato che una etimologia per Esseni non è ancora stata trovata, ma che si applica anche a numerosi gruppi diffusi in tutta la Palestina che includono anche la comunità di Qumran. Infine il riferimento di Giuseppe Flavio ad un "cancello degli Esseni" nel Tempio suggerisce che una comunità essena vivesse nel quartiere della città o che regolarmente accedesse a questa parte dei recinti del Tempio .

sergio.T
00lunedì 23 febbraio 2009 09:51
Samaritani
Da un punto di vista strettamente storico i Samaritani sono i discendenti di quanti, fra le popolazioni ebraiche delle nove tribù del regno settentrionale di Israele, rimasero sul posto al momento della deportazione delle élite urbane esiliate dagli assiri (Sargon II si vanta in una sua iscrizione di avere deportato dalla regione in tutto 27.290 persone, quindi palesemente non l'intera popolazione). Questa popolazione di "rimasti", si fuse nel corso dei secoli con una parte delle popolazioni pagane a loro volta deportate in Israele.

Tuttavia secondo quanto afferma la Bibbia, per la quale solo i discendenti delle due tribù del Regno di Giuda erano i "veri" e "puri" ebrei dopo l'Esilio babilonese, i samaritani erano i discendenti unicamente degli stranieri pagani deportati in Israele nel 721 a.C., per sostituire le popolazioni ebraiche totalmente deportate.

La visione biblica contrasta però con la persistenza nei territori dell'ex Regno di Israele, anche durante il periodo esilico, sia della cultura materiale esistente prima della conquista assira (il che indica che le popolazioni erano le stesse), sia soprattutto del culto di YHWH (peraltro considerato "illegittimo" dai compilatori dei libri biblici post-esilici).

La Bibbia spiega tale persistenza con una visione divina che aveva insegnato ai popoli pagani nuovi arrivati il culto yahwista, dopo la totale scomparsa degli ebrei dal paese. Ovviamente da un punto di vista strettamente storico si trattò invece di un classico fenomeno di assimilazione dei nuclei stranieri da parte delle popolazioni già esistenti in luogo, numericamente prevalenti.

Nella realtà storica gli ebrei di Samaria, lungi dal convertirsi al paganesimo o abbandonarsi al sincretismo, secondo l'accusa rivolta loro da alcuni ebrei di Giuda, si preoccuparono di preservare il culto di YHWH, fino ad arrivare a costruire (in una data non determinabile del IV secolo a.C.) un loro tempio, separato da quello di Gerusalemme, sul Monte Garizim, officiato da sacerdoti di retta discendenza aronnica.

Inoltre i samaritani hanno sempre osservato i precetti mosaici così come espressi nel Pentateuco, e si sono sempre considerati discendenti di Abramo e quindi eredi del suo patto con YHWH. Di più: secondo la versione samaritana della storia, sono stati semmai i Giudei a deviare dalla retta religione, "aggiungendo" innovazioni "devianti" alla corretta fede mosaica, di cui ovviamente loro si ritengono i soli ed ultimi depositari.
sergio.T
00lunedì 23 febbraio 2009 09:53
Zeloti
Gruppo politico-religioso giudaico apparso all'inizio del I secolo, gli zeloti erano partigiani accaniti dell'indipendenza politica del regno ebraico, nonché difensori dell'ortodossia e dell'integralismo ebraici. Considerati dai romani alla stregua di terroristi, si ribellavano con le armi alla presenza romana in Palestina.

Fondati da Giuda il Galileo ebbero stretti rapporti con la comunità essena di Qumran. Svolsero un ruolo importante nella grande rivolta del 66-70, la maggior parte di essi perì durante la presa di Gerusalemme da parte di Tito Flavio Vespasiano (70).


Nel I secolo lo zelotismo va impadronendosi gradualmente delle masse, urbane e ancor più di campagna, le porta al fanatismo e le conduce alla violenza dei predoni e dei sicari, che porteranno alla catastrofe finale della prima guerra giudaica.

La caduta di Gerusalemme tuttavia non segnò la sconfitta dello zelotismo; gli ultimi zeloti infatti, a capo dei quali c’era Eleazaro ben Simone, si rifugiarono, in un estremo tentativo di resistenza, nella fortezza di Masada, a sud del deserto di Giuda, vicino al Mar Morto. Quando si videro perduti, tutti i 960 zeloti si diedero la morte.


Le fonti
Fonti sull'origine del movimento zelota sono le testimonianze convergenti di Giuseppe Flavio e dell'evangelista Luca.

« In Gerusalemme nacque una nuova forma di banditismo, quella dei così detti sicari (Ekariots), che commettevano assassini in pieno giorno nel mezzo della città. Era specialmente in occasione delle feste che essi si mescolavano alla folla, nascondevano sotto le vesti dei piccoli pugnali e con questo colpivano i loro avversari. Poi, quando questi cadevano, gli assassini si univano a coloro che esprimevano il loro orrore e recitavano così bene da essere creduti e quindi non riconoscibili »
(Giuseppe Flavio, Guerra Giudaica II- 12)

Robert Eisenman (Eisenman, Robert. 1997. James the Brother of Jesus : The Key to Unlocking the Secrets of Early Christianity and the Dead Sea Scrolls. (Viking Penguin)) ha posto l'attenzione sulla presenza in alcuni riferimenti contemporanei del Talmud della parola zeloti, usata come sinonimo di kanna'im, ma non esattamente come un gruppo, piuttosto come preti vendicativi del Tempio.

La testimonianza dello storico ebreo sulla dottrina degli neloti è interessante:

« Giuda il Galileo introdusse una quarta setta i cui membri sono in tutto d'accordo con i farisei, eccetto un invincibile amore per la libertà che fa loro accettare solo Dio come signore e padrone. Essi disprezzano i diversi tipi di morte e i supplizi dei loro parenti e non chiamano nessun uomo signore. »
(Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche, XVIII, 23))

È facile desumere da qui che lo zelotismo non è che un fariseismo fanatico, capace di passare dal piano religioso a quello politico, col pretesto di non obbedire ad altri che a Dio.

I termini che indicano i combattenti messianisti (chrestianoi in greco) sono:

in ebraico: Qanana (Cananei) e Bariona,
in greco: Zelotes e Lestes,
in latino: Sicarii, Latrones e Galilaei (Sicari, Ladroni e Galilei).

Zeloti tra gli apostoli di Gesù
Con certezza gli apostoli erano coinvolti nel movimento con Simone (detto per l'appunto Zelota Lc+6:15;At1:13). Più articolata la questione circa il coinvolgimento degli altri apostoli. Ad esempio di:

Giuda detto Iscariota, nel caso fosse vera l'equivalenza tra Iscariota e Sicario (vedi "Etimologia di Giuda Iscariota" alla voce Giuda Iscariota)
Simone detto Pietro nel caso fosse correttamente attributo il soprannome di Bariona (vedi "Pietro era uno zelota?" alla voce San Pietro)
Interpretando un passo del vangelo di Luca come una metafora, Giacomo di Zebedeo e suo fratello Giovanni che chiedono a Gesù il permesso di incendiare un villaggio di samaritani dal quale il Cristo e i suoi seguaci erano stati respinti:
« …ma essi non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: "Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?Ma Gesù si voltò e li rimproverò. » (Luca 9:51-56)

considerando che a quell'epoca tale fosse il costume degli zeloti.

Secondo gli studi di Eisemann l'elemento zelota nell'originale gruppo di apostoli è stato mascherato e sovrascritto per dar modo alla chiesa cristiana di Paolo di assimilarsi all'elemento romano e di far proseliti tra i gentili.


Dei rapporti tra gli esseni e gli zeloti [modifica]
Tra i reperti di Qumran si ritrovano tracce che collegano la comunità essena ai rivoltosi zeloti, come ad esempio il Rotolo della guerra.

« ...Sono divisi (gli esseni) fin dall'antichità e non seguono le pratiche nella stessa maniera, essendo ripartiti in quattro categorie. Alcuni spingono le regole fino all'estremo: si rifiutano di prendere in mano una moneta (non ebraica) asserendo che non è lecito portare, guardare e fabbricare alcuna effigie; nessuno di costoro osa perciò entrare in una città per tema di attraversare una porta sormontata da statue, essendo sacrilego passare sotto le statue. Altri udendo qualcuno discorrere di Dio e delle sue leggi, si accertano se è incirconciso, attendono che sia solo e poi lo minacciano di morte se non si lascia circoncidere; qualora non acconsenta essi non lo risparmiano, lo assassinano: è appunto da questo che hanno preso il nome di zeloti, e da altri quello di sicari. Altri ancora si rifiutano di dare il nome di padrone a qualsiasi persona, eccetto che a Dio solo, anche se fossero minacciati di maltrattamenti e di morte. »
sergio.T
00lunedì 23 febbraio 2009 10:06
Farisei
La corrente spirituale dei farisei costituisce, probabilmente, il gruppo religioso più significativo all'interno del giudaismo, nel periodo che va dalla fine del II secolo a.C. all'anno 70 d.C. ed oltre.

Le testimonianze più note sui farisei sono costituite dal Nuovo Testamento e dalle opere dello storico Flavio Giuseppe. Poiché, tuttavia, l'ebraismo rabbinico o moderno (cfr. infra) è, essenzialmente, derivato dal fariseismo, anche esso ci attesta molti aspetti della dottrina e del pensiero di tale corrente spirituale.

I sadducei si reclutavano sociologicamente in un'aristocrazia di nascita e di denaro, i farisei corrispondono ad una nuova aristocrazia fondata sulla cultura, ossia sulla conoscenza della Scrittura. Con essi si viene così a creare nella società ebraica una classe di intellettuali e di persone colte, in opposizione alla vecchia aristocrazia chiusa e tradizionalista. L'ambiente fariseo comprendeva gli scribi, vale a dire quanti insegnavano la Legge; ma gli scribi non erano necessariamente farisei.

Pur annoverando nel suo seno individui spregiudicati, il movimento fariseo rappresentava nel giudaismo la corrente piu fervente, più aperta e più moderata. Emersi sulla scena sociale alla fine del II secolo a.C. sotto gli Asmonei, si collegano alla reazione non solo culturale, ma anche religiosa, contro l'ellenismo, e sono al loro inizio identificabili con gli asidei. Ruppero con la casa asmonea sotto Giovanni Ircano (134 – 104 a.C.) e fu verso quest’epoca che apparvero costituiti in partito (àiresis), chiamati da Giuseppe Flavio col nome di farisei, ossia i "separati". Probabilmente il termine fu coniato dagli oppositori con intento dispregiativo; tra loro si chiamavano invece chaverìm ("congregati", "compagni").

Sul piano dottrinale, caratteristica dei Farisei è l'ammissione di uno sviluppo dogmatico e giuridico: intransigenti sulla sostanza della fede e della legge, si mostrano duttili sulle sue applicazioni. Le tendenze progressiste dei farisei si ritrovano sul piano teologico; anzitutto sullo sviluppo dell'escatologia: "Per essi ogni anima è imperitura, ma soltanto quella dei buoni passa in un altro corpo, mentre quella dei malvagi è punita con un castigo eterno" (Giuseppe Flavio, Guerra Giudaica II, 163).

Grandi figure di farisei hanno costellato il periodo ellenistico-romano: Hillel, sotto il regno di Erode, fu l'iniziatore della cultura farisea; questi, di posizioni moderate, aveva in Shammai un interlocutore dalle rigide tesi dottrinali; tra il 30 e il 70 circa, incontriamo Gamaliele, che intervenne al Sinedrio in favore dei cristiani e fu maestro di Paolo di Tarso.
sergio.T
00martedì 24 febbraio 2009 10:39
Crocifissione davanti a Gerusalemme
Il caos politico religioso scatenatosi dentro a Gerusalemme determino', in buona parte, uno stato di confusione tale che i Romani furono acclamati dal popolo giudaico come i salvatori.
L'esercito al comando di Tito e' alle porte della citta': Flavio Giuseppe descrive bene come all'interno del tempio la carneficina delle sette giudaiche si sviluppa in una misura racappriciante.

I Romani prima di intraprendere le due ultime imprese per lo sterminio totale della Giudea - la presa di Gerusalemme e il mitico assedio di Masada - dovettero sospendere le azioni militari per l'instabilita' politica imperiale scatenatasi a Roma.
In rapida successione mori' Nerone sali' al potere Otone poi Vitellio e infine fu proclamato imperatore Vespasiano padre di Tito.
Le truppe militari di Vespasiano giunsero velocemente a Roma: perseguitarono il colpo di stato militare di Vitellio, lo stanarono dal suo nascondiglio, lo presero, e legato con una spada sotto il mento per non fargli abbassare la testa lo giustiziarono legandolo ad un uncino: alla fine fu gettato nel Tevere.

Nel frattempo a Gerusalemme i Romani erano alle porte della citta': per simbologia, Falvio Giuseppe racconta, che catturarono un giudeo e lo crocifissero in croce proprio davanti alle porte principali.
Il messaggio era chiarissimo: cosi' in questo modo finira'la rivoluzione giudaica.
sergio.T
00martedì 24 febbraio 2009 14:14
Non c'era piu' spazio per le croci, non c'erano piu' croci per i crocifissi
L'esempio era dato: la crocifissione solitaria davanti alle porte di Gerusalemme significava che per i giudei rivoluzionari l'ora della fine era arrivata.
Lo spettacolo disumano e terrificante che si scateno' nei giorni seguenti fu uno dei piu' violenti che la storia ricordi: la determinazione Romana non venne meno a quell'esempio e all'intenzione di sterminare e sottomettere una volta per tutte il popolo ebraico.
Alla mattina , all'alba, quando gli assediati, il popolo, i rivoluzionari, gli insorti, i disperati, i moribondi di Gerusalemme si alzavano e si affaccivano alle mura ,guardando nella piana antistante, vedevano centinaia di croci in fila ed ad ognuna di esse un crocifisso.
I Romani, infatti, incominciarono a crocifiggere 500 vittime al giorno ed andarono avanti per giorni e giorni.
Flavio Giuseppe dice: " Persino i Romani parlando tra loro furono presi da compassione dal quel terrificante spettacolo. Non c'era piu' spazio per le croci e non c'erano piu' croci per i crocifissi. Dicevano che provavano pena per quelle persone ma che la decisione delle crocifissioni non poteva essere sospesa sino a quando quell'esempio avesse portato alla resa della citta'. Cosi' Tito decise di continuare le crocifissioni"

Il popolo ne fu sconvolto: mai si era visto uno spettacolo cosi' terribile, ma nonostante questo, gli insorti, i banditi, i briganti non si arresero e cosi' facendo andarono avanti verso la loro inevitabile fine.
sergio.T
00martedì 24 febbraio 2009 20:06
Con il tempo si puo' fare tutto, mentre l'abilita' sta nel farlo presto.

Tito.
mujer
00mercoledì 25 febbraio 2009 09:52
Non so perchè, ma ho l'impressione che questa massima tu l'abbia messa per lanciarmi qualche messaggio recondito.
Vero che c'ho preso? [SM=g11134]
sergio.T
00mercoledì 25 febbraio 2009 12:05
L'ho messa perche' l'ha detta Tito parlando all'esercito.
E' una massima brevissima ma che dice tutto sul carattere Romano.
E' un carattere pratico, che non attende, non tergiversa: analizza, decide, esegue con energia.
Il segreto della grandezza, insomma.
Tito si rivolge ai soldati e a coloro che sostengono la tesi che l'assedio di Gerusalemme deve prosegiuire con pazienza; con pazienza, dicono i soldati, i giudei crolleranno, le cose cambieranno all'interno del tempio, e la vittoria sara' Romana.
Tito non e' d'accordo: " con il tempo si puo' fare tutto, mentre l'abilita' sta nel farlo presto", risponde.

E come si fa a farlo presto? non e' cosi' difficile per il modo di pensare Romano.
L'idea di una cosa non deve essere mai fissata ad un ideale: se cambia la cosa, cambia anche l'idea. Se le condizioni di un assedio, ad esempio, sono in un modo all'inizio, nulla vieta che possano cambiare durante l'assedio stesso. Pero' bisogna accorgersene.
E una volta accortisi di questo cambiamento si aprono due strade: o il dubbio, il tentennamento, l'indecisione, il disorientamento, l'attesa - o altra strada - l'immediata convinzione di avere percepito il cambiamento e la conseguente immediata decisione di cambiare l'azione. Con energia, senza voltarsi indietro.

I Romani sono maestri in questo; maestri come quei grandi GM scacchistici che quando la posizione sulla scacchiera cambia abbandonano ogni principio che la teoria insegna loro: se ne infischiamo e modellano il loro gioco in base a quanto sta accadendo sulla scacchiera in quel momento e non sui manuali.

Non ci si pone dunque ferrei in una convinzione: semmai ci si convince che bisogna cambiare.

L'esercito rispose all'esortazione di Tito e di alcuni suoi generali, come ci si aspettava: tutto accellero' , tutto divenne piu' veloce. Abbatterono il torrione e il terzo ultimo muro , e poi in modo tipicamente Romano, posero fine una volta per tutte alla rivoluzione giudaica, ma questo e' un altro discorso.
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