Intervista
Intervista a Elizabeth Strout, premio Pulitzer 2009
Destinata a raccogliere la stessa popolarità di romanzi leggendari come “Via col vento” di Margaret Mitchell, “Il vecchio e il mare” di Ernest Hemingway e “Amatissima” di Toni Morrison, “Olive Kitteridge” è il patchwork di racconti scritti dalla scrittrice americana Elizabeth Strout, arrivata in Italia per presentare il suo romanzo, vincitore del Premio Pulitzer 2009. Fazi editore ne ha già vendute 40mila copie, arrivando a ristamparla 5 volte in 2 mesi. Noi di Booksblog, l’abbiamo intervistata per saperne di più.
Cos’ha il romanzo “Olive Kitteridge” che piace tanto alla gente?
Penso dipenda dal fatto che rappresenta e descrive sentimenti universali, con i quali la gente si confronta normalmente nella propria vita. Racconto quello che molte persone non hanno a volte il coraggio di esprimere, navigo nella profondità delle emozioni.
Come è nato?
La prima immagine che ne ho avuto è stata quella di lei al tavolo del picnic durante il matrimonio del figlio Christian, mentre desiderava che finalmente tutti gli invitati se ne andassero. Non è sempre in primo piano nei racconti che conpongono il romanzo perchè è un personaggio cosi forte e duro che ho voluto dare delle pause al lettore. Inoltre nella vita i punti di vista sul mondo sono sempre molteplici.
Olive è servito a Elisabeth per comprendere meglio se stessa e la sua vita?
Si dovendo entrare in profondità nel personaggio ho dovuto conoscere meglio me, utilizzare le mie esperienze per immaginare le sue.
Il romanzo sembra indagare sul dolore umano: ma c’è un luogo dove trova terreno più fertile? E cosa serve per fronteggiare la pace e i conflitti?
Pazienza e amore. E magari qualche donuts! Nel libro ce ne sono molti perché non mangiavo che quelli quando l’ho scritto, stando per la maggior parte del tempo in un piccolo cottage sulla spiaggia, a Cape Code, nel Massachuttes. Ero senza tv, senza radio, con me avevo solo tre libri di Graham Greene e molti donuts!
Dopo l’unanime consenso di critica ricevuto per tutte le sue opere e dopo essere stata finalista ai più importanti premi letterari americani (Orange Prize, PEN/Faulkner Prize e Critical Book Award), quando ha scritto “Olive Kitteridge” credeva diventasse la “Spoon River” di Elizabeth Strout?
No!! Stavo solo cercando di scrivere il romanzo migliore che fossi in grado di scrivere.
Come lavora, quando scrive a chi si ispira Elisabeth?
Sono molto metodica, cerco di lavorare la mattina, per tre ore al giorno o per almeno tre pagine. Gli scrittori cui mi ispiro sono soprattutto George Elliot, Alice Munroe, Lev Tolstoj e Philip Roth.
In “Olive Kitteridge” c’è l’idea di un’America insicura: quale?
Me lo hanno gia detto, ma non credo. Olive è una donna spesso spaventata, anche dai cambiamenti in atto nel paese, ma il libro non descrive un paese spaventato.
Ha detto che in molte occasioni si è sentita imbarazzata di essere americana: quando?
Negli ultimi anni, a causa della presidenza Bush, specie per via della sua politica estera.
Quale futuro vede per l’America?
Non so quale sarà il nostro futuro. Spero i democratici possano continuare a governare. In ogni caso non credo gli Stati Uniti possano rappresentare un modello cui ispirarsi oggi.
Elisabeth Strout