Sto per finire Le voci di Marrakech di Elias Canetti.
Questo libro mi incuriosiva molto, diciamo che ogni tanto me lo vedevo spuntare e sapevo di dover fare i conti con il fatto che non lo avessi ancora letto.
Non so perchè, quando lo scoprii una decina di anni fa, non decisi di leggerlo subito.
Penso che abbia a che vedere con la mia ritrosia a leggere di viaggiatori occidentali che visitano luoghi "altri".
Reduce dai vari "esploratori", da Kipling l'etnocentrico al Coloane patagonico, il mio vagare si era contaminato di sguardi da civiltà superiore che pone in basso le popolazioni che considera minoranza.
Ma sul pregiudizio che ho imposto a Elias Canetti mi sbagliavo.
Ne Le voci di Marrakech c'è la voce dell'etnos, c'è uno sguardo rispettoso sulla vita popolare e sulle relazioni umane, cariche di diversità e di incomprensibili comportamenti che l'autore non spiega né giudica mai.
Essere osservatrice di un carico culturale così elevato mi ha fatta rinfrancare da un certo pensiero che, in me, voleva che gli scrittori viaggianti fossero i contaminatori dei miei luoghi mai visitati.
Tanto contaminati da decidere di non visitarli mai.
Ora, invece, voglio a tutti i costi fare un viaggio a Marrakech.
Ecco cos'è la buona letteratura.