Cormac McCarthy

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sergio.T
00venerdì 21 settembre 2007 09:27
Lo conoscerete senz'altro tutti; forse e' uno dei migliori scrittori al mondo, oggi vivente.
Per quanto mi riguarda, giocando con questi stupidi parametri, io tolgo il forse , e con Saramago non vedo niente di meglio su questo pianeta. ( e' personale, ovvio)
Il grande scrittore americano, in un certo senso, e' unico: per tutti i profili che voi vorrete metterci.
Stile: impareggiabile
La scrittura dell'americano e' assolutamente perfetta: epica, poetica, magnificiente, corale, forte, dolce, cadenzata a ritmo vitale.
Offre un ampio respiro, per poi salire a vette serrate e fulminanti( dialoghi)e ridiscendere come un fiume in piena, ma piu' avvolgente, nella narrazione( il raccontato)
Ambientazioni: apocalittiche. Madre natura e' il Grande palcoscenico e la vita stessa assume il ruolo di protagonista.
In McCarthy tutto e' vita, anche le pietre del deserto ( un panteista)
Personaggi: indimenticabili.
Su tutti un Galton o un Giudice, uomini forti per un sentimento forte.
Trame: perfette
Contenuto e visione: beh, signori, il pensiero di McCarthy e' un pensiero duro, denso, temprato.
Madre natura e' padrona in assoluto; l'eterno conflitto tra condizione umana e condizione naturale , qui in queste pagine, ha un concerto melodioso.
Lontano da ogni moralismo di bassa lega; lontano da ogni etica pregiudiziale, o da ogni teoria ideale, il grande scrittore americano si assume un ruolo, se si vuole, politicamente scorretto, ma talmente onesto e talmente sincero da apparire come l'unica filosofia ( uomo) possibile nella sua autenticita'.
Il western di McCarthy e' simbolo di un palcoscenico che non solo e' il teatro del fine 800, ma bensi' e' lo sfondo di ogni epoca.
L'espansione ( confine), la violenza ( potenza) e l'affermazione ( al di la' del bene o del male) esistenziale come individuo, sono i valori esistenzialmente atavici dell'uomo.
Meridiano di sangue, lo considero, uno dei massimi libri di tutto il secolo.
Per chi ancora non lo conoscesse, buona lettura davvero.
sergio.T
00venerdì 21 settembre 2007 09:58
mi sono andato a ricopiare quello che avevo scritto in altro forum, su questo grandissimo autore.
Che aggiungere di piu'? forse si potrebbe dire che chi non la letto McCarthy non sa quello che si perde e non sapendolo non puo' nemmeno immaginarlo.
McCarthy e' qualcosa di unico. Ci si dovrebbe chiedere cosa gli manca per un Nobel della letteratura ( se mai ha valore questo premio), o meglio, si dovrebbe ringraziare che ci sia ancora chi scrive in questo modo.
Mac29
00venerdì 21 settembre 2007 12:12
Grazie Carla, mi sarei corretto questa mattina. Infatti ieri andando in libreria a fare compere (ben 5 libri),mi sono accorto della gaf;tra l'altro la strada l'ho anche comprato.Ciao e scusate ancora.
sergio.T
00lunedì 24 settembre 2007 09:14
Ho letto La strada in due giorni.
Che dire?
E' un romanzo perversamente apocaliticco, finale, nero.
McCarthy disegna un " dopo" mondo a tinte epiche, definitive, risolutive: un mondo dopo una catastrofe non definita, come non sono definiti ne' nomi, ne' posti, niente di niente rimane nella sua identita'.
L'apocalissi dell'autore americano , infatti, non solo distrugge un mondo fisico, ma devasta persino il significato oggettivo delle cose: la natura, gli uomini, gli ambienti diventono estranei nella percezione dei sopravissuti. Il senso delle cose non e' piu' riconosciuto in questa visione deflagrata.
Cosa rimane? rimangono le parole, l'universo del linguaggio, il sentimento d'amore tra un padre e un figlio.
Quel figlio piccolo portatore del " fuoco" perche' coloro che amano ancora sono i "caldi" , quelli che ancora sanno vedere i " buoni", quelli che la bonta' tornera' a loro.
La terra cade, l'universo umano finisce, la notte incombe, il freddo raggela, ma la' in fondo tutto rimane mistero, perche' la vita umana e' il mistero stesso.
Una speranza che trascende ogni esperienza.
mujer
00mercoledì 26 settembre 2007 09:00
Facciamo a cambio?
il tuo La strada per il mio La parete [SM=g10529]
sergio.T
00mercoledì 26 settembre 2007 09:37
ci penso. a mio conguaglio? [SM=g8273]
Mac29
00mercoledì 3 ottobre 2007 11:53
Che bella lupa così temeraria e solitaria. Si apprezza per forza questo libro;è paragonabile a meridiano di sangue.
carla b.
00mercoledì 3 ottobre 2007 15:51
Re:
Mac29, 03/10/2007 11.53:



Che bella lupa così temeraria e solitaria.



Pensa che io, per "colpa" di questa lupa non sono riuscita a finire questo libro.
Soffrivo troppo per lei
Poi magari qualcuno mi spiega come finisce [SM=g8455]


Mac29
00mercoledì 3 ottobre 2007 16:50
In effetti questa lupa fa soffrire anche a me, infatti durante la pausa lavorativa,quando mi trovo da solo in giro per clienti,leggo sempre;purtroppo questa volta ho dovuto leggere con la tristezza che mi logorava il cuore,perchè Billy è stato obbligato a sparare alla sua lupa.Così finisce la prima parte del libro.Mi dispiace ti terrò informata.
sergio.T
00lunedì 8 ottobre 2007 11:34
Lo stile
Quando si svegliava in mezzo ai boschi nel buio e nel freddo della notte allungava la mano per toccare il bambino che gli dormiva accanto. Notti più buie del buio e giorni uno più grigio di quello appena passato. Come l'inizio di un freddo glaucoma che offuscava il mondo. La sua mano si alzava e si abbassava a ogni prezioso respiro. Si tolse di dosso il telo di plastica, si tirò su avvolto nei vestiti e nelle coperte puzzolenti e guardò verso est in cerca di luce ma non ce n'era. Nel sogno da cui si era svegliato vagava in una caverna con il bambino che lo guidava tenendolo per mano. Il fascio di luce della torcia danzava sulle pareti umide piene di concrezioni calcaree. Come viandanti di una favola inghiottiti e persi nelle viscere di una bestia di granito. Profonde gole di pietra dove l'acqua sgocciolava e mormorava. I minuti della terra scanditi nel silenzio, le sue ore, i giorni, gli anni senza sosta. Poi si ritrovavano in una grande sala di pietra dove si apriva un lago nero e antico. E sulla sponda opposta una creatura che alzava le fauci grondanti da quel pozzo carsico e fissava la luce della torcia con occhi bianchissimi e ciechi come le uova dei ragni. Dondolava la testa appena sopra il pelo dell'acqua come per annusare ciò che non riusciva a vedere. Rannicchiata lì, pallida, nuda e traslucida, con le ossa opalescenti che proiettavano la loro ombra sulle rocce dietro di lei. Le sue viscere, il suo cuore vivo. Il cervello che pulsava in una campana di vetro opaco. Dondolava la testa da una parte all'altra, emetteva un mugolio profondo, si voltava e si allontanava fluida e silenziosa nell’oscurità.

Con la prima luce grigiastra l'uomo si alzò, lasciò il bambino addormentato e uscì sulla strada, si accovacciò e studiò il territorio a sud. Arido, muto, senza dio. Gli pareva che fosse ottobre ma non ne era sicuro. Erano anni che non possedeva un calendario. Si stavano spostando verso sud. Lì non sarebbero sopravvissuti a un altro inverno.

Quando ci fu luce a sufficienza per usare il binocolo ispezionò la valle sottostante. Tutto sfumava nell'oscurità. La cenere si sollevava leggera in lenti mulinelli sopra l'asfalto. Studiò quel poco che riusciva a vedere. I tratti di strada laggiù fra gli alberi morti. In cerca di qualche traccia di colore. Un movimento. Un filo di fumo. Abbassò il binocolo e si tirò giù la mascherina di cotone dal viso, si asciugò il naso con il polso e riprese a scrutare la zona circostante. Poi rimase seduto lì con il binocolo in mano a guardare la luce cinerea del giorno che si rapprendeva sopra la terra. Sapeva solo che il bambino era la sua garanzia. Disse: Se non è lui il verbo di Dio allora Dio non ha mai parlato.

Quando tornò dal bambino lo trovò che dormiva ancora. Gli tolse di dosso il telo azzurro, lo ripiegò e lo portò fino al carrello del supermercato, ce lo infilò e tornò con i piatti, qualche focaccina di mais dentro una busta e una bottiglietta di plastica piena di sciroppo. Stese a terra il piccolo telo impermeabile che usavano come tavolo e apparecchiò, si sfilò la pistola dalla cintura, la posò sul telo e restò a guardare il bambino che dormiva. Nel sonno si era tolto la mascherina, che era sepolta da qualche parte in mezzo alle coperte. Posò lo sguardo sul bambino e poi lo lasciò vagare fra gli alberi verso la strada. Quello non era un posto sicuro. Adesso che era giorno si poteva vedere. Il bambino si rigirò nelle coperte. Poi aprì gli occhi. Ciao papa, disse.
Sono qui.
Lo so.

McCarthy
mujer
00lunedì 8 ottobre 2007 12:48
che pezzo!
meraviglioso
Mac29
00giovedì 18 ottobre 2007 10:45
Purtroppo un po' lentamente, ma sto per finire oltre il confine;devo dire che è un capolavoro e lo affianco a meridiano di sangue come opera. SUBLIME.
sergio.T
00giovedì 21 febbraio 2008 17:25
Un tipo da Meridiano di sangue.
Corriere della sera in grande spolvero : dopo la pagina dedicata a Stendhal, ecco oggi, la pagina dedicata a McCarthy, il grande scrittore statunitense.
Uno stralcio di una intervista rarissima, dato che non ne da' mai.
Un tipo particolarissimo, come i suoi meravigliosi romanzi.
( McCarthy e Saramago, a mio avviso sono i piu' grandi scrittori viventi)
Un tipo che non scrive email per principio.
Un tipo che non usa il cellulare.
Un tipo che non legge narrativa perche'cosa stravagante.(
proprio lui!!! che sa scrivere storie come nessun' altro.)
Un tipo che non vota e mai ha votato a qualsiasi elezione politica ( lo comprendo benissimo)
Un tipo che correggendo un trattato di fisica ( e' appassionato di scienza) ha fatto piazza pulita di virgole e punti lasciando sbigottita l'aitrice del volume.( del resto lui e' un maestro della prosa)
Un tipo che vive isolato da anni: rarissime foto, superarissime interviste ( forse questa e' la seconda in 40 anni), nessuna apparizione in tv.
Un tipo che neppure il suo editore conosce personalmente.
Un tipo che per raggiungere la " civilta' ( il primo paese abitato) deve prendere un'auto e fare un po' di KM.
Un tipo particolare, insomma, talmente particolare da essere autore culto.
Concordo con Bloom : il suo Meridiano di sangue o Rosso di sera nel west, e' uno dei piu' grandi romanzi degli ultimi 100 anni. Forse il piu' importante.
L'avevo gia' detto una volta: mai letto niente di simile.
sergio.T
00giovedì 21 febbraio 2008 17:34
La banda Glanton
Nel giro di questo primo minuto la carneficina era diventata generale. Donne e bambini nudi urlavano, e un vecchio saltò fuori sventolando un paio di pantaloni bianchi. I cavalieri giravano in mezzo ai Gileños e li uccidevano con le mazze o i coltelli. Cento cani legati ululavano e altri correvano all'impazzata fra le capanne mordendosi a vicenda e azzannando quelli legati, e il pandemonio e il clamore non andarono mai calando dall'arrivo dei cavalieri nel villaggio. Già numerose capanne bruciavano e una processione di fuggitivi percorreva la spiaggia verso nord urlando selvaggiamente, e i cavalieri andavano avanti e indietro come mandriani tra il bestiame, abbattendo per primi i più lenti. Quando Glanton e i suoi luogotenenti tornarono ad attraversare il villaggio, la gente correva e finiva sotto gli zoccoli dei cavalli, e i cavalli si slanciavano in avanti e alcuni degli uomini giravano fra le capanne torce alla mano e trascinavano fuori le vittime, macchiati di sangue, gocciolanti, e colpivano i morenti e decapitavano quelli che si inginocchiavano per supplicarli.

Cormac McCarthy
Meridiano di sangue
sergio.T
00giovedì 21 febbraio 2008 17:38
Senza perche'.
Da una recensione.


La rappresentazione definitiva di cosa sia il panico terrore del West è opera di Cormac McCarthy e si intitola Meridiano di sangue. Malgrado la sua prima pubblicazione risalga a poco più di un quarto di secolo fa, questo romanzo è ormai entrato nel sublime limbo dei libri senza tempo. Harold Bloom lo ha definito «il vero romanzo apocalittico americano », ponendolo un gradino sopra a quanto di meglio hanno scritto maestri quali Don DeLillo, Philip Roth e Thomas Pynchon. Follie sanguinarie senza un perché Ciò nonostante, Meridiano di sangue rimane un capolavoro per addetti alla scrittura. Spesso la sua scarsa presa sul grande pubblico è spiegata con la lingua ostica e barocca di Mc- Carthy. La letteratura abbonda però di testi ben più complessi che sono comunque diventati best seller o quasi. La vera ragione va dunque cercata altrove, probabilmente in ciò che ha indotto qualcuno a considerare Meridiano di sangue il libro più cruento e raccapricciante dopo l'Iliade. In teoria, nemmeno questo dovrebbe costituire un problema, visto che l'uso gratuito della violenza è ormai una costante nelle produzioni cinematografiche e letterarie più commerciali. Per giunta, il romanzo di Mc- Carthy ricalca i tipici motivi del genere western. Riducendolo all'osso, in esso si raccontano le truculenti peripezie di un ragazzo che diventa adulto al seguito di una banda di feroci cacciatori di scalpi. A sconcertare il lettore non è che i personaggi si scannino in continuazione, bensì che la loro prepotente ineluttabile follia sanguinaria non abbia alcun perché. Comunque lo si voglia intendere, il West di Meridiano di sangue è il caos allo stato brado. Ma forse «caos» non è la parola adatta. Forse è più giusto parlare dell'ira di un ordine che trascende l'umana comprensione, un ordine così superiore da schiacciarci con la più assoluta e insensata indifferenza. Con quella che a noi nostri occhi sembra assoluta e insensata indifferenza. McCarthy non offre la minima consolazione. Una mattanza perenne, la guerra sempiterna: così è, se vi pare.
sergio.T
00giovedì 21 febbraio 2008 17:42
Holden e la giustizia.
La guerra «è la forma più autentica di divinazione» dice il giudice Holden.

Non meno inquietante per il lettore è che McCarthy non sembra prendere alcuna posizione al riguardo.
sergio.T
00lunedì 25 febbraio 2008 11:06
Un grande romanzo, un grande film ( bello il cinema di Pescara)
LOS ANGELES - È stata la grande notte di Ethan e Joel Coen e degli attori europei. I fratelli registi si sono aggiudicati quattro Oscar con il loro film Non è un Paese per vecchi, tra i quali i tre più importanti: migliore film, migliore regia e migliore sceneggiatura non originale, oltre a miglior attore non protagonista. Gli europei si sono portate vie tutte e quattro le statuette riservate agli attori.

COEN - I Coen avevano presentato il loro film in concorso lo scorso anno a Cannes, ma era stata giudicata un'opera «di genere», a metà tra western e thriller, e non aveva vinto nulla. Tratto dal romanzo omonimo di Cormac McCarthy, scrittore di un west senza più valori, Non è un Paese per vecchi, ambientato nel 1980, racconta le disavventure di un veterano del Vietnam che si trova per caso in una zona deserta in cui c'è stata una resa dei conti tra trafficanti di droga che ha lasciato sul campo una dozzina di cadaveri. Purtroppo per lui trova anche una borsa con 2 milioni di dollari che lo renderà involontario oggetto di una caccia piena di sangue e morti sulle rive del Rio Grande.
sergio.T
00lunedì 25 febbraio 2008 11:32
Omero e McCarthy
L'interpretazione dei fratelli Coen e' perfetta.
E' in assoluto stile con il romanzo di McCarthy e il suo west.
Il trionfo del film Non e' un paese per vecchi e' la dimostrazione di come il cinema di qualita' si possa ancora fare se alla base c'e' una storia che abbia un fondamento, una vera storia insomma.
Hanno detto una cosa con molto sarcasmo e che la dice lunga: " nella nostra carriera siamo molto selettivi e abbiamo adattato solo Omero e McCarthy", come a dire: due tipi che sanno veramente cos'e' e cosa vuol dire raccontare storie.
sergio.T
00lunedì 25 febbraio 2008 11:35
I Coen in versione " dura"
Solo alla fine i due fratelli, sempre a Cannes, riconobbero di essere andati oltre i loro standard: «È vero - dissero -, forse è il film più duro che abbiamo mai fatto». Tratto dal romanzo omonimo di uno scrittore di culto come Cormac McCarthy, cantore di un ovest americano nel caos e senza più valori, il film, ambientato nel 1980, racconta le disavventure dell’ex veterano del Vietnam Llewelyn Moss (Josh Brolin). Il poveraccio si trova per puro caso in una zona deserta in cui c’è stata una resa dei conti tra trafficanti di droga che ha lasciato sul campo una dozzina di cadaveri. Lì trova anche una borsa piena di soldi (2 milioni di dollari) che lo renderà involontario oggetto di una caccia, piena di sangue e morti, da parte di due personaggi che più diversi non potrebbero essere. Ovvero il piu tradizionale degli sceriffi, Bell, e Anton Chigurh (interpretato da uno straordinario Javier Bardem) un autentico psicopatico, armato di bombola a pressione, fucile a pompa e anche di una ferocia surreale piena di involontaria ironia.
sergio.T
00lunedì 25 febbraio 2008 11:49
La monetina come " dipende"
Non puoi fermare quello che sta arrivando.
Non tutto dipende da te.

Sono queste le parole rivolte allo sceriffo: uno sceriffo vecchio che non sa piu' nemmeno riconoscere la nuova violenza.
La violenza dei soldi anteposti a tutti: anteposti alla tranquillita', alla famiglia, alla moglie, al rispetto umano, ai valori.
I soldi come simbolo di un mondo violento: un mondo di "caccia" ( tema fondamentale nel grande scrittore americano)che forse trascende persino la volonta' dell'uomo: e' sempre stato cosi', sembra dire l'amico dello sceriffo.
" Non c'e' niente da vedere" risponde , invece, lo sceriffo vecchio a quello giovane.
E' un romanzo quasi del disincanto, della disillusione sulla violenza, letta anche come " destino" inevitabile ( oh! il gioco del caso e della monetina, di una finezza intelligentissima).

" Non e' la monetina a decidere , sei tu a fare un scelta"
" No, io e la monetina siamo arrivati alla stesso punto"


Tutti i grandi romanzi sono il trionfo delle " disillusioni".
mujer
00lunedì 25 febbraio 2008 13:04
Un film imperdibile!
Non ho tempo ora, appena mi fermo dico la mia

mujer
00martedì 26 febbraio 2008 10:20


-Io volevo vedere "Into the wild"
-Sì, ma lo fanno solo alle nove
-Sì mannaggia!
-Io vedrei "Non è un paese per vecchi", sai? McCarthy
-Ma è un thriller, non mi piacciono i thriller
-...
-Sì, va bene, andiamo allo spettacolo delle cinqueemmezza così ceniamo a casa. E' ancora chiuso però.
-Mettiamoci al sole...

......

-Hai notato il punto centrale? "non c'è nulla da vedere"
-Grandi i fratelli Coen, non era semplice eppure è proprio come nel libro
-Quante riflessioni, dovrò scremare e rifletterci a mente fredda
-Hai visto la monetina? "io e la monetina siamo arrivati allo stesso punto"
-Preparo la cena
-Sì, io fumo una sigaretta

......

-Sai che Giulia è andata a vederlo dopo di noi? Noi uscivamo e lei entrava
-Che coincidenza! Ho detto alle ragazze che è da vedere
-Mi è venuto in mente spesso, ti ricordi la scena dell'incidente?
-Sì, ho fatto un salto!
-Anch'io!
-Che bel film
-Sì, davvero bello

Cronaca perfetta di una giornata cinematografica Pescarese. [SM=g8431] [SM=g8431] [SM=g8431]
mujer
00martedì 26 febbraio 2008 11:21
[SM=g11134]
hai fatto casino come sempre

guarda il post sopra [SM=g11775]
sergio.T
00martedì 26 febbraio 2008 16:51
Si un casino, me ne ero accorto, ma ho lasciato.
Mi sono domandato: ma che cosa e' sta storia?
edito un post non mio? bah.

E' il casino della tecnologia, direi.

Un po' meno incasinato, invece, il senso della giustizia di Chigurh, che ne ha uno del tutto personale ( in un certo senso psicopatico, in un certo senso di destino), personalissimo, ma che non lascia spazio a nessuna confusione.
E' chiarissimo: testa o croce, scegli.
sergio.T
00martedì 26 febbraio 2008 17:11
I Fratelli Coen sono grandi registi: la maestria con la quale hanno ambientato e adattato il romanzo di McCarthy e' assolutamente insuperabile.
L'attore spagnolo oggi ha pubblicamente ringraziato, come aveva gia' fatto nella notte degli Oscar, i due registi per averlo scelto: " li ringrazio moltissimo di avermi scelto per una parte cosi' difficile e che mai avrei pensato di saper fare poi, come ho fatto."

Il merito e' senz'altro dei Coen: hanno letto chiaramente il tipo di personaggio ( un killer del tutto particolarissimo) e hanno scelto un attore del tutto corrispondente: il Chigurh del film e' lo stesso identico di quello che si idealizza e s'immagina leggendo il romanzo.

Questo attore spagnolo si ricordera' per tutta la vita questa sua recita: del resto un personaggio cosi', una volta incontrato, non si scorda piu'. ( anche perche' come dice McCarthy, chi lo incontra ha poca propensione al futuro, anzi, e' inesistente.)

Barderm ( Chigurh) , paradossale a dirsi, e' un uomo di saldi principi e solo uomini cosi' sopravviveranno a quello che sta per arrivare e non si potra' fermare.
sergio.T
00giovedì 28 febbraio 2008 09:48
Paradossale: Chigurh e' l'unico che non si vende per soldi.
E' l'unico che scoperto il doppio gioco della trasmittente, si indigna.
Giusta la condanna che dispensa: giusta l'esecuzione del traditore.

sergio.T
00martedì 14 aprile 2009 14:44
Il 16 Agosto 2009 Einaudi pubblichera' in italiano ( Super Coralli) Suttre il capolavoro ( tra i tanti) di McCarthy non ancora edito in Italia.

Un Einaudi in splendida forma 2009: Saramago e McCarthy, come di meglio non si puo' fare.
sergio.T
00martedì 14 aprile 2009 14:58
McCarthy: due interviste in quaranta anni
Martedì 5 gennaio 2007 Oprah Winfrey, conduttrice di uno dei più famosi e ambiti talk show d’America, è finalmente riuscita a intervistare lo scrittore Cormac McCarthy. Pubblichiamo la trascrizione quasi integrale del dialogo tra i due.

Oprah Winfrey
- Bene, ecco un’intervista che tutti avrebbero ritenuto impossibile.

L’intervistato è una persona notoriamente riservata, che si rifiuta di parlare pubblicamente di sé o del suo lavoro. In quarant’anni di carriera ha concesso soltanto due interviste a giornali, e non si è mai lasciato intervistare alla televisione.
Ma dopo avere letto “The Road” del leggendario Cormac McCarthy, mi sono detta: ora gli telefono. Ma tutti mi dicevano che non avrebbe mai accettato. Così l’ho chiamato e gli ho detto: “Signor McCarthy, sono Oprah Winfrey”. Lui ha risposto: “Oh, salve Oprah”. Io gli ho detto che avevo letto il suo libro e che volevo intervistarlo. Lui ha risposto che non l’avrebbe mai fatto. Gli ho parlato ancora per qualche minuto e poi gli ho rinnovato l’invito. Lui mi ha detto: “Va bene, ci penserò”. E io ho aggiunto: “Okay, ti do quarantotto ore e poi ti richiamo”. E quando l’ho richiamato mi ha detto che accettava. Dunque, prima che incontriate Cormac McCarthy, voglio
raccontarvi qualcosa del suo capolavoro “The Road”. Chi lo ha letto, sa già che si tratta di un capolavoro. E’ una storia di sopravvivenza che si svolge in un’America post apocalittica. Provate a immaginarla. Beh, io non ci riuscivo, e proprio per questo ho deciso di leggere il libro. La lettura di questo libro farà cambiare profondamente il modo in cui guardate la vostra vita, ciò che è per voi più importante e la vostra idea del mondo in cui viviamo. Che cosa succede quando il peggiore incubo di un uomo diventa realtà?

LETTORE: Gli orologi si sono fermati alla 1:17, una lunga scia di luce e poi una serie di piccole scosse.

Oprah Winfrey - “The Road” si svolge in un momento in cui la vita sulla terra è stata quasi completamente distrutta. Il sole è velato da un cielo perpetuamente grigio. Uno strato di fuliggine e di cenere copre ogni cosa. Nel mezzo di tutto ciò, un padre e il suo giovane figlio camminano lungo una strada. A ogni angolo si nasconde un incerto futuro. La sola missione del padre: fare in modo che suo figlio rimanga vivo.

LETTORE: Sapeva solo che il bambino era la sua garanzia. E disse: se lui non è la parola di Dio, allora Dio non ha mai parlato.

Oprah Winfrey - Un ammonimento, una favola, una storia d’amore; “The Road” è un romanzo che vi terrà legati alla sedia dalla prima all’ultima pagina. Sì, proprio così. Quando Cormac McCarthy ha accettato di concedere questa intervista, gli ho detto che non sarebbe durata più di un’ora. Poi, prima che cambiasse idea, sono andata subito in New Mexico e l’ho incontrato nella sua casa lontana da casa, la biblioteca dell’Istituto di Santa Fé, un think-tank di persone intelligenti, dove McCarthy passa con piacere molto tempo.

Oprah Winfrey - Beh, devo dire che lei è proprio come nella foto pubblicata sul retro della copertina.

Cormac McCarthy - Sì; non so se sia un bene o un male.

Oprah Winfrey - E’ un bene.

Cormac McCarthy - Sì.

Oprah Winfrey - Grazie per avere accettato questa intervista.

Cormac McCarthy - E’ la prima volta per me.

Oprah Winfrey - Perché non l’ha fatto fino a ora?

Cormac McCarthy - Beh, non penso che sia una cosa buona per la propria testa. Voglio dire, se si passa molto tempo a pensare come scrivere un libro, probabilmente non si dovrebbe parlarne. Bisogna limitarsi a scriverlo.

Oprah Winfrey - Oh, davvero?

Cormac McCarthy - Sì, questa è la mia sensazione.

Oprah Winfrey - Non si tratta invece di una certa avversione nei confronti dei media e di altre cose del genere?

Cormac McCarthy - No, no, no.

Oprah Winfrey - Sicuro che sia proprio così?

Cormac McCarthy - Certo. Tu cammini sul tuo lato della strada e io sul mio.

Oprah Winfrey - Cormac McCarthy è considerato uno dei più grandi scrittori americani viventi. Nel corso degli ultimi quarant’anni McCarthy ha scritto dieci romanzi. Il suo best seller, “All the Pretty Horses” ha vinto il National Book Award e ne è stata fatta una riduzione cinematografica. Ha sempre saputo di essere uno scrittore?

Cormac McCarthy - E’ difficile rispondere. Quando ero bambino avevo l’abitudine di scrivere. Quando poi sono diventato ragazzo, in realtà non facevo più nulla.

Oprah Winfrey - Ha la passione della scrittura? Quando parlo agli studenti, dico di seguire la propria passione perché, indipendentemente da quello che ti porta, significa compiere la propria missione nella vita …

Cormac McCarthy - Certo.

Oprah Winfrey - Sta lì il premio, la ricompensa. Dunque avete passione?

Cormac McCarthy - Non so. La parola “passione” ha un suono da favola.

Oprah Winfrey - Mmm….

Cormac McCarthy - Mi piace quello che faccio.

Oprah Winfrey - Mmm …

Cormac McCarthy - Alcuni scrittori hanno detto che odiano scrivere. Era soltanto una fastidiosa scocciatura. Io non la penso certamente così. Talvolta è difficile. Hai in testa un’immagine perfetta, che non riesci mai a concretizzare ma continui sempre a provarci. Comunque, io penso che alla radice ci sia questa immagine interiore di qualcosa di assolutamente perfetto. E quest’immagine è il tuo faro, la tua guida. Ma non arriverai mai a destinazione.

Oprah Winfrey - Mmm …

Cormac McCarthy - Eppure senza di essa, non si va da nessuna parte.

Oprah Winfrey - Quando inizia a scrivere un libro, parte da questa immagine?

Cormac McCarthy - Non è una cosa così consapevole.

Oprah Winfrey - Mmm …

Cormac McCarthy - Insomma, si ha sempre la speranza che oggi farai qualcosa di meglio di tutto quanto hai fatto finora.

Oprah Winfrey - Ecco la speranza.

Cormac McCarthy - E’ il segno di una hubris sfrenata?

Oprah Winfrey - No, è una cosa buona. Quindi scrive in modo metodico? Segue un preciso programma di lavoro?

Cormac McCarthy - No.

Oprah Winfrey - Allora scrive soltanto quando si sente ispirato?

Cormac McCarthy - Una volta, quando gli chiesero se scriveva tutti i giorni o solo quando era ispirato, Faulkner disse che scriveva soltanto quando era ispirato, ma si sentiva ispirato tutti i giorni.

Oprah Winfrey - Mmm …

Cormac McCarthy - Alcune persone mi chiedono se costruisco a tavolino tutta la trama. La mia risposta è no. Significherebbe la morte. Voglio dire, non si può programmare tutto a tavolino.

Oprah Winfrey - “The Road” ha recentemente ricevuto il riconoscimento più prestigioso: il Premio Pulitzer per la Letteratura. Quando lo ha iniziato, sapeva già come sarebbe finito?

Cormac McCarthy - No, non ne aveva la minima idea.

Oprah Winfrey - Da dove nasce questo sogno apocalittico?

Cormac McCarthy - Beh, è interessante perché di solito non si sa da dove nasce un libro. C’è come una sorta di prurito che non si riesce a togliere. Circa quattro anni fa sono andato a El Paso con mio figlio John.

Oprah Winfrey - Ora lui ha otto anni?

Cormac McCarthy - Sì. Abbiamo preso una stanza nel vecchio albergo della città. Una notte, saranno state le due o le tre del mattino, mentre mio figlio dormiva, mi sono messo a guardare fuori dalla finestra e a osservare questa città: non si muoveva nulla e si sentiva in lontananza il solitario suono dei treni che arrivavano e ripartivano. Improvvisamente si è formata l’immagine di come potrebbe apparire questa città fra 50 o 100 cento anni.

Oprah Winfrey - Mmm …

Cormac McCarthy - Mi è venuta quest’immagine di fuochi sulle colline e di una distruzione assoluta, e ho iniziato a pensare al mio piccolo bambino. Così mi sono messo a scrivere qualche pagina e tutto è finito lì. Poi, circa quattro anni dopo, in Irlanda, una mattina mi sono svegliato e mi sono accorto che non erano semplicemente alcune pagine di appunti. Erano un libro.
E questo libro parlava di quell’uomo e quel bambino.

Oprah Winfrey - Il libro è dedicato a John, il figlio di Cormac McCarthy. Si tratta di una storia d’amore per vostro figlio?

Cormac McCarthy - Sì, in un certo senso, sì. Ma, ciononostante, è in qualche modo imbarazzante.

Oprah Winfrey - Vedo che è arrossito. Quando l’ho chiamata la prima volta e le ho detto che la gente voleva sapere come era nato questo libro, lei mi ha detto: “E’ ovvio. Perché questo libro è stato scritto praticamente a quattro mani con mio figlio”.

Cormac McCarthy - Proprio così.

Oprah Winfrey - Se non avesse avuto suo figlio, questo libro non sarebbe stato scritto?

Cormac McCarthy - Esattamente. Non mi sarebbe mai venuto in mente di scrivere un libro su un padre e un figlio.

Oprah Winfrey - Che cosa significa essere padre in questo particolare momento della sua vita?

Cormac McCarthy - Penso che lo si apprezzi in modo più profondo. Quando si è più giovani è diverso; se si ha un figlio quando si è più anziani, invece, si viene risvegliati dal proprio sonno e si guardano le cose con un nuovo sguardo. Ti costringe a pensare al mondo.

Oprah Winfrey - Mmm …

Cormac McCarthy - Sì. E io penso che sia una buona cosa.

Oprah Winfrey - A proposito, penso che “The Road” sia un perfetto regalo per la festa del papà. Racconta la storia di un padre e di un figlio alla fine del tempo, e del loro reciproco amore. Come vi ho già detto, McCarthy è uno scrittore al quale non piace stare sotto i riflettori. Ma ha accettato di rilasciarmi la sua prima intervista televisiva. L’ho incontrato nell’Istituto di Santa Fe, un luogo affascinante dove scienziati e scrittori riflettono sui misteri dell’universo. Mi parli di questo posto: perché le piace così tanto venire qui?

Cormac McCarthy - Beh, è pieno di persone intelligenti che hanno cose molto interessanti da dire. E ci si diverte un mondo.

Oprah Winfrey - E lei preferisce trascorrere il tempo con gli scienziati. Preferisce gli scienziati agli scrittori?

Cormac McCarthy - Non conosco alcuno scrittore.

Oprah Winfrey - Cormac McCarthy ha oggi 73 anni. E’ da sempre una persona estremamente riservata. E’ chiaro che si trova più a suo agio davanti a una vecchia macchina da scrivere Olivetti che davanti alle telecamere. In tutti i vostri libri che ho letto, da “Blood Meridian” a “No Country for Men”, le donne non hanno quasi nessuna parte di rilievo. E infatti molti l’hanno definito uno scrittore per uomini. Come mai le donne non hanno un ruolo attivo nelle trame dei vostri libri?

Cormac McCarthy - Le donne sono difficili.

Oprah Winfrey - Mmm…

Cormac McCarthy - Non pretendo di capire le donne. Penso che gli uomini non sanno molto delle donne. Le trovano misteriose.

Oprah Winfrey - E’ ancora così anche per lei?

Cormac McCarthy - Sì. Anche se …

Oprah Winfrey - Dopo tre mogli, le donne sono ancora un mistero?

Cormac McCarthy - Sì, sono ancora un mistero.

Oprah Winfrey - Ho letto che una delle sue ex mogli ha detto che in certi periodi lei era molto povero, assolutamente
senza un soldo; e i giornalisti le telefonavano dicendo che le avrebbero pagato 2.000 dollari e anche più per un’intervista, ma lei si rifiutava rispondendo che tutto ciò che conosceva lo aveva già messo per iscritto.

Cormac McCarthy - Beh, ero molto occupato. Avevo altre cose da fare.

Oprah Winfrey - Occupato? Non le interessano le cose materiali?

Cormac McCarthy - No. Voglio dire, non è che non mi piacciano le cose materiali. Alcune sono molto belle. Ma vengono certamente dopo l’esigenza di vivere la tua vita facendo quello che vuoi fare.

Oprah Winfrey - Mmm …

Cormac McCarthy - E ho sempre saputo che non volevo lavorare.

Oprah Winfrey - E come ci riesce? Piacerebbe a tutti saperlo.

McCarthy: Beh, bisogna impegnarsi.

Oprah Winfrey - Naturalmente.

Cormac McCarthy - Ma era la mia priorità numero uno …

Oprah Winfrey - Il fatto che non voleva avere un lavoro che l’avrebbe costretta a stare in ufficio dalle nove alle
cinque?

Cormac McCarthy - Precisamente. Ho sempre pensato che si è qui una volta sola, che la vita è breve e che passare ogni giorno a fare quello che altri ti dicono di fare non è il modo giusto di vivere. E non ho nessun consiglio da dare su come farlo, tranne
che se ci si impegna a fondo è probabile che ci si riesca.

Oprah Winfrey - Perciò ha lavorato per non lavorare?

Cormac McCarthy - Proprio così. Questa è la priorità numero uno.

Oprah Winfrey - E non avere denaro è stato un problema?

Cormac McCarthy - Beh, ero molto…

Oprah Winfrey - Perché è vero che era così povero che le è capitato di non poter pagare nemmeno un hotel da quaranta dollari al mese?

Cormac McCarthy - Sì.

Oprah Winfrey - Beh, questo significa essere davvero povero.

Cormac McCarthy - Quell’episodio è avvenuto a New Orleans… era una piccola stanza d’albergo…

Oprah Winfrey - Da soli 40 dollari al mese e lei non aveva nemmeno quelli.

Cormac McCarthy - Sì, e mi hanno buttato fuori. Allora ero molto ingenuo. Ero convinto che in un modo o nell’altro tutto sarebbe andato bene. Ed è stato proprio così. Sono sempre stato molto fortunato. Quando la situazione era particolarmente dura, succedeva sempre qualcosa di assolutamente imprevisto.

Oprah Winfrey - Wow. E’ stupefacente. Ed è vero che una volta era talmente al verde da non potersi comprare nemmeno un dentrificio?

Cormac McCarthy - Sì. Vivevo in una baracca nel Tennessee e avevo finito il dentrificio. E un mattino sono andato all’ufficio postale per vedere se era arrivato qualcosa. E nella mia cassetta delle lettere c’era un dentrificio.

Oprah Winfrey - Un campione omaggio?

Cormac McCarthy - Già, un campione omaggio. Ma la mia vita è piena di episodi come questo. E’ sempre stato così: quando la situazione si faceva critica, succedeva sempre qualcosa.

Oprah Winfrey - Ho anche letto una sua frase in cui dice che la cosa più importante per lei è avere cibo e scarpe.

Cormac McCarthy - Sì.

Oprah Winfrey - E penso che quando la si legge si pensa immediatamente a quello di cui si ha veramente bisogno nella vita. E lei sembra un uomo molto felice, che si accontenta di poche cose.

Cormac McCarthy - Sì. Ma non si può fare a meno di cibo e scarpe.


Oprah Winfrey - McCarthy dice che “The Road” è una storia semplice, che parla di un uomo e un bambino su una strada. Ma per me, ciò che rende straordinario questo libro è l’enorme potenza della sua semplicità. Sapremo mai quello che è realmente accaduto? I critici, e anche i suoi ammiratori, vi leggono ogni genere di cosa. Alcuni dicono che parla del viaggio spirituale
dell’uomo sulla terra. E’ proprio così, oppure si tratta semplicemente di un uomo e un bambino che camminano lungo una strada?

Cormac McCarthy - A me piace pensare che si tratta soltanto dell’uomo e del bambino sulla strada. Ma ovviamente si possono trarre conclusioni di ogni genere dalla lettura del libro, a seconda dei propri gusti. Io penso che sia una storia semplice e diretta.

Oprah Winfrey - E’ davvero interessante. Penso che se avessimo letto questo libro venti o venticinque anni fa, ci sarebbe sembrata una storia futuristica. Ma c’è qualcosa di reale.

Cormac McCarthy - Beh, penso che dopo l’11 settembre la gente sia più preoccupata dai temi apocalittici.

Oprah Winfrey - Mmm…

Cormac McCarthy - Non siamo abituati a questo…

Oprah Winfrey - Cioè, non siamo abituati a vivere nella paura…

Cormac McCarthy - No.

Oprah Winfrey - Allora, non siamo abituati a essere preoccupati e ansiosi per quello che succederà domani.

Cormac McCarthy - Appunto.

Oprah Winfrey - Che cosa vorreste che i lettori traessero da questo libro?

Cormac McCarthy - Ecco, mi basterebbe che prendessero a cuore le cose e le persone e che apprezzassero maggiormente ciò che hanno. La vita è bella anche quando sembra brutta. E dovremmo apprezzarla di più. Dovremmo essere riconoscenti. Non so a chi, ma dobbiamo essere riconoscenti per ciò che abbiamo.

Oprah Winfrey - Non si tratta per caso di Dio?

Cormac McCarthy - Beh, dipende in quale giorno mi viene fatta questa domanda. Ma, certe volte, è bene pregare. Non credo che sia necessario avere un’idea precisa di cosa o chi sia Dio per poter pregare.

Oprah Winfrey - Le importa che ora ha milioni di lettori mentre all’inizio ne aveva soltanto poche migliaia?

Cormac McCarthy - In tutta onestà, devo rispondere di no. Voglio dire, fa piacere che la gente apprezzi il tuo libro. Ma quanto al numero, che importa?

Oprah Winfrey - Beh, devo dire che lei è uno scrittore proprio speciale.

Cormac McCarthy - Beh …

Oprah Winfrey - E’ stato un piacere incontrarla, e un onore intervistarla.

Cormac McCarthy - Grazie mille. E’ stata molto gentile.

Oprah Winfrey - Un vero onore. Lei è uno scrittore davvero speciale: leggete il libro se volete. Se non lo fate, bene lo stesso. Eccezionale!

Cormac McCarthy - Sì.

Oprah Winfrey - Mai sentito una cosa del genere prima d’ora. Ancora un grazie a Cormac McCarthy, a George West e a tutti gli altri membri dell’Istituto di Santa Fé.
mujer
00martedì 14 aprile 2009 15:36
Che bella questa intervista, mi piace molto l'attegiamento di McCarthy verso la vita.
Sono queste le persone davvero libere.
sergio.T
00martedì 14 aprile 2009 15:45
Interessante eh? come intervista.
2 Interviste in quaranta anni, una volta sola in tv.
Come i nostri scrittori, uguale uguale.
Uguale a coloro cha appaiono un minutino in tutte le trasmissioni; danno intervistine a Gente e ad Oggi se manca di meglio; s'infilano in internet con le loro autoreferenzialine.

Di un libro bisogna limitarsi a scriverlo.
Come i nostri scrittori, uguale, uguale.
Uguale a coloro che piuttosto di parlare del loro libricino aprono siti, blog e quanto altro; e parlano parlano parlano e ancora parlano del loro volumetto.
Ma non basta: girano in pellegrinaggio da una libreria ad un baretto per le innumerevoli presentazioni.
Parlano, insomma.

Mi e' indifferente il numero dei miei lettori.
Come i nostri scrittori, uguale uguale.
Uguale a color che danno i numeri di vendita, di ibs, di tutte le classifiche possibili e immaginabili. E ci litigano pure.

Non conosco alcuno scrittore.
Come i nostri scrittori, uguale uguale.
Uguale a coloro che addirittura vivono tutti insieme in banda, in gruppo, in consorteria. Basta entrare in qualsiasi blog e li identifichi immediatamente: hanno pure ( tra poco) la divisa sociale.

Legegte il libro se volete e se non volete bene lo stesso.
Persino l'intervistatrice americana dice che mai prima d'ora aveva sentito qualcosa di simile.
Figuriamoci noi in Italia, dove il primo pinco pallino qualsiasi una volta scritto qualche nefandezza si sente offeso se non lo leggi. ( o ti da' del pirla).

McCarthy : povero in canna, poco attaccato dalle cose materiali, libero da ogni conformismo sociale, indifferente alle mode di scrittura, riservato, latitante, maleducato, poco attento ai numeri e alle classifiche.

Come puo' uno cosi' diventare uno dei piu' grandi? o forse lo e' diventato proprio per questo? ( oltre al talento, ovvio)
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