C.Dickens

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sergio.T
00giovedì 27 settembre 2007 14:25
"Quel servo fedele di ogni lavoro, che è il sole, s'era appunto levato ed aveva incominciato a spandere la sua luce sul tredicesimo giorno di maggio milleottocentoventisette, quando il signor Samuele Pickwick sorse come un altro sole dai suoi riposi; e spalancata che ebbe la finestra di camera sua, gettò uno sguardo collettivo sul mondo sottoposto. La via Goswell gli stava ai piedi, la via Goswell si stendeva alla sua destra, la via Goswell si sviluppava verso sinistra per quanto l'occhio portava, e di faccia a lui si apriva appunto e si dilungava la via Goswell. "Tali sono" pensò il signor Pickwick "gli angusti criteri di quei filosofi i quali tenendosi paghi all'esame delle cose direttamente tangibili, non guardano alle verità che vi si nascondono"

Dal Circolo Pickwick.
sergio.T
00giovedì 27 settembre 2007 14:31
Vita
Nato a Portsmouth nel 1812, la sua famiglia non lo favorì certamente. I nonni paterni erano stati domestici presso famiglie della nobiltà: il nonno materno, colpevole di appropriazione in debita, era fuggito per sottrarsi all'arresto. Nel 1824 il padre, un modesto impiegato con abitudini superiori alle sue possibilità, fu rinchiuso per debiti nelle carceri londinesi di Marshal sea: il piccolo Dickens dovette interrompere gli studi e lavorare per sei mesi in una fabbrica di lucido per scarpe. Anche dopo la scarcerazione del padre, la madre lo fece continuare a lavorare. Una precoce esperienza di miseria, umiliazione e abbandono, che lo segnò in modo irreparabile. Dopo una istruzione sommaria, la vorò come commesso in uno studio legale, poi come cronista parla mentare e collaboratore di giornali umoristici.
Grazie al Circolo Pickwick", il ventiseienne Dickens diventò di colpo uno scrittore di successo. La sua popolarità aumentò con i romanzi successivi, usciti a dispense mensili, con le con ferenze, gli spettacoli teatrali da lui organizzati, in cui Dic kens si esibiva anche come attore. Tra il 1837 e il 1839 abitò al 48 di Doughty Street (London). Si impegnò in una prolifica atti vità creativa, scrivendo anche due romanzi alla volta, ma senza mai perdere il gusto per la convivialità. Burnett, il cognato di Dickens racconterà come una volta, mentre era in visita dalla suocera, apparve lo scrittore che si portò davanti a loro che chiacchieravano il lavoro ("Oliver Twist") e si mise a scrivere davanti a loro intervenendo di tanto in tanto nella conversazione.
Nel 1846 fondò il quotidiano «Daily News», che durò meno di un anno. Nel 1850-1859 fu direttore del mensile «Household Words». Innamoratosi della giovanissima Ellen Ternan, nel 1858 si separò dalla moglie da cui aveva avuto dieci figli. Una nuova rela zione, poco fortunata. Morì a Gad's Hill [Kent] nel 1870.
sergio.T
00giovedì 27 settembre 2007 14:33
The posthumous papers of the Pickwick club
(The posthumous papers of the Pickwick Club, 1836-1837) furono un grosso successo editoriale. Le dispense mensili (20 puntate, a partire dal 31 marzo 1836) dalle iniziali 400 copie arrivarono alla tiratura di 40.000. Nel 1837 sarà posto in vendita in volume.
La storia è quella di un gioviale e ricco signore di mezza età, Samuel Pickwick, che fonda a London un club di cui diventa presidente. Insieme ad alcuni amici, Tupman, Snodgrass e Winkle (questi ultimi due, più giovani e sventati), parte per un viaggio di ricognizione attraverso la provincia inglese. Fin dalla prima tappa sono presi di mira da un truffatore di nome Jingle, che viaggia con un degno compare che gli fa da domestico, Job Trot ter. Con la sua straordinaria parlantina Jingle affascina gli in- genui pickwickiani e li trascina in ogni tipo di guaio. Tra i tanti episodi, l'incontro casuale a Rochester con un cordialissi mo gentiluomo di campagna, Mr Wardle, che si trova in gita insie me alla sorella nubile Rachel e alle graziose figlie Emily e Isabella. Partita di caccia, picnic, veglia di natale in casa War dle: nasce una profonda amicizia tra Wardle e Pickwick. Si in trecciano gli idilli: Winkle si innamora di Arabella (amica di Emily), Snodgrass si innamora di Emily, Tupman di Rachel. Rachel però, raggirata da Jingle, fugge con lui convinta di sposarlo. Wardle e Pickwick si lanciano all'inseguimento, li rintracciano in una locanda: Jingle, dietro lauto compenso, abbandona senza riguardi Rachel. Quel giorno Pickwick conosce il lustrascarpe della locanda, giovane attivo onesto e con impareggiabile senso dell'umorismo: Sam Weller. Sam è il personaggio più di spicco del libro, assieme a Pickwick. Assunto come domestico da Pickwick, diventa l'inseparabile compagno di tutte le vicende che seguono. Episodio centrale, tra i tanti, è il processo intentato a Pickwick dalla sua padrona di casa, che lo accusa falsamente di man cata promessa di matrimonio. Condannato a versare un risarcimento alla donna, Pickwick offeso dall'ingiustizia subita si rifiuta di pagare e preferisce andare in prigione. Dickens in queste pagine offre pagine magistrali sull'ambiente forense e sulle terribili condizioni dei detenuti per debiti. Intanto Winkle sposa Arabella, Snodgrass sposa Emily. L'attività del club termina. Pickwick si ritira a Dulwich con il fedele Sam che ha sposato una bella cameriera, Mary. Con loro, e i loro figli, Pickwick va incontro a una serena vecchiaia.

"Il circolo Pickwick" è un capolavoro dell'umorismo. La trama è in fondo un pretesto per mettere in scena una miriadi di perso naggi, gentiluomini e popolani. Se ne ricava l'immagine idealiz zata e nostalgica di una Inghilterra eccentrica e cordiale, estrosa e ricca di umanità, abbastanza integrata nonostante le divisioni di classe.
sergio.T
00giovedì 27 settembre 2007 15:21
Nessuno come Dickens
Dickens e', e rimane, il piu' grande scrittore inglese di tutto l'800.
La sua immensa popolarita' e fama supero' persino quella di Dostoevskji e di Tolstoy; supero' persino un Balzac e non ci fu paragone per tutti gli altri scrittori europei.
Dickens usci' a dispense su un giornale di Londra; come si e' letto poco sopra, le prime tirature arrivarono in un baleno a 40.000 copie, numero iperbolico per i tempi di allora e da quel momento l'Inghiletrra e l'europa non riuscirono piu' a fare a meno dei suoi libri.
Il Circolo Pickwick e' un capolavoro assoluto; irraggiungibile per umorismo, insuperabile per comicita', ineguagliabile per la suprema fusione di critica sociale e narrativa. Un romanzo cosi' era destinato a fare del suo autore, un autore immortale.
Molte testimonianze riportano l'ascesa di Dickens a maggior scrittore europeo: si racconta ad esempio, che in alcuni condomini di Londra, alla sera, si era soliti riunirsi tutti insieme, ed un condomino , con un Dickens in mano, si metteva a leggere ad alta voce.
Questo che puo' sembrare un episodio da poco, quasi folcloristico, e' invece , come molto critici hanno intuito bene, la dimostrazione della grandezza di Dickens: noi , ora abbiano il " cinema", nell'800 avevano Dickens.
L'universo di Dickens assomiglia per certi versi all'universo di Marquez, almeno per l'insieme: miriadi di personaggi, miriadi di situazioni, di simboli, miriadi di analisi storico sociali.
Il romanzo sociale , in Europa, nasce con il grande scrittore inglese.
Di scarsa cultura, dotato di una scrittura modesta, per non dire assolutamente normale , il suo genio e' tutto nel suo istinto, in quel correre picaresco/storico tanto in voga in quel momento narrativo.
Dickens e' un ottimo critico: fedele personalmente a certi principi, ravvede nella societa'vittoriana inglese - soprattutto la nemica borghesia - tutte quelle degradazioni che porteranno alla rovina il genere umano.
Amico da sempre dei diseredati, dei bambini, degli umili, degli offesi, degli sfruttati, dei poveri in generale, Dickens con la sua penna immortala queste figure per sempre: non a caso ancora adesso Dickens rimane lo scrittore che difende non tanto i grandi ideali, o le grandi filosofie, ma bensi', la sua testimoniana letteraria, rimane la bandiera dei "semplici," degli onesti.
Fu talmente un fine osservatore che in parecchi romanzi persino il "proletariato" , assunto a nuvo ruolo, fu ferocemente criticato e messo in derisione dalla sua feroce ironia.
Quell'ironia, quel sarcasmo e comicita' di cui era gran dotato e di cui si rimane abbagliati nel Circolo Pickwick , forse il suo romanzo piu' comico, gioioso, ridente, simpatico.
La banda Pickwick con il suo "capo" e i suoi tre compari sono una perfetta banda all'arembaggio: quasi stupidi, quasi ingenui, quasi poveri di quel carisma culturale, questi personaggi pagina dopo pagina, capitolo dopo capitolo, sembra quasi diventino il simbolo dell'" alloco" e i bersagli preferiti della " cattiva" ironia del grande scrittore inglese. Ma da grande scrittore qual'era, piano piano, con lentezza - quasi senza accorgersi della metamorfosi - Dickens illumina di altra luce, Samuel Pickwick, Snodgras, Tupman, Winkle, facendoli diventare altro, risplendendoli in altro modo e la' dove c'era ironia, sarcasmo e perche' no? derisione, subentra tutto quel sentimento profondo di benevolenza e profondissima stima per quei 4 " semplici", per quei 4 personaggi incompresi da un mondo che non sa piu' ne' capire, ne' comprendere, e tanto meno rispettare il vero senso della vita e con la vita stessa rispettare gli altri.
L'ho gia' detto: nessuno come Dickens.
sergio.T
00giovedì 27 settembre 2007 17:27
Dickens corporeo.
Difficile dire perche' Dickens raccolga cosi' tanto nella sua lettura; difficile dirlo a parole.
Pochi scrittori danno questa sensazione: molti di essi sono interessanti, avvincenti, affascinanti, ma non danno quel raccoglimento che danno altri.
Dostoevskji, Tolstoj, Marquez, Saramago - forse in misura minore Balzac - sono forse quelli che esprimono la stessa sensazione; probabilmente me ne dimentico qualcuno, ma su due piedi, mi vengono in mente questi.
Il Circolo Pickiwickiano , Guerra e Pace , per fare due esempi, sono i classici romanzi la lettura dei quali diventa veramente partecipativa: non solo si legge, ma si partecipa veramente alla storia narrata. L'esempio cinematografico vorrebbe questo paragone: alcuni romanzi sono piu' cinematografici nel senso che la parola e' come un'immagine che scorre sullo schermo, ma in un certo senso, e' virtuale e non reale.
Altri, invece, sono piu' " teatro" ; non solo c'e' l'immagine di lettura - la parola scritta- , ma la situazione , i personaggi assumono una corporeita' presente.
In breve: un Dickens del Circolo o un Marquez dei Cento anni di solitudine oltre a leggerli, oltre a immaginarli nel pensiero durante la lettura, assumono una " forma" piu' consistente e piu' " solida": come se tu fossi nella storia stessa.
Naturalmente questa e' un'illusione figlia dell'uso misterioso delle parole o delle storie narrate.

sergio.T
00giovedì 27 settembre 2007 17:32
I posti
A Londra anni fa andai a casa Dickens e per disdetta, essendo domenica, rimasi fuori: il museo/casa era chiuso.
Anni dopo, tornando a Londra, andai a Westminster per rifarmi dell'occasione, senza contare che nel frattempo andandomene a New York, avevo cercato Orange Street, strada famosa.
Fin da piccolo mi e' piaciuto visitare posti dove, qualcuno da me amato , ci era passato.

Una forma mistica. [SM=g8273]
sergio.T
00martedì 2 ottobre 2007 10:42
Gialli contro Azzurri ovvero Unione contro Casa delle Liberta'i
IL capitolo del Azzurri e Gialli la dice lunga di cosa Dickens pensava della politica. E lo pensava quasi 200 anni fa.
Pensava bene il grande scrittore inglese: non si sbagliava a riguardo e tanto meno esagerava le cose.
Ipocrisia e corruzione sono le linee basi, le tracce di ogni movimento politico, per non parlare poi, del significato piu' recondito del concetto di elezioni: una farsa della democrazia.
Persino la parodia del " programma politico" urlato ai quattro venti ( ora in tv, allora nelle piazze municipali) si attua benissimo alla situazione di oggi: un programma , infatti, che seduta stante finisce in una monumentale rissa, a pugni, cazzotti, insulti - ovvero- l'unico modo nel quale possa finire qulasiasi cosa di " politica".
sergio.T
00mercoledì 3 ottobre 2007 11:34
Conoscere.
L'innocenza come si dice nella prefazione, e' un tema forte del Circolo.
L'insieme sociale, gli altri, la struttura politica, l'informazione persino, sono vivisezionati da Dickens, nei loro risvolti piu' negativi.
Pickwick e i suoi amici non " conoscevano" il sociale come, per fare un paragone, non avessero mai mangiato la mela biblica: un po' come dire, che una volta conosciuto il mondo, si cadesse nel peccato o - cosa migliore da sostenere - una volta imparato a conoscere la societa', s'imparasse a capire che l'uomo e' quello che e'.
sergio.T
00lunedì 8 ottobre 2007 11:15
il capitolo dedicato al processo di Pickwik, per mancata promessa di matrimonio, e' un capolavoro di satira: Dickens infierisce contro la giustizia, madre di ogni imbroglio.
sergio.T
00venerdì 12 ottobre 2007 09:53
Buona fortuna a voi, Pickwickiani.
il commiato che si prende Dickens dai suoi eroi e dal Sig. Pickwick in particolare, non me lo ricordavo cosi' elegante, cosi' dolce.
Ha ragione a dire " salute a voi" compagni di tante ore di solitudine ( per chi scrive e per chi legge); vi saluto con dolore.
E dato che la vita ha molte zone d'ombra che permettono un risalto piu' forte della luce, preferiamo lasciarli in un momento che il sole li illumina profondamente in un pomeriggio estivo.

sergio.T
00venerdì 12 ottobre 2007 10:15
ieri sera riflettevo: sara' una mia fissa, una mia paranoia, un mio modo di vedere in senso unilaterale una cosa, ma e' cosi', e in un certo senso, sono convinto di non sbagliarmi.
Molte volte perdiamo un sacco di tempo dietro a letture insulse, inutili, banali, cosidette moderne contemporanee: tutte quelle letture che aneliamo di leggere con avidita' e poi inevitabilmente ci lasciano dlusi, amareggiati, tanto da scordarcene pochi giorni dopo.
Si deve ritornare a leggere con gusto piu' classico e questo non significa necessariamente rifiutare i contemporanei, ma non farne al contrario una spasmodica ricerca, una esasperante voglia di nuovo.
Rileggere cio' che e' rimasto nel tempo; cio' che e' veramente fondante; cio' che , per un verso o l'altro, non ci emoziona solo un periodo di moda o tendenza, ma ci emoziona per sempre.
sergio.T
00venerdì 19 ottobre 2007 10:32
Dato che sono vecchio mi piace rileggere quei libri degli anni giovani e il David Copperfield di Dickens , inno alla giovinezza, sara' la mia prossima rilettura.
sergio.T
00giovedì 25 ottobre 2007 10:43
ogni volta che passo davanti alla biblioteca di casa o entro in qualche libreria a comprar qualcosa, basta vedere il suo nome, per pensare tutto il meglio che si possa pensare di uno scrittore.
Come ieri a Pavia: scorrevo un bancone e zac!, mi appare un suo romanzo.
Dickens e' Dickens , basta il nome.
sergio.T
00martedì 8 gennaio 2008 12:30
Rivedendo durante le vacanze di Natale l'Oliver Twist alla televisione mi sono chiesto: come si fa a non leggere Dickens?
A me sembra inverosimile.
sergio.T
00martedì 2 settembre 2008 09:07
Il solo vedere un volume di 1297 pagine puo' essere psicologicamente difficile per un lettore: cosi' tanto da leggere per un unico romanzo, risulta a volte difficoltoso.
Non cosi' per un Dickens: il Martin Chuzzlewit di ben 1297 pagine ( edizione Adelphi) non solo si fa leggere , ma invoglia a leggerlo sempre di piu'.
sergio.T
00martedì 2 settembre 2008 09:08
Martin Chuzzlewit


Martin Chuzzlewit

Il risentimento e le reazioni offensive scatenate oltreoceano da America spinsero poi l'autore a vendicarsi ulteriormente nel primo romanzo che scrisse al ritorno in patria. Al tono serio e cupo di America fa seguito però, in Martin Chuzzlewit, una sottile comicità: nella quinta puntata mensile, l'eroe annuncia la propria “decisione disperata” di cercare lavoro in America. Non intende però rimanerci a lungo, ma solo guadagnare abbastanza denaro per poter reclamare, al ritorno in patria, la sposa che gli è stata negata per la sua povertà. Martin approda a New York , “dannata giungla […] di false pretese e inganni”. Acquista una terra nel Mississippi, e mentre vi si reca scopre di essere diventato una celebrità: lo è, suo malgrado, in quanto vittima di un raggiro, infatti la “Valle dell'Eden” in cui doveva andare a vivere non è che una palude malarica, da cui Martin e il suo fedele servo scamperanno solo grazie a un amico, l'improbabile “americano buono” Mr. Bevan, fondamentale proprio per mettere in risalto la satira di Dickens, che dipinge gli americani tutti uguali: vanagloriosi, ipocriti, imbroglioni, rozzi nel comportarsi, materialisti e pretenziosi: di fatto, nel romanzo, essi compaiono come un unico grande personaggio in forma composita, destinato a riemergere, di tanto in tanto, anche nella successiva produzione di Dickens. Secondo uno dei suoi maggiori studiosi, G.K. Chesterton, nel suo atteggiamento polemico verso l'America giocava una sorta di “responsabilità di famiglia”: l'assenza di questa, nel 1846, gli permise di affrontare ben diversamente, quasi da turista, il soggiorno di un anno in Italia, descritto con levità e piacevolezza nelle Impressioni d'Italia.
sergio.T
00martedì 2 settembre 2008 09:09
Strano come in un autore del tipo Pasolini, in una prefazione si dica: solo un Dickens ( e pochi altri) tra i romanzieri, rende la narrativa piu' di semplice narrativa: la rende critica e accusa sociale.
mujer
00martedì 2 settembre 2008 09:21
Certo che il volumone intimidisce, soprattutto se sei un gatto e te lo vedi scaraventare addosso quando tenti di entrare in casa! [SM=g8643]

sergio.T
00martedì 2 settembre 2008 09:30
Il gatto Massena ha ben 1297 possibilita' di non entrare in casa e non prendersi libri in testa.
Certo che se opta per la milleduecentonovantottesima possibilita'... [SM=g8707]
mujer
00martedì 2 settembre 2008 09:42
La pietà?
Sì, con te ci riesce...
sergio.T
00giovedì 4 settembre 2008 10:58
Mark Rapley, ovvero l'arte del merito.
La felicita' non ha senso se non la si prova nei momenti di piu' dura sofferenza. Che senso ha essere felici quando tutto va bene? che senso ha essere felici senza merito?
Dickens costruisce questo spettacolare personaggio su questa virtu': una filosofia strana, mirabolante, stramba, inverosimile, ma di un fascino particolare.
E se Rapley avesse ragione?
sergio.T
00venerdì 5 settembre 2008 09:21
Jonas vive l'incubo della propria immaginazione: rivive l'omicidio come atto insuperabile nella propria memoria.
Dickens non risparmia, in un crescendo rossiniano, il montare del ricordo come condanna eterna.
Splendide le due tre pagine che raccontano lo svelamento dell'assassinio: la gogna davanti agli amici, davanti all'autore stesso; nelle pagine che sentenziano quanto accaduto, la penna di Dickens scrive veloce, implacabile, impietosa.
Persino tu lettore sei chiamato in questo momento: Jonas questo laido uomo smascherato nella sua colpa e' messo alla berlina e fino all'ultimo viene rimarcata la sua miserabilita'.
Ne' perdono, ne' pieta'.

Un Dickens che mi piace molto, questo.
mujer
00domenica 11 gennaio 2009 08:54
Sto leggendo i Racconti di Natale in modo sparso, nel senso che ho i libricini "100 pagine 1000 lire" (noi proletari letterari siamo capaci di tutto!) e li leggo secondo ispirazione.
Il primo è stato "La battaglia della vita" e mi è piaciuto moltissimo.
La forma di racconto che più mi affascina, l'impostazione racconto/scrittore che mi appassiona di più. Punti esilaranti di Dickens sono quelli in cui egli stesso dice di non trovar le parole per definire gli stati d'animo dei personaggi o in cui esprime il suo pensiero ribadendolo da narratore.
La storia è perfetta, ogni personaggio una teoria: il dottore filosofo che ribadisce la farsa della vita, due avvocati - chiamati "la ditta" - che dimostrano l'inutilità della legge (e il disprezzo di Dickens per la categoria), le figlie del dottore, candide e devote, due giovanotti che si contendono l'amore...
Alla fine del racconto il colpo di scena: la caduta di ogni pregiudizio e il lieto fine per niente scontato.

Ora sto leggendo Il grillo del focolare, altro racconto/favola che ha un inizio "animato".
Vi racconto meglio quando lo avrò finito.
mujer
00domenica 25 gennaio 2009 10:38
Il grillo del focolare è uno di quei racconti che rallegrano il cuore.
C'è da dire che essere trascinati da Dickens in un focolare di altri tempi porta a sentire amori di altri tempi.
Mi sono intenerita come non mi accadeva da anni.

sergio.T
00domenica 25 gennaio 2009 18:25
Dickens e' Dickens. [SM=g8431]
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