Bernard Henry Levy

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sergio.T
00lunedì 13 luglio 2009 09:04
In Francia chiamato semplicemente BHL, Lévy è nato in Béni-Saf, Algeria il 5 novembre 1948. La sua famiglia si trasferì a Parigi alcuni mesi dopo la sua nascita. Suo padre, André Lévy, fu il multi-miliardario fondatore di una famosa impresa di legname (la Becob).

Dopo aver frequentato il Lycée Louis-le-Grand a Parigi, BHL s'iscrive alla rinomata quanto selettiva Ecole Normale Supérieure in 1968, dove si laurea in filosofia. I suoi professori sono alcuni tra più importanti intellettuali e filosofi francesi, basti ricordare Jacques Derrida e Louis Althusser. Lévy è anche un precoce giornalista, cominciando la sua carriera come cronista di guerra per il Combat, il famoso giornale clandestino fondato da Albert Camus durante l'occupazione nazista della Francia. Nel 1971, Lévy lascia la Francia per recarsi in India, quindi in Bangladesh dove segue con attenzione la guerra d'indipendenza contro il Pakistan. Sarà quest'esperienza che lo porterà a scrivere il suo primo libro, Bangla-Desh, Nationalisme dans la révolution, pubblicato nel 1973.

Tornato a Parigi, diventa famoso come il giovane fondatore della scuola della nouvelle philosophie (Nuova filosofia), corrente animata da un gruppo di giovani intellettuali che esprimono il rifiuto delle dottrine comuniste e socialiste che animano i tumulti del maggio francese, muovendo un'agguerrita ed inflessibile critica morale.[1] In contrasto anche con le fortissime idee conservatrici abbracciate da alcuni intellettuali americani, sia Lévy che i Nuovi Filosofi rifiutano l'ideologia capitalista. Durante gli anni settanta, tiene un corso di epistemologia presso l'Università di Strasburgo e filosofia all'Ecole Normale Supérieure. Fu nel 1977, durante lo show Apostrophes, che Lévy viene presentato ufficialmente, accanto ad André Glucksmann, come un nouveau philosophe. Nello stesso anno pubblicò La barbarie à visage humain, sostenendo la corruzione del Marxismo. Nel 1981 pubblicò L'Idéologie française, probabilmente il suo più influente lavoro.

Levì si sposa con l'attrice francese Arielle Dombasle. Sua figlia Justine Lévy avuta dalla primo matrimonio con Isabelle Doutreluigne, è una scrittrice di bestseller, in particolare spicca Rien De Grave in cui si lamenta dell'abbandono del marito Raphael, a suo dire "rubato" da Carla Bruni, ovviamente non ancora Sarkozy. BHL ha avuto anche un figlio, Antonin-Balthazar Lévy, dalla sua seconda moglie Sylvie Bouscasse. È membro della Selection Committee of the Editions Grasset, e gestisce il magazine La règle du Jeu ("La regola del Gioco"). Scrive, inoltre, settimanalmente una colonna per il periodico Le Point e presiede il Conseil de Surveillance de La Sept-Arte.

Quando suo padre André morì nel 1995, Bernard-Henri divenne il manager della Becob company, fino alla sua vendita nel 1997 per 750 millioni di franchi al imprenditore francese François Pinault.

sergio.T
00lunedì 13 luglio 2009 10:17
" Io scrivo solo per sedurre le donne: romanzi, commedie, teatro.
A volte si', scrivo anche qualcosa di filosofia" [SM=g8180]

J.P.Sartre
sergio.T
00lunedì 13 luglio 2009 10:18
Spinoza
Sartre
Nietzsche

tutti e tre , legati nel profondo, hanno una concezione della vita profondamente vitalistica.
sergio.T
00lunedì 13 luglio 2009 10:20
L'intellettuale integrale
È molto diffusa la tendenza a considerare Sartre come l'ultimo intellettuale "integrale". Per "possedere il mondo intero", è incorso in contraddizioni e ripensamenti tanto che sulla sua opera e la sua vita convivono ancora oggi giudizi inconciliabili. Illuminare tutti i volti di Sartre significa capire come un giovane apolitico abbia deciso di partecipare alla Resistenza, sia diventato stalinista, poi maoista e, infine, un maestro della contestazione. Questo studio è un'inchiesta, un'istruttoria appassionata in cui compaiono i nomi di tutti i protagonisti della cultura e della storia del Novecento, ora come testimoni, ora come imputati.

Il secolo di Sartre
sergio.T
00lunedì 13 luglio 2009 10:29
Lo hanno attaccato tutti:
fascisti
comunisti
marxisti
maioisti
conservatori
rivoluzionari
reazionari
atei
cattolici
socialisti
democratici
anti democratici
politici
studenti
scrittori
scrittorini
filosofi
critici
giornalisti
sergio.T
00lunedì 13 luglio 2009 10:32
" La mia filosofia e' la filosofia dell'individuo puro ed assoluto: credo nell'individuo. Poi a meta' vita' sono passato al socialismo: credo, oltre che all'individuo, alla liberta' di stare con gli altri"

J.P.Sartre
sergio.T
00lunedì 13 luglio 2009 10:33
"Un giorno recandomi con una puttana in un albergo ad ore, appena entrato in camera, chissa' il perche', dissi a quella donna: ieri, qui' nello stesso letto, ho scopato un altra puttana"

Sartre
sergio.T
00lunedì 13 luglio 2009 10:34
Mi piace molto palpare le donne. Anche scoparle.

Sartre a Castoro.

sergio.T
00lunedì 13 luglio 2009 10:37
L'essere e il nulla. La grande opera
« Questa libertà, che si rivela nell'angoscia, può caratterizzarsi con l'esistenza di quel niente che si insinua tra i motivi e l'atto. Non già perché sono libero, il mio atto sfugge alla determinazione dei motivi, ma, al contrario, il carattere inefficiente dei motivi è condizione della mia libertà. E se si domanda qual è questo niente che fonda la libertà, risponderemo che non si può descriverlo perché non è, ma si può almeno indicarne il senso, in quanto questo niente è stato per l'essere umano nei suoi rapporti con se stesso. Corrisponde alla necessità per il motivo di non apparire come motivo altro che come correlazione di una coscienza "di" motivo. In una parola, poiché rinunciamo all'ipotesi dei contenuti di coscienza, dobbiamo riconoscere che non vi sono motivi "nella" coscienza ma solo "per" la coscienza. E per il fatto stesso che il motivo non può sorgere come apparizione, si costituisce da sé come inefficace. »

L'essere e il nulla
J.P.Sartre
sergio.T
00lunedì 13 luglio 2009 10:38
L'esistenza non e' un diritto
Contingenza dell'essere: il mondo è «assurdo», senza ragione. È «di troppo». Esiste semplicemente, senza «fondamento». Le cose e gli uomini esistono di fatto, e non di diritto

J.P.Sartre
sergio.T
00lunedì 13 luglio 2009 10:53
La maledizione dell'altro
Trascendenti la mia coscienza sono anche "gli altri". Sono, certo miei simili, dotati di coscienza come me; ma in quanto "in-sé" sono radicalmente estranei a me, sono "oggetti" come le cose. Anch'essi acquistano un senso e un'esistenza per me quando entrano nei miei progetti. Ma il loro entrare nei miei progetti non è uguale a quello degli utensili. Essi sono, come me, dei "per-sé", hanno un mondo relativo ai loro progetti, che non coincide con il mio mondo. Anzi, in virtú dei loro progetti, io, per loro, sono mezzo, esisto in virtú del loro conferirmi un ruolo, un senso.

Dunque, tra "me" e "gli altri" non è possibile altro rapporto che quello conflittuale. Per esistere essi "mi negano" come "in-sé"; per attuare la loro libertà essi negano lo stesso mio mondo; "sottraggono", insomma, a me il mio mondo e me stesso; gli oggetti non sono piú miei, perché entrati nel progetto e nella valutazione dell'altro; io non sono piú io, perché l'altro mi giudica trattandomi come un in-sé, e mi utilizza per i suoi scopi, per i suoi valori e per le sue scelte.

L'altro, anche solo guardandomi, spossessa me di me stesso, si appropria di me, mi rende "oggetto" per sé. Io non sono piú un "per-sé" ma una "cosa" tra le altre, "parte" del mondo dell'altro. L'esistenza dell'altro dunque "mi colpisce in pieno cuore", mi crea il "malessere", mi getta nella "vergogna" di esser "caduto" al ruolo di "cosa utilizzabile", mi produce quel senso di instabilità che dipende sia dal fatto che so che io esisto per l'altro perché l'altro mi fa esistere (sia pure come cosa), sia perché so che l'altro "mi mette in pericolo", col suo "dominio" su di me.

Ciò caratterizza ogni specie di rapporto. Anche quello d'amore, che altro non è se non volontà di dominio, di conquista, di possesso dell'altro. Ma - e qui sta la specificità dell'amore - non di possederlo come "cosa", ma come "soggetto"; di possederne la libertà, cioè il suo stesso esistere. E infatti chi ama aspira a dissolvere il "tu" dell'amato nel proprio "io"; ma non totalmente, perché ciò comporterebbe la solitudine, e quindi la fine dell'amore; perciò l'amante vuole essere amato, vuole che l'altro conservi in qualche misura quella libertà per la quale egli esiste e con la quale attui quel progetto di impossessamento dell'altro analogo al suo.

Pertanto io sono di troppo rispetto all'altro, come l'altro lo è rispetto a me; il mio peccato originale è il mio sorgere in un mondo dove c'è l'altro; la mia maledizione è di essere "altro".


J.Paul Sartre
sergio.T
00lunedì 13 luglio 2009 11:37
Cio' che non ha fatto il Marxismo
L'individuo si progetta sempre, si sceglie, all'interno di una situazione; situazione ch'è da intendersi anche come economico-sociale. Le sue possibilità di scelta si muovono pur sempre nell'ambito delle sue condizioni materiali d'esistenza e in quello dell'assetto sociale in cui vive. Anche le sue condizioni economico-sociali, dunque, sono "dati" ch'egli deve negare, nullificare, per trascendersi, per attuarsi. Certo, l'evoluzione della società nel suo complesso non può essere conforme al progetto di ogni singolo; pur tuttavia essa non ha luogo se non in virtú di questo progetto. Tutto sta - ed è ciò che non ha fatto il marxismo - a vedere qual è il rapporto tra la coscienza individuale, con le sue motivazioni e i suoi scopi, e la dialettica storica delineata da Marx.

Su J.P Sartre.
mujer
00lunedì 13 luglio 2009 12:33
Quest'ultimo brano è davvero molto interessante, molto di più di quelli di Sartre scopaiolo [SM=g7088]

'Anche le sue condizioni economico-sociali, dunque, sono "dati" ch'egli deve negare, nullificare, per trascendersi, per attuarsi'

Molto interessante, davvero mi affascina questa cosa.
Se penso alla mia contrarietà di ora la lego a questa definizione qui, mi rappresenta appieno.

Io nego la mia condizione economico-sociale, anzi trascendo a tal punto da rifiutare ogni convenzione sociale a riguardo.
La precarietà come segno di forza, ne sono convinta.

E' questo che mi rende libera.

So che non condividi Sergio, o forse non capisci fino in fondo, ma credo molto in questa filosofia individuale.

Sartre è un punto di riferimento anche per me, da sempre.
Ti ricordi? Ne avevamo scritto tanto in altro forum.
sergio.T
00lunedì 13 luglio 2009 15:06
Certo, che mi ricordo.
sergio.T
00martedì 14 luglio 2009 08:52
" Un filosofo e' solo quello che dice che un gatto e' un gatto"

Sartre.
sergio.T
00martedì 14 luglio 2009 08:54
Nietzsche
" Nietzsche. Dovremmo riscrivere tutta la storia della filosofia contemporanea in funzione di questo unico criterio: chi l'ha letto e chi non l'ha letto. Chi pensa con Nietzsche e chi pensa senza l'aiuto di Nietzsche"

Elias Canetti.

Sartre l'ha letto? eccome se lo ha letto.
sergio.T
00martedì 14 luglio 2009 09:03
Ma lo ha capito? questo e' il punto.
Innanzitutto non lo cita quasi mai; in alcune opere lo cita lievemente.
Perche'?
Dopo, pero', quasi tutte le testimonianze di amici filosofi riportano che tutte le discussioni di filosofia ( anche su una banana, su un gatto, su un tavolo, una sedia, un qualsiasi oggetto...) partono con riferimenti a Nietzsche.
Lo spunto e' quel nome, quasi sempre.
Aron: " Una sera eravamo al Boulevard Monterpanasse. Eravamo seduti in un bar a consumare qualcosa. Arrivo' un cocktail qualsiasi e parlavamo di filosofia distrattamente. Gli oggetti sono l'essenza della filosofia stessa.
Venne fuori un discorso e Jean Paul parti' da Nietzsche per spiegare l'oggetto nel mondo della coscienza. Il grande filosofo tedesco era stato il primo a scendere dal cielo dell'idea alla terra degli oggetti"
sergio.T
00martedì 14 luglio 2009 09:05
Nausea
Non lo cita quasi mai ma non si e' capito niente della Nausea se non si e' capito che e' un libro completamente niciano.

H.Levy
sergio.T
00martedì 14 luglio 2009 09:13
Lo stupore
Heidegger, Nietzsche, Hume.
Lo stupore sartriano quando li scopri'.
La delusione di non essere stato il primo e forse nemmeno il piu' profondo.

" Si era in una serata come tante altre ma lui venne a sapere che era uscita la prima sintesi in francese di Essere e Tempo di Heidegger Volo' in libreria, lo compro', usci' sul marciapiede e camminando leggeva.
Dopo un po' si fermo', alzo' lo sguardo dal libro e disse: ma sono le cose che sto cercando di spiegare io in questi tempi, ma lui lo fa in 10 pagine , quando io ne impiego 100"

Ando' a casa immediatamente e deluso disse al Castoro: " Qui dentro c'e' tutta la mia filosofia, lui vi e' arrivato prima di me"

Tempo dopo Heidegger venne a sapere del filosofo francese e del suo Essere e il Nulla. Disse: " Quel giovane francese non ha capito niente della mia filosofia"


sergio.T
00martedì 14 luglio 2009 09:17
Il percorso Sartriano:
Hume
Bergson
Nietzsche
Husserl
Heidegger.

Mica male.
sergio.T
00mercoledì 15 luglio 2009 12:09
Sartre fa bene ad interessarsi a Nietzsche e ad Heidegger, seppure filosofi molto particolari. Il secondo, poi, vicinissimo ad una teoria politica diametralmente opposta alla sua.
Sartre non poteva disconoscere la validita' filosofica delle due filosofie: inoppugnabili perche' coerenti.

E allora che fare? forse prendersela con i filosofi stessi in quanto persone? sarebbe stato disonesto.

" Quando non si riesce ad oppugnare un ragionamento logico, allora ce la si prende con chi fa quel ragionamento"

P.Valery.

H.Levy
sergio.T
00mercoledì 15 luglio 2009 12:17
La massima di Valery e' profondissima.
Quante volte ci capita , oggi? Quante volte discutendo con una persona di idee opposte alla nostra, si scivola nell'accusa personale?
dove per accusa intendo dire il disconoscimento di un valore perche' non si riesce a smantellarlo?
quante volte non rispondiamo a domande dirette perche' troppo precise?

Ci si rifugia sempre nella " categoria": quello e' un comunista, quello e' un nazista, quello e' un borghese, quello e' un proletario, quello e' un rivoluzionario, quello e' un fascista.

No. Magari quello , chiunque, ti sta dicendo una cosa precisa, coerente, limpida. Sta ragionando al di sopra dei pregiudizi e tu non riesci a rispondere.

Grande Valery.
sergio.T
00giovedì 16 luglio 2009 14:14
Libero
Quando il PCF, partito comunista francese, si rese conto chi aveva in casa s'inalbero' a tal punto che intraprese una feroce polemica con Sartre.
Sartre viaggiava in modo del tutto autonomo.
Esordi' dicendo con Hobbes:
" L'altro e' sempre necessariamente mio nemico"
prosegui' con Nietzsche:
" Gli altri sono i molti e nient'altro che i molti e dicendola fino in fondo, i troppi. Ci sara' una grande politica, ci sara' un grande principio di selezione"
e fini' dicendo: " io stesso diffido dell'uomo perche' l'altro, inevitabilmente, mi spossessa del mio esserci oggettivandomi.
L'uomo non e' buono perche' non puo' essere buono, non puo' esserci una comunita' buona, una societa' ideale. Questo appartiene ai sogni dei perfetti che alla fine si trasfigurano sempre in sistemi totalitari: il fascismo e il comunismo, per non parlare dello stalinismo, sono autentici orrori."

Sartre non poteva essere un uomo del comunismo perche' era di piu': era un anarchico libertario.

B.H.Levy
mujer
00giovedì 16 luglio 2009 18:23
l'ho detto prima io [SM=g10529]
sergio.T
00venerdì 17 luglio 2009 16:18
Proletariato ed operai borghesi
Mi ricordo in uno scritto di Pasolini: " i proletari di oggi sono piu' borghesi dei borghesi stessi, perche' sono borghesi nel loro desiderio di diventare come quelli che combattono"
Parole sante.

Ora Sartre: " E' ora di smetterla e di rinunciare all'idea che la lotta alla borghesia sia una lotta di classe. Non e' cosi'.
La borghesia non e' una questione di classe sociale od economica.
Del resto basta guardare i proletari e gli operai francesi in questi anni di contestazione: sono borghesi quanto mai.
Perche' sono borghesi? perche' sono densi e non liquidi, non fluidi.
La borghesia nell'analisi piu' profonda e' l'opacita' dell'essere; e' la fissazione, la conservazione di un fenomeno in se'. Non cambia. Il borghese non vuole cambiare il suo contesto. E' denso e opaco.
Cosi' il proletario: borghese perche' non cambia la sua idea di ribellione; vi e' radicato dentro, e in realta', non aspetta un mondo migliore ne' una societa'cambiata: il proletariato vuole conservarsi " in un in se'" opacizzante, nell'idea di lotta in-diveniente.
La borghesia e' un fatto ontologico: e' un modo di essere "in se'" e nega il " per se' o per l'altro"
La borghesia non ha niente a che vedere con quello che comunemente si crede."

Levy, sul pensiero Sartriano.
sergio.T
00venerdì 17 luglio 2009 17:15
«Il mondo può benissimo fare a meno della letteratura. Ma ancor di più può fare a meno dell'uomo.»

J.P.Sartre
sergio.T
00venerdì 17 luglio 2009 17:43
Comunista senza partito.
Sartre al contrario di tutti i gruppi organizzati, stalinisti, trotzkisti, maoisti, operaisti, movimenti studenteschi eccetera, si arrogava il diritto di essere comunista senza partito.
In un dialogo con Aroon disse: " IL PCF mi ricorda tanto un mazzo di asparagi tenuti insieme da uno spago ".
Chiarissimo: lo spago era il Partito ( vincolo legamen, mancanza di liberta') e gli asparagi gli attivisti.
sergio.T
00venerdì 17 luglio 2009 17:51
Senso di autocritica
Pur avvicinandosi molto al comunismo, Sartre non si iscrisse mai al PCF.
Rimase molto lontano dall'organizzazione partitica.
Diede molti contributi politici in molti suoi scritti ( non filosofici): un suo viaggio in Urss lo determino' ad una forte propaganda sovietica.
Poi successe l'invasione dell'Ungheria con i carri armati sovietici e questo determino' un brusco allontanamento del filosofo francese dal Pcf stesso anche come ideologia.
Non solo continuo' la sua lotta contro l'imperialismo e il fascismo ma incomincio' a prendersela anche contro lo stalinismo e il comunismo europeo che ledeva il diritto della liberta'.
Diceva: " un ideologia che non garantisce la liberta' e' oppressione"

sergio.T
00lunedì 20 luglio 2009 09:52
Il giovane Sartre influenzo' il vecchio Sartre ( quello comunista e stalinista).
Lo influenzo' al punto tale da ingaggiare , fino a tarda eta', una battaglia interiore.
Sartre non riusci' mai a dimenticare la sua filosofia prima: c'erano rigurgiti che testimoniavano di come L'essere e il nulla fosse sempre presente.
Come conciliare il comunismo con una concezione di solitudine e di inimicizia eterna tra due soggetti? come conciliare il " gruppo" con l'individualita' estrema? ed infine come conciliare il non senso assoluto con la storicita' come progresso?

Furono queste le contraddizioni di Sartre.
sergio.T
00lunedì 20 luglio 2009 10:00
La presa in giro finale?
L'insegnamento piu' grande di Sartre e' che il primo nemico personale e' sempre il nostro ideale.
Non bisogna convincere l'altro della discordanza della sua idea: biosgna, piuttosto, convincere se stessi che la propria idea puo' essere sbagliata.

Prima di morire ingaggio' una furibonda lotta contro la sua filosofia: filosofia che aveva condizionato la vita europea sia intellettuale sia sociale( esistenzialismo).
Incomincio' con una battuta: " la mia filosofia? oh, ho raccontato solo un po' di palle. La gente voleva ascoltare queste cose e allora io le dicevo. Tutto qui"
Poi non contento di questo ( gli sembrava poco) incomincio' a dirlo pubblicamente : " la mia filosofia? e' tutta da rifare".

La reazione quale fu? il mondo culturale francese rimase basito e s'arrabbio' pure con Sartre.
Il grande filosofo, cosi' facendo, paradossalmente annullava ogni sforzo degli antisartriani vanificando l'antisartrismo imperante nel mondo filosofico di allora. Li destituiva di ogni responsabilita' contraria.
Se era lui per primo a smantellarsi da solo , a che servivano tutti gli sforzi di decine di filosofi, storici, religiosi, politici suoi avversari?
" Possiamo perdonargli tutto, ma che adesso lui stesso si critichi, ci sembra troppo"

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