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Chi di esperanto vive...

Ultimo Aggiornamento: 20/06/2007 10:00
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19/06/2007 07:54
 
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La mia amica Anna Maria mi scrive:
"L'Esperanto è una lingua vivente, diffusa in tutto il mondo, nata nel 1887 per iniziativa del medico polacco L.L. Zamenhof dal quale indirettamente prende il nome (lingvo internacia de Doktoro Esperanto = lingua internazionale del Dottore che spera).
Nato da un ideale di pace, si propone di fornire uno strumento agevole e non discriminatorio per la comprensione reciproca a livello internazionale. Proprio perchè è una lingua che non appartiene a nessuna nazione ed è accessibile a tutti su una base di uguaglianza, anche per la sua semplicità e regolarità, tutela contro il predominio culturale ed economico dei più forti e contro i rischi di una visione monoculturale del mondo".

Ho il naso storto, mi viene sempre quando leggo una cosa che, nel complesso, può sembrare valida ma che nasconde le solite insidie del linguaggio.
Una lingua accessibile a tutti, dice Anna Maria.
Non so se hai mai avuto modo di leggere le tabelle fonetiche o qualche sperimentazione, ma a me non sembra proprio accessibile, eppure con le lingue ho dimestichezza (anche con i dialetti che amo moltissimo).
L'intento egualitario non mi convince affatto, perchè credo che la lingua, che appartiene alla struttura identitaria di un popolo, non debba essere perduta in cambio di un'omologazione linguistica.

E' biblico il caos babelico, così come sull'"incomprensione" tra i popoli si sono lette le migliori pagine della letteratura mondiale.
Persino nelle migrazioni, il grande arricchimento linguistico-culturale, si è avuto grazie alle "parlate" diverse.

L'esperanto è la tomba del sapere, è l'appiattimento di ogni diversità espressiva.

E' anche l'annientamento di ogni interpretazione, dando alla lingua un valore tecnico, da codice, e non un segno di appartenenza e di scambio.
A mio avviso, tutti gli studi e le sperimentazioni spesi per questa utopica lingua comune dovrebbero riguardare le nuove forme di meticciato linguistico, questa affascinante trasformazione e crescita, che permette la contaminazione tra le culture.

L'ho scritto ad Anna Maria, non credo che mi risponderà.


[Modificato da mujer 19/06/2007 07:57]
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19/06/2007 23:00
 
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Internet è anche un autentico assassino della pluralità delle lingue

Lo ha detto Dieter Wunderlich, esperto tedesco di psicolinguistica, ed io sono d'accordo.
Assistiamo ad un'omologazione che sta mettendo a dura prova le nostre lingue.
L'altro giorno ho sentito dire a un politico in tv che "bisogna resettare le pratiche..." come se il termine potesse tranquillamente sostituire quanto di bello il vocabolario ci dice alla parola riavviare.
La parola resettare esiste ed è ormai sul vocabolario, ma il suo significato sta per: "in informatica, riavviare il computer azionando un tasto o dando un comando che determina l'arresto dell'operazione in corso e il nuovo inizio del lavoro a partire da un punto predeterminato in memoria".

Ora mi chiedo, però, quell'anche nella frase di Wunderlich, quale mondo ci svelerà?
mistero linguistico?
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20/06/2007 10:00
 
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Penso di aver confuso il concetto tra Internet e Informatica.
Nella citazione del prof. Wunderlich c'è un altro intento, a pensarci bene.
Non credo che si limiti alla semplice analisi linguistica ma all'implicito senso del codice "comune".

Più terra terra, se internet è la rete, e se in questa rete interagiscono persone di ogni identità, questa pluralità rischia di essere convertita in un'omologazione in nome del diritto a comunicare secondo un unico codice.

Non molto diverso da quello che intende proporre la mia amica Anna Maria con il suo Esperanto.

Ma è un po' come certi intellettuali che, in nome di un non ben definito diritto democratico, criticano la localizzazione culturale come limite per la propria espressione artistica e scopri che vivono a New York e pubblicano in inglese...

Mah!
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