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Napoleone Bonaparte

Ultimo Aggiornamento: 06/09/2007 15:14
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06/09/2007 09:54
 
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Napoleone Bonaparte (Ajaccio, 15 agosto 1769 – Isola di Sant'Elena, 5 maggio 1821) è stato un generale e imperatore francese, nonché figura storica di straordinaria rilevanza.

Generale durante la rivoluzione francese, governò la Francia a partire dal 1799: fu primo console dal novembre 1799 al maggio 1804 ed imperatore dei francesi, con il nome di Napoleone I (Napoléon Ier ), dal dicembre 1804 all'aprile 1814 e nuovamente dal 20 marzo al 22 giugno 1815. Fu anche presidente della Repubblica Italiana (Cisalpina) dal 1802 al 1805 e re d'Italia dal 1805 al 1814, «mediatore» della Repubblica Elvetica dal 1803 al 1813 e «protettore» della Confederazione del Reno dal 1806 al 1813.

Grazie a una serie di brillanti campagne militari e alleanze, conquistò e governò larga parte dell'Europa continentale, esportando gli ideali rivoluzionari di rinnovamento sociale e arrivando a controllare numerosi Regni europei tramite i membri della sua famiglia (Spagna, Napoli, Westfalia e Olanda). La disastrosa Campagna di Russia (1812) segnò la fine del suo dominio sull'Europa. Sconfitto a Lipsia dagli alleati europei nell'ottobre del 1813, Napoleone abdicò nell'aprile del 1814 e venne esiliato all'Isola d'Elba.

Nel marzo del 1815, abbandonata furtivamente l'Elba, sbarcò vicino ad Antibes e rientrò a Parigi «senza sparare un sol colpo», riconquistando il potere per il periodo detto dei Cento Giorni, finché non venne definitivamente sconfitto a Waterloo dalla settima coalizione, il 18 giugno 1815. Trascorse gli ultimi anni di vita in esilio all'isola di Sant'Elena, sotto il controllo degli inglesi. Dopo la sua caduta, il Congresso di Vienna ristabilì in Europa i vecchi Regni pre-napoleonici (Restaurazione).

Fu il primo regnante della dinastia dei Bonaparte. Sposò Joséphine de Beauharnais nel 1796, e in seconde nozze l'arciduchessa Maria Luisa d'Austria, l'11 febbraio 1810, dalla quale ebbe l'unico figlio legittimo, Napoleone Luigi detto il re di Roma (1811-1832). La sua figura ha ispirato artisti, letterati, musicisti, politici e storici, dall'ottocento sino ai giorni nostri.
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06/09/2007 09:55
 
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Napoleone Bonaparte nacque ad Ajaccio in Corsica poco più di un anno dopo la stipulazione del Trattato di Versailles (maggio 1756), con la quale la Repubblica di Genova lasciava mano libera alla Francia in Corsica, che fu così invasa dalle armate di Luigi XV e annessa al patrimonio personale del Re.

La famiglia Bonaparte apparteneva alla piccola borghesia còrsa[1] e aveva forse lontane origini nobili toscane (sembra accertato che gli antenati fossero, al servizio di Genova, immigrati in Corsica da Sarzana nel XVI secolo).

Il padre di Napoleone, Carlo Maria Buonaparte (Napoleone "francesizzò" il cognome in "Bonaparte" dopo la morte del padre, pochi giorni prima di sposare Giuseppina e partire per la campagna d'Italia), avvocato laureatosi all'Università di Pisa, aveva effettuato ricerche araldiche per ottenere, presso i lontani parenti toscani di San Miniato (Pisa), una patente di nobiltà che gli conferisse prestigio in Patria e gli permettesse di meglio provvedere dell'istruzione dei figli; morì ancor giovane di un tumore, nel 1785. La madre, Letizia Ramolino, sopravvisse allo stesso Napoleone, passando gli ultimi anni della sua vita a Roma, dove morì nel 1836. Letizia Ramolino ebbe 13 figli, di cui solo otto le sopravvissero: i fratelli Giuseppe, Luciano, Luigi e Girolamo; le sorelle Elisa, Paolina e Carolina.

Fu solo grazie al titolo nobiliare ottenuto in Toscana che Carlo poté iscriversi al Libro della nobiltà di Corsica, istituito dai francesi per consolidare la conquista dell'isola, e solo grazie a tale iscrizione, all'età di appena nove anni, il giovane Napoleone fu ammesso il 23 aprile 1779, per iniziativa del padre, alla Scuola reale di Brienne-le-Château, nel nord della Francia, ove rimase per cinque anni. Per migliorare il suo francese e prepararsi alla scuola frequentò prima per quattro mesi il collegio di Autun.

Napoleone inizialmente non si considerava francese e si sentiva a disagio in un ambiente dove i suoi compagni di corso erano in massima parte provenienti dalle file dell'alta aristocrazia transalpina, e lo prendevano crudelmente in giro motteggiando il suo nome come "la paille au nez" (l'accusa di essere straniero l'avrebbe perseguitato per tutta la vita). Senza amici e mal considerato, anche per la fragile apparenza fisica, il giovane Napoleone si dedicò con costanza agli studi, riuscendo particolarmente bene in matematica.

Il 22 ottobre 1784 Luigi XVI gli concesse un posto di cadetto-gentiluomo nella École Militaire di Parigi, fondata da Luigi XV. Nel 1785 tentò di passare in Marina, ma in seguito all'annullamento degli esami d'ammissione di quell'anno, passò in artiglieria, desideroso di abbandonare gli studi al più presto e dedicarsi alla carriera militare. Ottenne quindi la nomina a sottotenente a soli 16 anni e fu distaccato presso un reggimento di stanza a Valence (Drôme), nel sud-est della Francia.

Allo scoppio della rivoluzione, nel 1789, Napoleone (ormai ufficiale del re Luigi XVI) riuscì a ottenere una lunga licenza e ne approfittò per riparare al sicuro in Corsica, ove si unì al movimento rivoluzionario assumendo il grado di tenente colonnello della Guardia Nazionale. Nel 1792 si rifiutò di tornare a servire nell'Armata in Francia e fu pertanto considerato disertore. Su pressione dei familiari, si convinse tuttavia a rientrare a Parigi, dove si presentò al ministro della Guerra e difese la propria causa con tali argomenti e tale abilità da ottenere non solo il perdono e il reintegro, ma persino la promozione ipso facto a capitano.

Nel frattempo (1793) in Corsica infuriava la guerra civile. Già dal 1792 gli eccessi rivoluzionari e l'instaurazione del "Terrore" avevano spinto l'eroe nazionale dell'indipendenza corsa, Pasquale Paoli (che era rientrato trionfalmente nel suo Paese nel 1790, dopo il lungo esilio impostogli dai Re di Francia), a prendere le distanze da Parigi e a riprendere il cammino verso l'indipendenza della Corsica. Accusato di tradimento e inseguito da un mandato di arresto emesso dalla Convenzione il 2 aprile 1792, Paoli ruppe gli indugi il 17 aprile successivo, rivolgendosi con un appello direttamente al popolo corso affinché difendesse la propria patria e i propri diritti. I Buonaparte, che pure avevano sostenuto Paoli al tempo della rivolta contro Genova e poi contro le Armate di Luigi XV (il padre Carlo e forse anche la madre parteciparono accanto a Paoli alla battaglia di Ponte Nuovo contro i francesi), scelsero invece la causa francese. Napoleone fuggì rapidamente ad Ajaccio e di lì riparò con l'intera famiglia - accusata di tradimento - a Tolone.

Da quel momento Napoleone sostenne con decisione la rivoluzione e salì rapidamente nella gerarchia militare. Nel dicembre 1793, come tenente colonnello addetto all'artiglieria, liberò il porto di Tolone dai monarchici e dalle truppe inglesi che li appoggiavano; fu il suo primo clamoroso successo militare, che gli valse la nomina a generale di brigata e l'attenzione del futuro membro del Direttorio Paul Barras, che lo aiuterà poi nella scalata al potere. La sua amicizia con Augustin Robespierre, fratello di Maximilien, lo fece cadere in disgrazia all'indomani del 9 termidoro e la conseguente fine del Terrore. Tuttavia la fortuna gli arrise quando il 13 vendemmiaio (5 ottobre 1795) Barras lo nominò, all'improvviso, comandante della piazza di Parigi, con l'incarico di salvare la Convenzione Nazionale dalla minaccia dei monarchici (realisti). Con l'aiuto di Gioacchino Murat al comando della cavalleria, Napoleone colpì duramente i rivoltosi scongiurando un nuovo colpo di Stato. In seguito al brillante successo, Barras lo nominò generale del Corpo d'Armata dell'Interno
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06/09/2007 10:44
 
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La campagna d'Italia
Il 9 marzo 1796 Napoleone sposò Joséphine Tascher de La Pagerie, vedova Beauharnais, già moglie di un ufficiale ghigliottinato dopo la rivoluzione, e solo due giorni dopo partì per il fronte italiano al comando di 38.000 uomini molto mal equipaggiati, per una campagna che, nei piani del Direttorio, doveva essere semplicemente di «diversione», poiché l'attacco all'Austria sarebbe avvenuto lungo due direttrici sul Reno. Iniziava così la prima campagna d'Italia che avrebbe dimostrato il genio militare e politico di Napoleone il quale, nonostante l'inferiorità numerica e logistica, riuscì a sconfiggere ripetutamente le forze austriache.

Numerose le battaglie contro le forze armate austro-piemontesi a Dego, Millesimo, Cairo Montenotte, Cosseria e a San Michele Mondovì dove vi fu una storica battaglia il 19 aprile 1796 chiamata "Battaglia della Bicocca di San Giacomo" o "Presa di San Michele".[2]. Con l'armistizio di Cherasco costrinse Vittorio Amedeo III di Savoia a pesanti concessioni che ebbero poi conferma con la Pace di Parigi (15 maggio) che assegnava alla Francia rivoluzionaria sia la Savoia che Nizza. Il 10 maggio 1796 sbaragliò l'ultima difesa austriaca nella battaglia al Ponte di Lodi e il 15 maggio dello stesso anno entrò a Milano. Il 16 maggio al posto dello Stato di Milano venne insediata l'Amministrazione Generale della Lombardia, entità politico-militare della quale facevano parte sia francesi (provenienti dalle file dell'Armata d'Italia) sia esponenti illuministi del capoluogo lombardo, come Pietro e Alessandro Verri, Gian Galeazzo Serbelloni e Francesco Melzi d'Eril.
Il 9 luglio 1797 venne proclamata la Repubblica Cisalpina (capitale Milano) e, nell'ottobre del 1796, si costituì la Legione Lombarda, prima forza armata composta da italiani ad adottare quale bandiera di guerra il Tricolore (Verde, Bianco e Rosso). Contemporaneamente le ex-legazioni pontificie si costituirono in Repubblica Cispadana e adottarono (7 gennaio 1797) il tricolore quale bandiera nazionale.

Le forze austriache, comandate dall'arciduca d'Austria Carlo, terrorizzate dalla rapida marcia di Napoleone verso Vienna, dovettero accettare una tregua sfavorevole, che si concretizzò nel trattato di Campoformio, il 17 ottobre 1797. Oltre all'indipendenza delle nuove repubbliche formatesi, la Francia acquisiva i Paesi Bassi e la riva sinistra del Reno, gli Austriaci inglobavano i territori della Repubblica di Venezia. Terminava così, con una secca sconfitta dell'Austria, la campagna d'Italia.

Nel corso della campagna d'Italia, Napoleone dimostrò la sua brillante capacità strategica, capace di assorbire il sostanzioso "corpo" delle conoscenze militari del suo tempo (particolarmente i più moderni insegnamenti di Federico II di Prussia) e di applicarlo al mondo reale che lo circondava. Ufficiale di artiglieria per formazione, la utilizzò in modo innovativo come supporto mobile agli attacchi della fanteria. Dipinti contemporanei del suo Quartier Generale mostrano che in queste battaglie utilizzò, primo al mondo in un teatro di guerra, un sistema di telecomunicazioni basato su linee di segnalazione realizzate col semaforo di Chappe, appena perfezionato nel 1792.
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06/09/2007 10:44
 
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Il 18 Brumaio
Il 9 ottobre sbarcò a Fréjus, e la sua corsa verso Parigi fu accompagnata dall'entusiasmo dell'intera Francia, certa che il generale fosse tornato in patria per assumere il controllo della situazione ormai ingestibile e in effetti era questa l'intenzione di Napoleone. Giunto a Parigi, egli riunì i cospiratori decisi a rovesciare il Direttorio. Dalla sua si schierarono il fratello maggiore Giuseppe e soprattutto il fratello Luciano, allora presidente del Consiglio dei Cinquecento, che con il Consiglio degli Anziani costituiva il potere legislativo della repubblica. Dalla sua Napoleone riuscì ad avere il membro del Direttorio Roger Ducos e soprattutto Emmanuel Joseph Sieyès, il celebre autore dell'opuscolo Che cosa è il Terzo Stato? e ideologo di punta della borghesia rivoluzionaria. Inoltre, dalla sua si schierò l'astutissimo ministro degli esteri Talleyrand e il ministro della polizia Joseph Fouché. Barras, pur membro del Direttorio, conscio delle capacità di Napoleone accettò di farsi da parte.


Napoleone nella sala del Consiglio dei CinquecentoFatta trapelare la falsa notizia di un complotto realista per rovesciare la repubblica, Napoleone riuscì a far votare al Consiglio degli Anziani e al Consiglio dei Cinquecento una risoluzione che trasferisse le due Camere il 18 brumaio (9 novembre) fuori Parigi, a Saint-Cloud; Napoleone fu nominato comandante in capo di tutte le forze armate. Ciò fu fatto per evitare che durante il colpo di Stato qualche deputato potesse sollevare i cittadini parigini per difendere la Repubblica dal tentativo di Napoleone. L'intenzione di Napoleone era quella di portare le due Camere a votare autonomamente il loro scioglimento e la cessione dei poteri nelle sue mani. Non fu così: il Consiglio degli Anziani rimase freddo al discorso pasticciato di Napoleone per far pressione su di essa, mentre quando Napoleone entrò nella sala del Consiglio dei Cinquecento i deputati gli si lanciarono contro chiedendo di votare per rendere Bonaparte fuorilegge (cosa che voleva significare l'arresto e la ghigliottina). Nel momento in cui sembrava che il colpo di Stato fosse prossimo alla catastrofe, a soccorrere Napoleone giunse il fratello Luciano, che nelle vesti di presidente dei Cinquecento uscì dalla sala e arringò le truppe schierate all'esterno, ordinando che disperdessero i deputati terroristi. Memorabile il momento in cui puntò la sua spada al collo di Napoleone e dichiarò: «Non esiterei un attimo a uccidere mio fratello se sapessi che costui stesse attentando alla libertà della Francia». Le truppe, in gran parte veterani delle campagne di Napoleone, al comando del cognato di quest'ultimo, il generale Victor Emanuel Leclerc e del futuro cognato Gioacchino Murat, entrarono con le baionette innestate e dispersero i deputati. In serata, le Camere venivano sciolte e fu votato il decreto che assegnava i pieni poteri a tre consoli: Roger Ducos, Sieyes e Napoleone.
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06/09/2007 10:45
 
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L'Impero
Durante l'assenza di Napoleone impegnato in Egitto, i francesi erano stati ripetutamente battuti in Italia dagli austriaci (battaglia di Novi Ligure) a Cassano d'Adda e sul Reno. La nuova coalizione antifrancese aveva rovesciato la Repubblica Napoletana del 1799, fondata dai francesi, e quella Romana e la Repubblica Cisalpina. Il 6 maggio 1800, sei mesi dopo il colpo di Stato del 18 brumaio, Napoleone assunse nuovamente il comando dell'esercito francese. Con una marcia esemplare valicò le Alpi al passo del Gran San Bernardo, un'impresa che colse di sorpresa gli Austriaci, i quali vennero rapidamente battuti a Montebello, mentre Napoleone ritornava a Milano. Il 14 giugno 1800 si combatté la battaglia di Marengo. Fu la più celebre della battaglie napoleoniche in Italia, la più dura ma definitiva. Alle tre del pomeriggio Napoleone aveva perso: alle otto della sera il suo trionfo era completo. A rovesciare le sorti della battaglia fu il generale Desaix che, giunto sul campo con nuove truppe, annientò l'esercito austriaco del generale Melas, già certo della vittoria, ma morì in battaglia.[4] A Milano venne provvisoriamente ricostituita la Repubblica Cisalpina che verrà sostituita dopo i Comizi di Lione dalla Repubblica Italiana (1802-1805)


Ingres, Napoleone sul trono imperialeLa pace in Italia venne sancita con la pace di Luneville, che in pratica riconfermava il precedente trattato di Campoformio violato dagli Austriaci.

Nel 1802 venne proclamato Presidente della Repubblica Italiana (il patrizio milanese Francesco Melzi d'Eril ne fu nominato vice Presidente ), titolo che conserverà sino al 17 marzo 1805 quando assumerà quello di Re d'Italia.

Con la pace di Amiens del 1802 anche l'Inghilterra firmava la pace con la Francia. Napoleone aveva distrutto la nuova coalizione antifrancese, assicurandosi anche l'appoggio dello zar di Russia Alessandro I. Per due anni l'Europa fu finalmente in pace.

Nel 1802 Napoleone vendette una gran parte del Nord America agli Stati Uniti come parte dell'Accordo sulla Louisiana: egli aveva appena fronteggiato un grosso problema militare quando l'esercito, mandato a riconquistare Santo Domingo, dopo aver affrontato la rivolta capeggiata da Toussaint L'Ouverture, fu colpito dalla febbre gialla. La rivolta fu comunque stroncata.[5] Con le forze dell'Ovest in condizioni tali da non poter agire, Napoleone capì che non avrebbe potuto difendere la Louisiana e decise di venderla (8 aprile 1803).
Egli ristabilì, nel 1802, la schiavitù nelle colonie francesi.
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06/09/2007 10:46
 
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Dopo che Napoleone ebbe allargato la sua influenza alla Svizzera e alla Germania, una disputa su Malta fornì all'Inghilterra il pretesto nel 1803 per dichiarare guerra alla Francia e fornire sostegno ai monarchici francesi che a lui si opponevano. Infatti, la notte di Natale del 1800 Napoleone, la moglie e il suo seguito erano scampati miracolosamente a un attentato dinamitardo nelle strade di Parigi, mentre si recavano all'Opera. Napoleone ne aveva approfittato per mettere fuori legge i giacobini, molti dei quali vennero esiliati in Guyana, e disperdere i monarchici. Per dare ora un segnale forte ai Borboni, che ancora complottavano per ritornare sul trono francese, Napoleone fece catturare a Ettenheim, cittadina dello stato del Baden situata presso il confine francese, il duca di Enghien, legato alla famiglia reale esiliata, che fu accusato di cospirazione contro il Primo Console e fucilato poco dopo. L'evento destò l'indignazione delle corti europee per l'arrogante violazione della sovranità di uno stato estero da parte della Francia e per la sorte riservata al povero duca, e diede uno scossone negativo all'immagine europea del Bonaparte, alla quale invece l'allora ancor Primo Console teneva moltissimo. Il generale Moreau, implicato nel complotto realista, venne invece condannato a soli due anni di carcere ma successivamente gli fu concessa la possibilità di espatriare negli Stati Uniti da dove ritornerà nel 1813 per unirsi all'esercito russo e morire durante la battaglia di Dresda.[6]

Ormai console a vita, Napoleone era in pratica sovrano assoluto della Francia. Il 18 maggio 1804 il Senato lo proclamò imperatore dei francesi. Il 2 dicembre dello stesso anno, a Notre Dame, la Cattedrale di Parigi, fu celebrata la cerimonia di incoronazione: dopo che le insegne imperiali furono benedette da papa Pio VII, Napoleone incoronò prima sé stesso imperatore dei francesi, e quindi imperatrice sua moglie Joséphine de Beauharnais.[7]


Jacques-Louis David, l'incoronazione di Napoleone I (particolare)
Successivamente, il 26 maggio 1805 nel Duomo di Milano, Napoleone fu incoronato Re d'Italia con la Corona Ferrea, ora custodita nel Duomo di Monza.

Rinasceva in Francia la monarchia, ma non era la stessa monarchia rovesciata nel 1792, privata dei poteri già nel 1789. Napoleone non era «re di Francia e di Navarra per grazia di Dio», come citavano le formule dell'ancién régime, ma «Imperatore dei francesi per volontà del popolo». Non veniva ricostruita la nobiltà feudale, ma rimanevano i principi di eguaglianza sanciti dalla Rivoluzione francese. Napoleone era l'imperatore rivoluzionario. Il più grande paradosso della storia
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06/09/2007 10:47
 
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Nel 1805 si formò in Europa la terza coalizione contro Napoleone; egli aveva trascorso l'ultimo anno sulle coste della Normandia, a preparare una vasta operazione militare con l'alleanza della Spagna contro l'Inghilterra ma, comprendendo la situazione troppo sfavorevole, tornò improvvisamente sui suoi passi e si mise al comando della Grande Armata che, a marce forzate, giunse rapidamente nel cuore dell'Europa per sconfiggere le forze nemiche sul continente. Napoleone aveva fatto bene i suoi conti: il 21 ottobre, infatti, a largo di Trafalgar la flotta francese comandata dal mediocre ammiraglio Pierre-Charles Villeneuve veniva completamente annientata dagli inglesi al comando di Horatio Nelson, che morì durante lo scontro, colpito da un tiro di moschetto. Svanivano per sempre i sogni di invasione dell'Inghilterra.

Le forze coalizzate austriache, prussiane e russe (sotto il nuovo zar Alessandro I) erano numericamente soverchianti. Due i fronti interessati: quello germanico, dove Napoleone in persona guidava la Grande Armée e quello italiano dove il generale Masséna guidava l'Armée d'Italie. A nulla valsero la resa del generale nemico Mack ad Ulm (20 ottobre), la battaglia di Caldiero (30 ottobre) e la conquista di Vienna da parte di Gioacchino Murat: il grosso dell'esercito nemico rimaneva infatti intatto. Il 2 dicembre 1805, tuttavia, anniversario della sua incoronazione, Napoleone mise fine alla terza coalizione nella battaglia di Austerlitz. Rimasta nella storia come il suo capolavoro strategico, con la battaglia di Austerlitz Napoleone divenne padrone dell'Europa. «Quando tornerete a casa, vi basterà dire "Io ero con lui nella battaglia di Austerlitz", e poi racconterete che in meno di quattro ore abbiamo battuto e disperso un esercito di 100.000 uomini comandato dagli imperatori di Russia e Austria». Il giorno dopo, i sovrani d'Europa chiesero la pace. L'Austria perdeva anche Venezia, che veniva unita al regno d'Italia, e perdeva ogni controllo sulla Germania, che ora si ricostruiva come Confederazione del Reno, primo seme dell'unità tedesca sotto il controllo diretto di Napoleone. Si racconta che, dopo aver appreso di Austerlitz, il primo ministro inglese William Pitt avesse chiesto a una nipote di arrotolare la carta dell'Europa esposta in un corridoio di casa. «Non ci servirà per i prossimi sette anni».

L'anno seguente, Napoleone sconfisse la Prussia nella battaglia di Jena (14 ottobre 1806).

La quarta coalizione, comandata dalla Prussia, venne sconfitta il 14 giugno 1807 sulle gelide pianure di Friedland, dopo i rovesci alterni della sanguinosissima battaglia di Eylau: lo zar Alessandro I fu costretto a firmare la pace, nell'incontro di Tilsit. L'Europa venne durante quell'incontro ufficiosamente divisa in zone d'influenza. Quella occidentale sotto Napoleone, quella orientale sotto lo zar. Rimaneva aperta la questione della Polonia, che Napoleone voleva rendere indipendente, contrariamente allo zar. Quando il papa rifiutò di aderire all'embargo nei confronti dell'Inghilterra, dichiarando che le sue qualità di pastore universale gli imponevano la neutralità, Napoleone fece occupare Roma dal generale Miollis, e il 7 maggio 1809 ordinò l'annessione all'Impero francese dello Stato Pontificio. Pio VII rispose con la scomunica a tutti coloro che avevano partecipato alla spoliazione della Santa Sede, e subito il generale Radet lo fece prigioniero, insieme col cardinale Pacca, e lo fece trasportare a Genova, poi a Savona, indi a Fontainebleau, dove Napoleone finì con lo strappargli l'approvazione di un nuovo Concordato
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06/09/2007 10:47
 
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L'europa Napoleonica
Nel 1810, l'Europa era definitivamente ridisegnata secondo il volere napoleonico. I territori sotto il diretto controllo francese si erano espansi ben oltre i tradizionali confini pre-1789; il resto degli Stati europei era o suo satellite o suo alleato. Il regno d'Italia era nominalmente governato da Napoleone, ma retto dal viceré Eugenio Beauharnais (figlio di primo letto della moglie di Napoleone Joséphine); il principato di Lucca e Piombino (fino al 1809), e quindi buona parte della Toscana (dal 1809), era governata dalla sorella Elisa, andata in sposa al principe còrso Felice Baciocchi; alla sorella Paolina, sposata col principe Camillo Borghese, andò il ducato di Guastalla, poi ceduto al regno d'Italia; il fratello maggiore Giuseppe riceveva il trono di Spagna; il fratello Luigi riceveva il trono d'Olanda, dopo aver sposato Hortense de Beauharnais, figlia della moglie di Napoleone Joséphine; il fratello Girolamo ebbe il regno di Westfalia; il generale Gioacchino Murat, poi maresciallo dell'Impero, ebbe il regno di Napoli, dopo aver sposato la sorella di Napoleone, Carolina; il maresciallo Bernadotte ebbe il trono di Svezia, ma ben presto tradì il suo ex padrone entrando nella coalizione che lo avrebbe detronizzato (aveva, tra l'altro, sposato Désirée Clary, prima fiamma di Napoleone). La Confederazione del Reno era di fatto sotto il controllo di Napoleone.

Dopo la pace di Schönbrunn, Napoleone e l'austriaco Metternich si erano accordati per un matrimonio di Stato. Il 14 dicembre 1809, Napoleone divorziò da Joséphine de Beauharnais, la moglie certo infedele ma amatissima: i due rimasero sempre legati fino alla morte di quest'ultima, avvenuta durante l'esilio di Napoleone all'Elba. Il 1° aprile 1810 Napoleone sposò la figlia dell'imperatore d'Austria, Maria Luisa di Asburgo, nipote di Maria Antonietta, la regina decapitata durante la Rivoluzione (il che provocò non poche polemiche in Francia). Ora l'Austria era legata a Napoleone da un matrimonio, il che portava alla creazione di un'alleanza pressoché indissolubile. Non avendo avuto figli dalla prima moglie Joséphine, Napoleone riuscì ad avere un erede legittimo da Maria Luisa, che nacque dopo un parto difficile il 20 marzo 1811: l'erede dell'Impero, Napoleone Francesco, detto il re di Roma, non sarebbe in realtà mai salito al trono, morendo a soli 21 anni.
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06/09/2007 10:48
 
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La campagna di Russia
Alessandro I di Russia aveva cominciato a temere Napoleone e rifiutò di collaborare con lui riguardo al Blocco Continentale. Questa fu la principale causa che spinse Napoleone a invadere la Russia nel 1812, con ben 655.000 uomini, solo un terzo dei quali francesi. I russi, comandati da Kutuzov, decisero la tattica della ritirata piuttosto che scontrarsi contro il preponderante esercito napoleonico. Il 12 settembre nei dintorni di Mosca ebbe luogo la battaglia di Borodino. I russi, sconfitti, ripiegarono e Napoleone entrò a Mosca, immaginando che Alessandro avrebbe negoziato la pace. Stabilitosi nel Cremlino, Napoleone non poteva immaginare che la città completamente vuota nascondesse in realtà un'insidia: nella notte, Mosca cominciò a bruciare, essendo state appiccate le fiamme da alcuni russi nascosti nelle case[8]. Napoleone, che aveva tentato a più riprese di venire a un accordo con Alessandro I senza riuscire neanche a far ricevere i suoi messi, si rese conto della necessità di ritirarsi. Diede perciò ordine di iniziare la ritirata, (e di far saltare il Cremlino che solo per una miracolosa pioggia fu salvato): era rimasto in Mosca non più di trentacinque giorni.

La Grande Armata francese soffrì gravi perdite nel corso della rovinosa ritirata; la spedizione era iniziata con circa 655.000 uomini (di cui poco meno della metà erano francesi) e 200.000 cavalli ma alla fine della campagna poco più di 90.000 uomini riuscirono a mettersi in salvo (370.000 circa furono i morti e 200.000 i prigionieri). Residuarono inoltre solo 10.000 cavalli. Tra il 25 e il 29 novembre, infatti, i resti dell'armata, distrutta dal grande freddo (il "generale inverno") vennero in gran parte annientati dai russi durante il passaggio della Beresina[9]. Intanto, Napoleone era stato raggiunto dalla notizia che a Parigi il generale Malet aveva diffuso la notizia della morte dell'imperatore e tentato un colpo di Stato. Angosciato delle notizie di tradimento (Talleyrand e Fouché stavano ormai tramando col nemico), Napoleone abbandonò precipitosamente la Russia lasciando il comando a Gioacchino Murat e ad Eugenio Beauharnais e tornando nella capitale, dove iniziava a ricostruire un nuovo esercito di 400.000 uomini, in realtà giovanissimi e male addestrati. Le potenze europee, consce dell'atroce disfatta di Russia, sollevarono la testa e formarono una nuova coalizione
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06/09/2007 10:50
 
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L'abdicazione
La prima a unirsi alla vittoriosa Russia fu la Prussia che, abbandonando l'alleanza con Napoleone, si schierò a fianco dell'Inghilterra. Era la settima coalizione. Napoleone non si fece cogliere impreparato, e sconfisse i prussiani prima a Lützen e poi a Bautzen nel maggio 1813. Ma l'insidia più grande era l'Austria, la quale - non rispettosa dei patti - era pronta a scavalcare anche un matrimonio di stato come quello di Napoleone con Maria Luisa pur di sconfiggere l'odiato nemico. Nel corso di un memorabile e burrascoso incontro bilaterale a Dresda, Napoleone e Metternich non riuscirono a giungere a un accordo, e il 12 agosto l'Austria si univa alla coalizione antifrancese. Dopo un'ultima vittoria francese proprio a Dresda, le forze napoleoniche si scontrarono con gli eserciti congiunti di Austria, Russia, Prussia e Svezia (quest'ultima comandata dall'ex maresciallo francese Bernadotte) nella battaglia di Lipsia, detta "battaglia delle Nazioni" perché vi parteciparono eserciti di tutta Europa. L'inesperto esercito francese, formato in gran parte da giovani reclute, la defezione dei contingenti tedeschi e le soverchianti forze nemiche furono i fattori che determinarono la sconfitta di Napoleone a Lipsia. L'esercito francese fu costretto a una rovinosa ritirata per la Germania in piena insurrezione contro l'occupazione napoleonica, mentre anche l'Olanda si rivoltava e la Spagna era ormai persa.

Rientrato precipitosamente a Parigi, Napoleone doveva subire ora l'insubordinazione di tutti i corpi politici: le Camere denunciarono solo ora la sua tirannia, la nuova nobiltà da lui creata gli girò le spalle, il popolo ormai stanco della guerra rimase freddo, i marescialli dell'Impero cominciarono a defezionare: tra i principali, Gioacchino Murat che passò al nemico per conservare il regno di Napoli.

Il giorno di Natale del 1813 la Francia veniva invasa dagli eserciti della coalizione. Un mese dopo, consegnato al fratello Giuseppe il controllo di Parigi e alla moglie Maria Luisa la reggenza, salutato il piccolo figlio che non avrebbe mai più rivisto, Napoleone si metteva al comando di un esercito di 60.000 veterani della Vecchia Guardia. Per due mesi, Napoleone tenne testa al nemico in quella che sarà definita da alcuni la sua campagna più brillante, vincendo a Brienne (proprio dove aveva studiato l'arte militare), a Champaubert, Montmirail, Chateau-Thierry, Vauchamps, Mormant, Villeneuve, Montereau, Craonne, Laon. Sconfitto infine dalle forze prussiane del feldmaresciallo von Blücher, da quella austriache e da quelle russe di Wintzingerode, consapevole di non poter anticipare le truppe nemiche in marcia su Parigi, Napoleone ripiegò su Fontainebleau ove, appresa la notizia del tradimento del generale Marmont che si era arreso con le sue truppe agli alleati, e scoraggiato dall'atteggiamento rinunciatario del maresciallo Michel Ney, il 4 aprile annunciò ufficialmente la sua intenzione di chiedere la pace.

Intanto il fratello Giuseppe era capitolato e il nemico era entrato vittorioso in Parigi con alla testa lo zar Alessandro I il 31 marzo, che il giorno successivo aveva già fatto affiggere sui muri di Parigi il suo proclama indirizzato al popolo francese.


Napoleone abdica a Fontainebleau, circondato dai marescialliA Fontainebleau Napoleone passò giorni duri e difficili. Gli giunse notizia che il nemico aveva rigettato la sua proposta di pace che stabiliva il ritorno ai «confini naturali» della Francia. Lo zar Alessandro I gli impose l'abdicazione. Egli, dopo aver più volte tentennato, decise di abdicare in favore del figlio e della reggenza di Maria Luisa.
Ma il nemico decise per un abdicazione totale, poiché Talleyrand aveva già preso accordi per restaurare sul trono i Borboni. Napoleone, indignato, minacciò di rimettersi alla testa dei suoi eserciti e marciare su Parigi, ma i marescialli lo costrinsero a cedere. L'abdicazione divenne effettiva il 6 aprile.

Il 12, Napoleone ingerì una forte dose di veleno ma miracolosamente si salvò.

Dopo un memorabile addio alla Vecchia Guardia, Napoleone subì il dramma della fuga quando, attraversando la Francia del sud, fu costretto a indossare un'uniforme austriaca per non finire linciato dalla folla. Imbarcatosi precipitosamente su un bastimento inglese, il 4 maggio 1814 sbarcò all'isola d'Elba, dove il nemico aveva deciso di esiliarlo, pur riconoscendogli la sovranità sull'isola e il titolo di Imperatore.

Stabilitosi a Portoferraio nei dieci mesi di esilio Napoleone non rimase inoperoso ma costruì infrastrutture, miniere, strade, difese, mentre il Congresso di Vienna che doveva disegnare la nuova Europa della Restaurazione ipotizzava di esiliarlo nell'oceano.


I "Cento giorni"

Pur impegnato nei lavori sull'Elba, Napoleone continuava a ricevere notizie della situazione francese. Il nuovo sovrano, Luigi XVIII Borbone, era inviso alla popolazione: nel solco della Restaurazione, Luigi stava lentamente smantellando tutte le conquiste della Rivoluzione legittimate da Napoleone. Queste notizie, aggiunte alla voce ormai certa che i nemici fossero prossimi a trasferirlo lontano dall'Europa, portarono Napoleone ad agire. Imbarcatosi in gran segreto con uno sparuto gruppo di granatieri su un bastimento, l'imperatore eluse la sorveglianza inglese e il 1° marzo 1815 sbarcò in Francia nel golfo di Cannes. Iniziavano i leggendari "Cento giorni". La popolazione lo accolse con un entusiasmo sorprendente, e gli eserciti inviatigli contro da Luigi invece di fermarlo si unirono a lui. Il maresciallo Ney, che Napoleone stesso aveva definito «il più prode dei prodi» dopo le sue eroiche imprese nella ritirata di Russia, giurò allora al sovrano borbone che avrebbe condotto Napoleone a Parigi «in una gabbia di ferro». Ma quando i due eserciti si trovarono l'uno di fronte all'altro Napoleone si fece incontro all'esercito avversario e gridò «Chi vuole sparare al suo Imperatore è libero di farlo»: fu accolto da un tripudio e lo stesso Ney crollò tra le sue braccia (sfortunatamente per lui, in seguito alla sconfitta di Napoleone a Waterloo pagò con la fucilazione il voltafaccia). Il 20 marzo Napoleone entrò trionfalmente a Parigi, mentre Luigi era fuggito in gran fretta sotto suggerimento di Talleyrand, il quale al Congresso di Vienna spinse le teste coronate a riprendere la spada contro il despota.

Riorganizzato in gran fretta l'esercito, Napoleone chiese in tutti i modi ai nemici nuovamente coalizzatisi una pace alla sola condizione di mantenere il trono di Francia: non venne ascoltato. Intanto, in campo politico l'imperatore aveva ben compreso i limiti del suo governo precedente e aveva promulgato una costituzione maggiormente liberale, ritornando più fedelmente ai principi del 1789. Per evitare una nuova invasione del suolo patrio, Napoleone fece la prima mossa spostando il conflitto nel Belgio. Il suo piano prevedeva due ali che avrebbero diviso e annientato i prussiani e gli inglesi prima che, superiori di numero, potessero congiungersi. L'ala destra da lui comandata impegnò quindi i prussiani di von Blücher a Ligny e il maresciallo Ney attaccò gli inglesi di Wellington a Quatre Bras, ma nessuno dei due combattimenti ebbe esito determinante. Così si giunse al fatale 18 giugno 1815, «la giornata del destino» descritta anche da Victor Hugo, quella della battaglia di Waterloo. Il piano strategico generale di Napoleone venne mandato all'aria dall'inefficienza dei suoi marescialli, principalmente Grouchy, il quale era stato inviato a distruggere la colonna prussiana sfuggita alla battaglia di Ligny, ma in pratica commise l'errore di inseguire solo la retroguardia delle forze prussiane che si erano intanto riorganizzate e che, grazie alla loro determinazione, riuscirono a ricongiungersi con Wellington proprio nel bel mezzo della battaglia di Waterloo sì che le forze inglesi del duca di Wellington, unitesi a quelle prussiane, colsero l'opportunità di sconfiggere i francesi.

Napoleone compì non pochi errori, tra cui quello di affidarsi ai generali Davout, Grouchy e a Ney (l'eroe di Borodino), famoso per ardimento ma non per la sua sapienza strategica, il cui comportamento inutilmente focoso fu fra i fattori determinanti della disfatta. Ultimo ad arrendersi fu il giovane generale della Guardia Imperiale Cambronne[10] che, sacrificando l'intera Guardia, consentì al resto dell'esercito sconfitto di ritirarsi senza ulteriori danni alla volta di Parigi.

Napoleone schierò le sue ultime forze in quadrati e iniziò una lenta, ordinata ma drammatica ritirata. «Wellington è un pessimo generale. Stasera ceneremo a Bruxelles», aveva dichiarato la mattina della battaglia. In serata, l'imperatore era sulla strada di ritorno per Parigi conscio della certezza della fine di ogni suo sogno.


Antoine Alphonse Montfort: Addii di Napoleone alla Guardia imperiale nel cortile du Cheval-Blanc del castello di FontainebleauImpostagli dalla Camera la nuova abdicazione («Avrei dovuto farli impiccare tutti», sbottò Napoleone), egli dichiarò di immolarsi «in olocausto per la Francia» e chiese invano che venisse rispettata la sua volontà di porre sul trono all'età giusta suo figlio Napoleone II. Le forze nemiche entrarono brutalmente a Parigi e restaurarono in trono Luigi XVIII. Napoleone si rifugiò al castello di Malmaison, la vecchia casa dove aveva abitato con la moglie Joséphine morta da poco. La sua intenzione era di fuggire negli Stati Uniti, ma rifiutò di travestirsi come sarebbe stato necessario per sfuggire alla cattura, perché ciò avrebbe infamato il suo onore. Invece, con un gesto storico, il 15 luglio 1815 Napoleone si arrese a bordo della nave inglese HMS Bellerofont. Chiese di essere deportato in Inghilterra, ma i nemici ne avevano già deciso l'esilio a Sant'Elena, piccola isola nel mezzo dell'Oceano atlantico.
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06/09/2007 11:45
 
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Sto leggendo le schede pian pianino.
Ieri sera è stato molto interessante vedere in tv la preparazione alla battaglia di Austerlitz, la mira espansionistica che portava insita la spinta rivoluzionaria è però un punto che devo ancora analizzare meglio.
Ciò che più mi ha sorpreso è scoprire la contrapposizione tra la caratteristica "popolare" dell'esercito napoleonico e quella "nobile" degli eserciti austriaco e russo.
Parto dall'analisi storica: Napoleone sarebbe esistito se non ci fosse stata la Rivoluzione Francese?

La parola al Sergio.
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06/09/2007 14:12
 
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Ieri sera sulla la 7, come dice Julia, una bellissima trasmissione: il Sole di Austerlitz, una delle battaglie piu' belle e intense della Grand Armee' francese.
Il valore di questa battaglia trascende dai soliti significati: la trasmissione ha evidenziato come non solo il valore militare, politico di questa battaglia sia il suo significato piu' consono ed essenziale, ma ha cercato soprattutto di leggere quel " sentimento" che animava l'esercito francese e lo contraddistingueva come unico ed inimitabile.
Unione, onore, movimento: il gruppo come io collettivo, come sfera emotiva d'insieme.
Le iniziative dei singoli soldati non rappresentavano azioni individuali, ma come una grande orchestra, ogni soldato compartecipava dell'io di tutti. L'emozione si trasmetteva da uno all'altro; il "coro" Napoleonico crea un Noi francese.
L'onore: il rispetto di se stessi e della propria idea.
Il movimento: l'azione sia fisica che mentale, il capovolgimento immediato, il rifiuto della stasi, il divenire di qualsiasi cosa.
Tutto questo e' la Grand Armee' ad Austerlitz.
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06/09/2007 14:22
 
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Napoleone e' figlio della Rivoluzione Francese, sicuramente.
La Rivoluzione Francese, importantissima nel suo significato sociale e storico ( l'abbattimento della monarchia e dell'aristocrazia), non solo e' una svolta epocale, ma per di piu', al di sopra di ogni altra cosa, assume un significato esistenziale altissimo: la Rivoluzione e' movimento, e' rinnovamento, e' parte di quella dialettica storica da sempre essenziale al divenire umano ( sul piano sociale soprattutto).
Rivoluzionare significa innanzitutto sovvertire un ordine gia' dato: sovvertire significa capovolgere il " fermo" il " fisso", lo " stare" uguali a se' stessi, il tramando. ( aristocrazia del diritto di sangue).
Rivoluzione dunque contro tradizione in un certo senso ( politico sociale).
Napoleone e i francesi della sua epoca non avrebbero aperto quella pagina storica senza la rivoluzione: l'ondata di " nuovo" francese non ha eguali nella storia europea sul piano filosofico.
L'era Napoloenica e' il simbolo del divenire e il suo espansionismo e' figlio di questa concezione. Gli e' strettamente necessario dato il suo forte carattere di movimento.
Napoleone ha lasciato piu' volte sottintendere ( nel Memoriale) il concetto di Rivoluzione permanente ( guarda un po' come il Che!!!)ma il suo sviluppo politico, forzatamente ( per filosofie diverse ( popolo/impero) ha seguito strade diverse.
Rivoluzione permanente nel senso antico di passinalita', emozione, romanticismo: la Grand Armee' e' un fenomeno tipicamente romantico, difficile da spiegare in due tre parole.
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06/09/2007 14:28
 
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La Grand Armee'
La Grande Armée è la definizione con la quale si identifica l’esercito che Napoleone schierò (e che la Francia continuò a schierare dopo la sua morte), a partire dal 1805, anno della sua formazione, contro le potenze ostili.


Le Chasseur de la garde, dipinto dell'artista francese Théodore GéricaultDopo il trattato di Lunéville (1801), Bonaparte aveva iniziato ad epurare l’esercito dei suoi elementi deboli, affaticati, esausti o sospetti. Riordinò molti ufficiali e congedò i soldati che avessero affrontato almeno quattro campagne. In sostanza Napoleone mise in atto una vera e propria rivoluzione all’interno dei suoi eserciti. Tale rivoluzione portò a riformare circa un ottavo dell’effettivo. Dal 1801 al 1805, Napoleone ebbe a disposizione cinque anni durante i quali riorganizzò le sue milizie affinché nascesse un esercito numeroso ed efficiente che avrebbe preso il nome di Grande Armée; al contempo ebbe modo di riflettere su come far operare sul campo un'armata degna di tal nome.

Il reclutamento delle truppe avveniva secondo la legge che obbligava al servizio militare tutti i francesi maschi che avessero un’età compresa tra i venti e i venticinque anni. La legge non risparmiò la leva neppure agli uomini sposati e ai vedovi, fino ad una modifica della stessa che nel 1808 accordò loro l’esenzione; da questa data in poi il numero dei matrimoni precoci aumentò a dismisura.

Le fila della Grande Armée non furono mai tanto folte quanto lo furono all’inizio della campagna di Russia; per quella occasione l’esercito napoleonico arrivò a contare (per quei tempi) l’impressionante cifra di 600.000 uomini. Napoleone riuscì ad arruolare una simile cifra di soldati, chiamando alle armi decine di migliaia di giovani uomini in tutti i paesi d'Europa. A tal proposito riportiamo di seguito l'elenco delle nazionalità degli oltre 600.000 uomini che servirono Bonaparte nella campagna di Russia del 1812:

300.000 uomini arruolati tra Francia e Paesi Bassi;
95.000 reclutati in Polonia;
50.000 italiani;
24.000 reclutati in Baviera;
20.000 sassoni;
20.000 provenienti dalla Prussia;
35.000 austriaci;
35.000 croati.
17.000 provenienti dalla Westfalia;
15.000 svizzeri;

Cuirassier blessé quittant le feu, dipinto dell'artista francese Théodore GéricaultSe si dovesse indicare con un aggettivo la Grande Armée probabilmente tutti metterebbero in evidenza la sua imponenza o la sua preparazione o il coraggio degli uomini che l’arricchirono; in realtà se veramente si volesse riassumere con un epiteto la grande armata, si dovrebbe sicuramente far riferimento alla sua estemporaneità. Infatti qualsiasi cosa, sia si parli della strategia di guerra, sia si parli della preparazione degli uomini, era improvvisata. Per Napoleone l’addestramento e la preparazione degli uomini erano pressoché inutili

Bonaparte rimase sempre fedele ai metodi della rivoluzione, la quale insegnava che addestrare gli uomini non è sempre indispensabile. Le nuove leve non ricevevano mai un addestramento; si pensava che addestrare gli uomini fosse inutile, poiché la vera esperienza il soldato doveva acquistarla sul campo. La Grande Armée di Napoleone basava la propria forza sull’amalgama, vale a dire la solidità morale, fisica e strategica degli uomini che la componevano; l’esercito francese assunse per la prima volta l’appellativo di «grande armata» nel 1805, anno in cui Napoleone tentò di attraversare la Manica con le sue truppe e invadere l’Inghilterra.

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06/09/2007 15:01
 
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Il popolo come Grand Armee'
Come gli storici ben dicevano ieri sera alla tv, la Grand Armee' e' qualcosa di unico, irripetibile, inimitabile nella storia: un fenomeno talmente particolare da rimanerne ancora affascinati secoli dopo, tanto da definirla, probabilmente, immortale.
Perche' questo entusiasmo degli storici? il motivo e' semplicissimo: la Grand Armee' non e' solo un esercito, non e' soltanto migliaia di soldati, e neppure e' solo un fatto militare; la Grand Armee' e' qualcosa di romantico, di mistico, di mitopoietico.
L'esercito francese incarna una valenza rivoluzionaria come mai prima era accaduto: l'eguaglianza, la repubblica, la liberta'( un po' meno come dicevano ieri sera) sono i significati piu' alti che questa armata portava sui campi d'europa.
La Grand Armee' non saccheggiava quasi mai; coloro che trasgredivano venivano fucilati immediatamente; rispettavano le popolazioni, non perseguivano i civili, pagavano il vitto e l'alloggio, rispettavano le tradizioni popolari.
La Grand Armee'era popolare: migliaia di soldati provenivano da quel popolo delle strade di Parigi ; da quel popolo che si era schierato contro il feudalesimo dell'Antico Regimes da quel popolo che innalzava la bandiera della liberta' e della uguaglianza tra gli uomini.
Nella Grand Armee' sfociano i moti popolari emotivi; si sviluppano i sentimenti di unione, di nazione, di patria; nella Grand Armee' la carriera e' di merito e non di lignaggio; senso del dovere,senso della dedizione, rispetto della disciplina, abbattimento di ogni differenza di classe, innalzamento del concetto di legge,sono i temi popolari che assumono il tono dell'onore.
E' onorevole vivere e morire per questi sentimenti.
Quando Napoleone si rivolge loro , e' solito incominciare il suo discorso con un " Soldati!" epicamente riecheggiante, militarmente poetico.
Ma in quel Soldati! ci si rivolge ai figli della Rivoluzione, ai figli del popolo Francese: i soldati lo sanno, i soldati lo sentono, i soldati vivono un sentimento appunto unico.
Nella Grand Armee' chiunque puo' dimostrare il proprio valore e il proprio onore: un Massena, per fare un esempio, uno dei piu' grandi Generali Napoleonici era quasi un criminale di strada durante la Rivoluzione: in essa imparo' il " valore di un sentomento popolare", nella Grand Armee' lo dimostro'.
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06/09/2007 15:14
 
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Soldati!

Soldati!
Io sono fiero di voi; in questo giorno ad Austerlitz avete dato dimostrazione di tutto il coraggio che sapevo dimorava in voi; avete onorato le vostre aquile con gloria immortale. In meno di quattro ore un esercito di 100.000 uomini, comandato dagli Imperatori di Russia e Austria, è stato battuto o disperso; i nemici che sono fuggiti alle vostre baionette sono annegati nei laghi; 40 bandiere, gli stendardi della Guardia Imperiale di Russia, 120 pezzi d'artiglieria, venti generali e oltre 30.000 prigionieri sono il bottino di questo giorno, che sarà celebrato per sempre. Che una fanteria talmente decantata, in numero così superiore, non abbia resistito alla vostra carica, è prova del fatto che non avete più rivali da temere: in soli due mesi questa Terza Coalizione è sconfitta e si è sciolta. La pace non può essere lontana; ma, come ho promesso al mio Popolo prima di attraversare il Reno, farò solamente una pace che possa offrirci delle garanzie e assicurare delle ricompense per i nostri alleati.
Soldati, quando il Popolo Francese mi ha incoronato, ho confidato in voi a mantenere quella corona nello stato di gloria che per me è l'unico elemento a conferirle un valore; ma in quel momento esatto i nostri nemici stavano programmando di distruggerla e svilirla, insieme alla Corona di Ferro, conquistata con il sangue di così tanti francesi; volevano costringermi a deporla sulla testa dei nostri più grandi nemici: erano complotti sfacciati e assurdi che, proprio nel giorno dell'anniversario dell'incoronazione, voi avete sventato e dissipato. Avete insegnato loro che è più facile vantarsi di fronte a noi e minacciarci che non conquistarci.
Soldati, quando tutto il necessario per la felicità e la prosperità della nostra patria sarà fatto, vi ricondurrò in Francia; lì sarete l'oggetto della mia più attenta sollecitudine; il mio Popolo vi accoglierà con gioia; basterà che diciate: ero alla battaglia di Austerlitz, perchè essi rispondano: ecco uno dei valorosi soldati.

Dal nostro Campo Imperiale di Austerlitz 12 Frimaio anno 14° NAPOLEONE
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