Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Stampa | Notifica email    
Autore

Divieto di accampamento

Ultimo Aggiornamento: 14/05/2007 11:34
OFFLINE
Email Scheda Utente
12/05/2007 13:24
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota


Si dice da qualche parte che Abele era nomade e Caino sedentario. C'è persino chi dice che si può leggere la storia dell'umanità in funzione all'opposizione, al rifiuto, alla necessità di espulsione che provano i sedentari verso i nomadi.

Abele era pastore e Caino contadino. Uno deambulava con i suoi averi in base al clima e allo stato della terra. Non era attaccato ad un luogo ma ad uno stato di cose: si muoveva in base ad esso, in un continuo microclima che creava il suo stesso spostamento. L'altro gettava radici, si definiva come parte di un solo paesaggio, metteva nome al suo luogo d'origine, creava una bandiera, componeva un inno, e regolamentava le condizioni con cui gli stranieri potevano attraversare il suo territorio.

Il primo crimine della storia occidentale ha permesso la materializzazione del lutto simbolico tra quelli che migrano e quelli che si insediano. Il fatto è che, se ci pensiamo bene, sono due modi radicalmente opposti di stare al mondo.

Il pensatore francese Alain Tournier scrive: "la querelle tra Caino ed Abele continua di generazione in generazione, dagli inizi dei tempi fino ai giorni nostri, come atavica opposizione tra nomadi e sedentari o, più precisamente, come persecuzione sistematica di cui sono vittime i nomadi per mano dei sedentari". Tournier dice che un esempio di quella contrapposizione sono i cartelli che recitano, affianco ad ogni cartello di ingresso ai paesi e alle città, divieto di accampamento.

Si vieta, secondo quel cartello, di stabilire un accampamento, uno stile di vita precario in cui è impossibile applicare il concetto di proprietà privata, ogniqualvolta la proprietà privata si converte in invenzione dei sedentari. Il nomade non ha nulla perché non gli interessa appropriarsi della terra né riempirla di oggetti di valore. Il nomade non possiede nulla. Quanto meno possiede, tanto più è facile per lui il trasferimento in un altro luogo quando il clima cambia. Mentre il nomade traccia i suoi valori in virtù del suo modo di vivere, e si distrae viaggiando, il sedentario si distrae soprattutto dichiarando guerra al nomade e, in seguito, emanando leggi per perseguire le immigrazioni illegali.

Caino, per il suo crimine, è stato condannato dal padre a vivere il destino di suo fratello. Adesso - disse dio - sarai maledetto nella terra che aprì la bocca per ricevere il sangue di tuo fratello. Quando la coltiverai non darà i suoi frutti, e andrai errante e fuggitivo. Un castigo, si nota, dalle molteplici letture psicologiche, politiche, antropologiche. Un primo danno all'ambiente causato da dio stesso, non solo per avvertire l'uomo che non deve uccidere, e meno ancora il proprio fratello, ma anche per inaugurare ufficialmente la necessità della fuga. Quando la terra non darà più i suoi frutti, Caino dovrà abbandonarla se vuole sopravvivere. Quell'insistenza nell'esistenza nomade ci dice, sicuramente, che le migrazioni sono inevitabili.

Da queste riflessioni, due proposte per pensarci:

La prima, che la lotta tra nomadi e sedentari si può osservare perfettamente oggi, sia nella xenofobia europea come nel muro tra gli Stati Uniti e il Messico, come nello sfruttamento - nei paesi ricchi - dei lavoratori stagionali o degli schiavi tessili. I sedentari danno il permesso ai nomadi soltanto quando possono usarli o per far rendere i frutti della terra, ossia per accumulare più proprietà privata.

La seconda, la possibilità che in ognuno di noi siano presenti quelle due parti. Un io nomade e un io sedentario continuamente in spinta e persecuzione. Un impulso verso il trasferimento e uno verso la radice. Come risolvere quell'equazione tra due necessità tanto vitali? Ciò che trattiene e ciò che espelle possono leggersi in questa chiave di lettura. Si possono anche scorgere, nella stessa scena, milioni di sconfitte affettive tra chi cerca di vivere attenendosi a contratti fissi, stabili e rigidi, così tranquillizzanti e alienanti, e chi è nomade nei sentimenti, e si trasferisce di amore in amore cercando un clima che gli piaccia. In ogni caso, quest'idea doppia provoca una tensione che conosciamo tutti, che tutti abbiamo vissuto e continueremo a vivere.

Alain Tournier non descrive questa lotta con fare distaccato né accomunante. L'autore prende partito preso e in alcun modo insinua quanto questa lotta interna sia illusoria:
Non si può non essere nomade.
[Modificato da mujer 12/05/2007 13:29]
OFFLINE
Email Scheda Utente
14/05/2007 11:03
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Mah, un discorso troppo complesso e con troppe sfaccettature.
Nomadi e sedentari sul piano politico, sociale, territoriale, sentimentale: temi troppo distanti tra loro per potere essere accomunati.
Uno puo' benissimo essere sedentario nella vita fisica e nomade sentimentalmente o viceversa.
Difficile stabilire un'unicita' omogenea.
Sociale e politica: non ho niente in contrario rispetto ai due stili di vita.
Accamparsi per poi muoversi, riaccamparsi e rimuoversi e' una libera scelta: dipende.
Io sono piu' legato al concetto di " unico luogo" ( che nella vita comunque puo' cambiare)e dunque mi lego molto di piu' a un posto piuttosto che un altro.
Senza scendere in noiosi temi filosofici, lo " stare" in un luogo non solo a volte e' un'esigenza, ma anche un destino. Sono trascendentale in questo.

Sentimentalmente: la carovana dei sentimenti di solito si ferma dove ci sono le migliori condizioni.
Se queste vengono meno si riparte o si rinuncia definitivamente al viaggio: ci si ferma e stop.
Anche per questo, dunque, dipende.
Io non vedo tutta questa antitesi radicale tra i due stili: sono scelte diverse.


Filosoficamente il discorso, pero', assumerebbe tutto un altro significato e la il tema si farebbe ricco di mille sfumature.

OFFLINE
Email Scheda Utente
14/05/2007 11:15
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Sono appena venuti a trovarmi al lavoro tre uomini serbi di etnia Rom.
Sono appartenenti alla famiglia del giovane che, circa un mese fa, ha ucciso 4 ragazzi guidando in stato di ebbrezza.
Ignoti hanno bruciato le loro baracche costringendoli a disperdersi sul territorio.
Questi tre uomini sono stati chiari:
Vogliamo un campo in cui poterci stabilire, ci costruiamo noi una baracca.
Ho dovuto dire che qui da noi non è permesso accamparsi, c'è un divieto esteso a tutto il territorio provinciale.
Ho dovuto proporre loro l'unica possibilità legata alla soluzione della loro emergenza: la Caritas dà ospitalità temporanea, una struttura per le mamme con i bambini, un'altra per gli uomini.
Niente, vogliono una casa perchè hanno il lavoro e il permesso di soggiorno e non permetteranno mai la divisione della propria famiglia.
Sacrosanto.
Ho dovuto dire che, nella loro condizione (stanno dormendo in un furgone nel piazzale della stazione) e vista la situazione di emergenza, fosse l'unica possibilità, ho dovuto dirlo mordendomi le labbra.

E' davvero l'unica possibilità?
Una famiglia discriminata, resa colpevole di un delitto commesso da uno solo dei suoi membri e chiamata ad espiare una pena voluta da una comunità inospitale.
Un divieto di accampamento dettato dalla sfiducia e dal poco rispetto per tutto ciò che è straniero, estraneo, altro da noi.

Mi interessano molto le riflessioni filosofiche del caso, Sergio, sono senz'altro molto più profonde del nostro fare civile.
[Modificato da mujer 14/05/2007 11:16]
OFFLINE
Email Scheda Utente
14/05/2007 11:34
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Quello che riporti e' solo un esempio tra i tanti: un classico esempio che dimostra che alla faccia di tutto quello che viene proclamato, invece, le cose vanno sempre per la loro starda, quella del pregiudizio.
L'Occidente e' maestro di queste incongruenze e fa leva sulla grossolanita' dei proprio principi ipocriti e irresponsabili.
Il problema dell'unica possibilita', invece, e' semplice: i casi sono, infatti due.
O si ha la coerenza ( il che non significa che sia legittima) di perseguire una politica anti migrazione severa e punitiva la dove il caso lo richiede, o si rifa' tutto da capo e si crea un'integrazione mediata da un vero dialogo tra culture diverse. ( se questo e' mai possibile)
E' vero pero' anche il contrario e questo rende tutto molto discutibile: infatti, e' difficile immaginare che comunque tutti possono sentirsi legittimati ad arrivare , fermarsi, e fare a loro piacimento come se fossero a casa loro.
Il ritornello e' sempre lo stesso: difficile raggiugere una conclusione e una riflessione estrema che propenda da una delle due parti in modo assoluto.
Sarebbe poco onesto e comunque fazioso.
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 18:34. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com